Sintesi
Anche se la crescita del PIL in termini reali è stata superiore alle attese nel primo trimestre del 2019, gli indicatori recenti ne segnalano un indebolimento nel secondo e un aumento moderato nel resto dell’anno. Gli indicatori del clima economico hanno continuato a peggiorare nei paesi dell’area dell’euro negli ultimi mesi, in particolare nei settori esposti al commercio mondiale. Ciò riflette l’attuale debolezza dell’interscambio globale in un contesto di perduranti incertezze a livello internazionale (quali le minacce di intensificazione delle misure protezionistiche e la possibilità di una Brexit disordinata). Questi fattori incidono negativamente sugli ordinativi dall’estero e sulle aspettative di produzione nel settore manifatturiero e continueranno verosimilmente a frenare l’attività nell’area dell’euro nel breve periodo. Al tempo stesso, il clima di fiducia nel settore dei servizi orientati verso l’interno e in quello delle costruzioni ha evidenziato una maggiore tenuta negli ultimi mesi e la situazione nei mercati del lavoro ha continuato a migliorare. Nell’insieme, i fattori interni fondamentali che dovrebbero sostenere l’espansione nell’area dell’euro – vale a dire l’orientamento molto accomodante della politica monetaria, l’aumento dei salari e il lieve allentamento delle politiche di bilancio – rimangono sostanzialmente presenti. In aggiunta, la domanda esterna dovrebbe recuperare gradualmente nel corso del 2019 e fornire un impulso maggiore nel resto dell’orizzonte temporale di proiezione. Si prevede complessivamente che la crescita del PIL in termini reali scenda dall’1,8% nel 2018 all’1,2% nel 2019, per poi salire all’1,4% nel 2020 e nel 2021. Rispetto all’esercizio previsivo di marzo, il tasso di incremento del PIL in termini reali per il 2019 è stato rivisto lievemente al rialzo poiché l’impatto verso l’alto esercitato da andamenti superiori alle attese nel primo trimestre più che compensa le correzioni verso il basso nei trimestri successivi, principalmente riconducibili alla più persistente debolezza del commercio mondiale. Ciò implica un minore effetto di trascinamento nel 2020. Inoltre, le proiezioni a medio termine sono state riviste lievemente al ribasso.
L’inflazione misurata sull’indice armonizzato dei prezzi al consumo (IAPC) dovrebbe moderarsi quest’anno e recuperare successivamente, raggiungendo l’1,6% nel 2021. La componente energetica continuerà a scendere nel breve periodo, sulla scia di effetti base al ribasso e del lieve calo delle ipotesi riguardanti le quotazioni del petrolio, per poi stabilizzarsi. Il tasso di inflazione calcolato al netto di energia e beni alimentari aumenterà gradualmente, sorretto dalla prevista espansione economica. Al tempo stesso, gli aumenti passati del costo del lavoro si trasmetteranno ai prezzi e i margini di profitto mostreranno una ripresa. In confronto alle proiezioni di marzo, l’inflazione misurata sullo IAPC è stata rivista leggermente al rialzo nel 2019 per l’aumento dei corsi petroliferi e lievemente al ribasso nel 2020 per l’inclinazione più accentuata dell’andamento discendente delle ipotesi riguardanti le quotazioni del greggio. Il tasso calcolato al netto di energia e beni alimentari subisce una leggera correzione verso il basso nel breve periodo riflettendo i dati più modesti[1].
1 Economia reale
Il PIL in termini reali nell’area dell’euro ha recuperato nel primo trimestre del 2019 riflettendo in parte alcuni fattori positivi temporanei (cfr. grafico 1). L’aumento della crescita del PIL in termini reali dallo 0,2% nel quarto trimestre del 2018 allo 0,4% nel primo trimestre del 2019 è stato in parte collegato a fattori specifici che hanno agito da stimolo temporaneo. Alcuni paesi hanno tratto beneficio dall’impennata della domanda esterna connessa alla dinamica eccezionalmente vigorosa della domanda di importazioni dal Regno Unito in previsione della data originaria della Brexit. Inoltre, in Germania i consumi privati hanno segnato un vigoroso recupero nel contesto del forte aumento delle immatricolazioni di autovetture private dopo le turbative nella produzione automobilistica osservate nella seconda metà del 2018. I consumi privati sono stati sorretti anche dalle misure di bilancio che sono entrate in vigore nel primo trimestre e che dovrebbero esercitare il loro impatto maggiore nello stesso periodo. Le costruzioni hanno altresì tratto beneficio dalle condizioni meteorologiche miti in alcuni paesi. In Italia, il rafforzamento della crescita ha riflesso una lieve ripresa dell’attività nel settore manifatturiero dopo il consistente calo registrato alla fine del 2018 a causa dell’incertezza sul piano delle politiche.
Grafico 1
PIL in termini reali dell’area dell’euro
Gli indicatori segnalano un indebolimento della crescita nel breve periodo, dopo la dinamica relativamente vigorosa del primo trimestre. L’indice di fiducia (Economic Sentiment Indicator) elaborato dalla Commissione europea ha nell’insieme continuato a scendere negli ultimi mesi, evidenziando un calo generalizzato nei diversi paesi dell’area dell’euro e avvicinandosi alla propria media di più lungo periodo. La diminuzione ha riflesso principalmente l’ulteriore peggioramento del clima di fiducia nel settore manifatturiero, riconducibile alla valutazione più negativa del livello corrente degli ordinativi e ad aspettative di produzione meno ottimistiche. Ciò sembra rispecchiare la perdurante debolezza del commercio mondiale e l’impatto delle incertezze connesse in particolare alle controversie commerciali internazionali e alla Brexit. Per contro, il clima di fiducia nei settori dei servizi più orientati verso l’interno e delle costruzioni è rimasto sostanzialmente invariato negli ultimi mesi e quello dei consumatori ha altresì continuato a mostrare una discreta tenuta. Gli andamenti recenti degli indici dei responsabili degli acquisti (Purchasing Managers’ Indices, PMI) confermano questa evoluzione divergente tra settori: mentre i dati relativi al settore manifatturiero rimangono molto al di sotto del valore 50 associato a una crescita uguale a zero, quelli relativi ai servizi e alle costruzioni si sono mantenuti ben superiori a tale valore. Gli indicatori più recenti segnalano nell’insieme un indebolimento della crescita nel secondo trimestre, soprattutto in Germania e Italia, riflettendo il graduale venir meno dei fattori favorevoli temporanei nel primo trimestre.
Nel medio periodo lo scenario di base ipotizza che le circostanze sfavorevoli a livello mondiale vengano gradualmente meno, consentendo ai fattori fondamentali a sostegno dell’espansione nell’area dell’euro di tornare a rafforzarsi (cfr. tavola 1). Lo scenario di base assume che si realizzi un’uscita ordinata del Regno Unito dall’Unione europea e che l’attuale livello di incertezza riguardo al futuro del commercio mondiale registri una graduale normalizzazione, in particolare che non vi siano ulteriori misure protezionistiche in aggiunta a quelle già annunciate. Il venir meno di queste circostanze sfavorevoli lascerà spazio a una serie di fattori fondamentali favorevoli. L’orientamento della politica monetaria della BCE rimarrebbe molto accomodante e seguiterebbe a trasmettersi all’economia. I prestiti al settore privato non finanziario dovrebbero continuare a rafforzarsi moderatamente verso la fine dell’orizzonte temporale di proiezione, stimolati dai bassi tassi di interesse e dalle condizioni favorevoli del credito bancario sia alle famiglie sia alle società non finanziarie. Le minori esigenze di ridimensionamento della leva finanziaria nei diversi settori contribuiranno altresì al dinamismo della spesa privata. La crescita dei consumi privati e degli investimenti nell’edilizia residenziale dovrebbe trarre beneficio anche dall’accelerazione dei salari e dall’aumento della ricchezza netta, oltre che dal calo della disoccupazione. Le esportazioni dell’area dell’euro trarrebbero beneficio dalla prevista ripresa della domanda esterna. Infine, l’orientamento delle politiche di bilancio dovrebbe essere lievemente espansivo nell’insieme del periodo considerato (cfr. sezione 3).
Tuttavia, il venir meno di alcune circostanze favorevoli determinerebbe un calo della crescita verso la fine dell’orizzonte temporale di proiezione. Le ipotesi tecniche implicano che i tassi di interesse nominali rimangano bassi, ma che registrino un aumento moderato nel periodo in esame. Ci si attende che gli investimenti delle imprese si indeboliscano notevolmente nell’arco di tempo considerato, di riflesso a un periodo protratto di bassi livelli di fiducia delle imprese e alla scadenza di alcuni incentivi fiscali. Anche l’occupazione dovrebbe decelerare a medio termine, riflettendo l’acutizzarsi della carenza di manodopera in alcuni paesi dell’area e l’aumento dei costi salariali.
Tavola 1
Proiezioni macroeconomiche per l’area dell’euro
La dinamica del reddito disponibile reale dovrebbe rafforzarsi nel 2019, per poi indebolirsi nel 2020 e nel 2021. Il rafforzamento nel 2019 riflette un’accelerazione del reddito disponibile nominale e un calo dell’inflazione al consumo. Nel 2020 e nel 2021 ci si attende che il rallentamento del reddito nominale e la graduale ascesa dell’inflazione agiscano da freno sul reddito reale. Il contributo di salari e stipendi lordi alla crescita del reddito disponibile nominale dovrebbe diminuire lievemente nel 2019 e nel 2020 (dato l’impatto della minore dinamica dell’occupazione), per poi mantenersi sostanzialmente invariato nel 2021. Gli altri redditi personali registrerebbero un’espansione moderata nel periodo in esame, sostanzialmente in linea con i profitti (misurati in termini di margine operativo lordo). Il contributo dei trasferimenti fiscali netti diventerebbe positivo nel 2019 per la prima volta dal 2010 riflettendo l’impatto congiunto delle riduzioni delle imposte dirette e dell’aumento dei trasferimenti alle famiglie; diventerebbe poi sostanzialmente neutro nel 2020 e nel 2021 nel contesto dei minori trasferimenti alle famiglie e del graduale incremento del gettito derivante dall’imposizione diretta.
I consumi privati si dovrebbero dimostrare solidi nell’arco di tempo considerato. Si stima che abbiano accelerato nel primo trimestre del 2019, sostenuti dalla robusta crescita del reddito disponibile reale. In prospettiva, il clima di fiducia dei consumatori ancora relativamente favorevole, gli attesi miglioramenti delle condizioni nei mercati del lavoro e l’aumento dei salari reali per occupato suggeriscono una dinamica dei consumi vigorosa nei prossimi trimestri, sorretta anche dall’effetto positivo dell’allentamento delle politiche di bilancio in alcuni paesi. Successivamente, l’atteso rallentamento graduale dell’occupazione e il contributo più neutro dei trasferimenti fiscali dovrebbero incidere negativamente sui consumi privati.
La crescita dei consumi privati sarebbe sostenuta dalle condizioni di finanziamento favorevoli e dall’aumento della ricchezza netta. Nell’orizzonte temporale di proiezione si prevede un incremento moderato dei tassi nominali sui prestiti bancari, che rimarrebbero tuttavia su livelli bassi. L’impatto di questo aumento sulla spesa lorda per interessi dovrebbe essere limitato poiché il debito delle famiglie è a lunga scadenza e la quota del debito a tasso variabile nei bilanci di questo settore è relativamente contenuta. Pertanto, la spesa lorda per interessi si manterrebbe bassa e continuerebbe quindi a sostenere i consumi privati. Al tempo stesso ci si attende una crescita modesta dei ricavi lordi da interessi, principalmente riconducibile al perdurante accumulo di attività fruttifere. Le proiezioni indicano inoltre che la ricchezza netta aumenterà ulteriormente grazie al perdurare di robuste plusvalenze legate agli immobili posseduti e questo, assieme ai progressi realizzati nella riduzione della leva finanziaria, dovrebbe altresì sorreggere i consumi.
Riquadro 1
Ipotesi tecniche riguardanti i tassi di interesse, i tassi di cambio e i prezzi delle materie prime
Rispetto alle proiezioni dello scorso marzo, le ipotesi tecniche includono un aumento dei prezzi del petrolio e tassi di interesse più bassi. Le ipotesi tecniche concernenti i tassi di interesse e i prezzi delle materie prime sono basate sulle aspettative di mercato al 15 maggio 2019. I tassi di interesse a breve termine si riferiscono all’Euribor a tre mesi e le aspettative di mercato sono desunte dai tassi dei contratti future. Da questa metodologia deriva un livello medio dei tassi a breve del -0,3% nel 2019 e nel 2020 e del -0,2% nel 2021. Le aspettative di mercato sui rendimenti nominali dei titoli di Stato a dieci anni dell’area dell’euro implicano una media dello 0,8% per il 2019, dello 0,9% per il 2020 e dell’1,1% per il 2021[2]. Da un confronto con l’esercizio previsivo di marzo emerge che le aspettative di mercato per i tassi di interesse a breve termine sono state riviste verso il basso di circa 10 e 20 punti base rispettivamente per il 2020 e il 2021, mentre quelle per i rendimenti nominali dei titoli di Stato a dieci anni sono state corrette al ribasso di circa 30 punti base per il 2019 e il 2020 e di approssimativamente 40 punti base per il 2021.
Per quanto concerne le materie prime, sulla base dell’evoluzione dei prezzi impliciti nei contratti future considerando la media delle due settimane fino al 15 maggio, si assume che le quotazioni del greggio di qualità Brent scendano da 71,1 dollari al barile nel 2018 a 68,1 nel 2019 e che diminuiscano ulteriormente a 62,7 nel 2021. Tale profilo comporta che, rispetto alle proiezioni di marzo, i prezzi in dollari del petrolio siano maggiormente elevati nell’insieme del periodo in esame ma evidenzino un andamento discendente molto più pronunciato. I corsi delle materie prime non energetiche, espressi in dollari, dovrebbero diminuire nel 2019 e tornare a salire negli anni successivi dell’orizzonte temporale di riferimento.
Le ipotesi sui tassi di cambio bilaterali restano invariate nell’arco di tempo considerato sui livelli medi osservati nelle due settimane fino al 15 maggio. Ciò implica che il cambio dollaro/euro si collochi in media a 1,12 nel periodo 2019‑2021, un livello inferiore dell’1,7% rispetto all’esercizio di marzo. Il tasso di cambio effettivo dell’euro (calcolato nei confronti delle valute di 38 partner commerciali) è sostanzialmente immutato nel confronto con le proiezioni di marzo.
Ipotesi tecniche
L’espansione degli investimenti nell’edilizia residenziale dovrebbe proseguire, sebbene a un ritmo più moderato. La buona tenuta del clima di fiducia nel settore delle costruzioni e il numero sempre maggiore di concessioni edilizie suggeriscono una perdurante crescita degli investimenti in abitazioni nei prossimi trimestri. Si prevede tuttavia un indebolimento del ritmo di espansione come segnalano anche le indagini congiunturali recenti, dalle quali si evince un calo della quota di famiglie che prevede di ristrutturare un’abitazione nel prossimo anno. Tale moderazione può altresì emergere come conseguenza dell’acuirsi dei vincoli di capacità nel settore delle costruzioni e di andamenti demografici sfavorevoli in alcuni paesi.
Gli investimenti delle imprese dovrebbero aumentare nel periodo in esame, seppure a un ritmo piuttosto modesto. Secondo le stime la crescita degli investimenti delle imprese è diminuita nel primo trimestre del 2019 e ci si attende che rimanga piuttosto contenuta nel corso dell’anno riflettendo l’impatto della debolezza relativa dell’interscambio mondiale e i persistenti timori per le politiche commerciali a livello internazionale, una Brexit senza accordo e una marcata riduzione del ritmo di espansione in Cina. In generale, tuttavia, gli investimenti delle imprese nell’area dell’euro sarebbero ancora sostenuti da una serie di fattori di fondo favorevoli. In primo luogo, il grado di utilizzo della capacità produttiva resta al di sopra della media di lungo periodo e la mancanza di attrezzature viene segnalata come un fattore che limita la produzione da una quota di imprese nel settore manifatturiero più ampia del consueto. In secondo luogo, le condizioni di finanziamento dovrebbero essere ancora favorevoli nell’orizzonte temporale di proiezione. In terzo luogo, gli utili dovrebbero ampliarsi e questo accrescerebbe ulteriormente il considerevole eccesso di attività liquide che le imprese hanno accumulato negli ultimi anni. Infine, le imprese potrebbero aumentare gli investimenti per compensare i vincoli connessi al lato dell’offerta di manodopera.
Riquadro 2
Contesto internazionale
La dinamica di fondo dell’attività mondiale si è lievemente indebolita nel primo trimestre del 2019, malgrado qualche sorpresa positiva in alcune delle maggiori economie avanzate. Negli Stati Uniti la crescita è stata superiore al previsto, in quanto il contributo positivo del commercio netto e dell’accumulo di scorte ha in parte compensato l’indebolimento della domanda interna che ha riflesso l’impatto del blocco parziale dell’amministrazione centrale. Poiché si prevede una diminuzione degli effetti di questi fattori transitori, il ritmo di espansione dell’attività statunitense dovrebbe ridursi nel breve periodo. Analogamente, nel Regno Unito l’evoluzione del PIL in termini reali migliore delle attese rispecchia l’impatto di fattori temporanei che potrebbero essere connessi al significativo accumulo di scorte nel periodo antecedente la data originaria della Brexit. In Cina l’attività ha rallentato gradualmente in linea con le proiezioni di marzo.
I risultati delle indagini congiunturali segnalano che la crescita mondiale ha perso lievemente slancio all’inizio dell’anno. L’indice mondiale composito dei responsabili degli acquisti (Purchasing Managers’ Index, PMI) esclusa l’area dell’euro è diminuito nel primo trimestre e ha registrato un ulteriore indebolimento in aprile. Gli andamenti più recenti rispecchiano un deterioramento nel settore dei servizi, che tuttavia continua a evidenziare una relativa tenuta, mentre in quello manifatturiero l’attività ha mostrato una certa stabilizzazione su livelli bassi.
La crescita mondiale dovrebbe indebolirsi quest’anno in presenza di maggiori circostanze sfavorevoli. Costituiscono circostanze sfavorevoli l’indebolimento del commercio e dell’attività manifatturiera mondiale in un contesto di elevata e crescente incertezza sul piano delle politiche. Quest’ultima è aumentata ulteriormente alla luce del recente inasprimento della controversia commerciale tra gli Stati Uniti e la Cina e ha pesato sulle condizioni finanziarie mondiali, specialmente nelle economie emergenti. Ciò nonostante, negli Stati Uniti il consistente stimolo di bilancio prociclico, comprendente un abbassamento delle imposte e un aumento della spesa pubblica, continua a imprimere slancio alla crescita interna e mondiale quest’anno. In Cina il rallentamento della domanda interna dovrebbe perdurare nella prima metà dell’anno in corso, poiché ci si attende che il sostegno delle politiche annunciato di recente richieda tempo per concretizzarsi effettivamente[3]. Guardando oltre la volatilità degli ultimi tempi, il rialzo dei corsi petroliferi dovrebbe fornire un certo sostegno alla crescita nei paesi esportatori di petrolio, mentre inciderebbe negativamente sull’attività delle economie importatrici di tale materia prima.
Più a lungo termine, nel medio periodo la crescita dell’attività mondiale dovrebbe stabilizzarsi a circa il 3,6%. Questa evoluzione si giustifica sulla base di tre dinamiche fondamentali che stanno determinando il profilo previsto della crescita mondiale. In primo luogo, nelle economie avanzate la congiuntura dovrebbe indebolirsi in un contesto in cui i vincoli di capacità diventano sempre più restrittivi e il sostegno offerto dalle politiche economiche si riduce gradualmente a fronte di output gap positivi e tassi di disoccupazione bassi nei principali paesi; negli Stati Uniti il sostegno fornito dalle misure di stimolo fiscale raggiungerà un massimo nel 2019. In secondo luogo, in Cina dovrebbe proseguire l’ordinata transizione verso un sentiero di crescita inferiore meno dipendente dagli investimenti e dalle esportazioni. Infine, l’evoluzione dell’attività mondiale riflette altresì l’attesa intensificazione della crescita in diverse economie emergenti principali. Nell’insieme, Il ritmo di espansione a livello mondiale dovrebbe assestarsi su livelli inferiori a quelli pre‑crisi, in linea con le stime più recenti della crescita potenziale nei vari paesi. La crescita mondiale (esclusa l’area dell’euro) scenderebbe dal 3,8% nel 2018 al 3,3% quest’anno, per poi salire lievemente al 3,6% nel 2020‑2021. Rispetto all’esercizio previsivo di marzo, le proiezioni per la crescita mondiale relative a quest’anno sono state riviste lievemente verso il basso.
Contesto internazionale
Il commercio mondiale ha perso ulteriormente slancio, a fronte di un rallentamento dell’attività industriale e dell’acuirsi delle tensioni commerciali, ma dovrebbe recuperare nell’orizzonte temporale di proiezione. Poiché ci si attende il graduale venir meno dell’impatto esercitato dall’elevata incertezza sul piano delle politiche, le importazioni mondiali aumenterebbero in linea con l’attività globale nel medio periodo. Ulteriori fattori alla base della ripresa dell’interscambio mondiale sono il miglioramento della domanda interna in Cina favorito dalle recenti misure di politica economica e la dinamica più positiva dell’attività di investimento su scala internazionale grazie al recente allentamento delle condizioni finanziarie, specialmente nelle economie avanzate. Nell’insieme la crescita della domanda esterna dell’area dell’euro, pari al 3,6% l’anno scorso, dovrebbe scendere all’1,7% nel 2019, per poi recuperare gradualmente raggiungendo il 2,6% nel 2020 e il 3,1% nel 2021. Rispetto all’esercizio di marzo, le proiezioni per la domanda esterna dell’area sono state oggetto di una revisione al ribasso che rispecchia l’indebolimento degli scambi in Asia e la perdita di slancio delle importazioni da parte di alcuni dei principali partner commerciali, compresi i paesi europei esterni all’area dell’euro.
Le esportazioni verso l’esterno dell’area dell’euro dovrebbero crescere a un ritmo contenuto nel corso del 2019, per poi recuperare nel resto dell’orizzonte temporale considerato, sostanzialmente in linea con la domanda esterna. Dopo essere cresciute a ritmi modesti e avere perso quote di mercato nei primi tre trimestri del 2018, le esportazioni verso l’esterno dell’area hanno evidenziato una dinamica superiore alle attese nel quarto trimestre e sono aumentate più della domanda esterna. Poiché il vigore delle esportazioni nell’ultimo trimestre del 2018 ha riflesso in qualche misura fattori idiosincratici e gli indicatori congiunturali rimangono moderati, le esportazioni verso l’esterno dell’area dovrebbero indebolirsi e crescere meno della domanda esterna nella prima metà del 2019, in un contesto internazionale sfavorevole con perduranti incertezze su scala mondiale. Successivamente, nel medio periodo, dovrebbero recuperare ed espandersi sostanzialmente in linea con la domanda esterna. Se da un lato il leggero miglioramento della competitività di prezzo favorirebbe un aumento maggiore delle quote di mercato delle esportazioni, dall’altro ciò è controbilanciato dagli effetti delle incertezze riguardanti l’interscambio, in quanto la composizione delle esportazioni dell’area dell’euro è orientata verso i prodotti connessi agli investimenti che sono particolarmente sensibili agli effetti sfavorevoli delle incertezze connesse alle politiche commerciali. Le importazioni dall’esterno dell’area dovrebbero altresì indebolirsi nel breve periodo, rispecchiando sia gli andamenti delle esportazioni stesse sia nel contempo la dinamica contenuta degli investimenti e dell’attività in alcuni paesi dell’area. Più a lungo termine, crescerebbero sostanzialmente in linea con la domanda totale (domanda interna ed esportazioni). Nell’insieme, ci si attende che il contributo del commercio netto alla crescita del PIL in termini reali diventi negativo nel resto del 2019 e successivamente neutro a partire dal 2020.
La crescita dell’occupazione sarebbe contenuta sia a breve termine, per motivi in parte riconducibili a fattori temporanei, sia nel prosieguo del periodo considerato al manifestarsi di vincoli dal lato dell’offerta di manodopera. Secondo le proiezioni, dovrebbe diminuire nel 2019 e tornare ad aumentare a ritmi modesti nel 2020. Il rallentamento dell’occupazione atteso nel corso del 2019 costituisce principalmente una reazione ritardata alla debolezza dell’attività economica in alcuni paesi. Nel 2020 il tasso di crescita dell’occupazione aumenterebbe lievemente, sorretto dal rafforzamento dell’attività, mentre nel 2021 tornerebbe a diminuire poiché ci si attende che l’offerta di manodopera ne limiti ulteriormente l’espansione e che anche la domanda di lavoro registri una moderazione in linea con il rallentamento dell’attività.
L’espansione delle forze di lavoro dovrebbe moderarsi nell’orizzonte temporale di proiezione. Le forze di lavoro continuerebbero a espandersi riflettendo la prevista immigrazione netta di lavoratori, l’attesa integrazione dei rifugiati e i perduranti aumenti del tasso di partecipazione. Tuttavia, questi fattori verranno gradualmente meno nel periodo in esame e quindi si prevede che aumenti l’impatto sfavorevole esercitato dall’invecchiamento demografico in un contesto in cui le coorti più anziane che escono dalle forze di lavoro sono in numero maggiore rispetto a quelle più giovani che entrano a farvi parte.
Il tasso di disoccupazione scenderebbe al 7,3% nel 2021. È diminuito al 7,8% nel primo trimestre del 2019, la quota più bassa dal terzo trimestre del 2008, e in prospettiva dovrebbe rimanere sostanzialmente invariato rispetto al livello attuale nel resto dell’anno, per poi diminuire nel periodo successivo. Il numero di disoccupati scenderebbe di circa 0,8 milioni, a 12,9 milioni entro la fine dell’orizzonte temporale di proiezione, pur mantenendosi ancora lievemente superiore al minimo pre‑crisi di 12,2 milioni. Anche se il corrispondente calo del tasso di disoccupazione dovrebbe essere generalizzato nei diversi paesi, ci si attendono differenze ancora sostanziali tra i livelli di questi ultimi.
La produttività del lavoro dovrebbe recuperare nel periodo in rassegna. La produttività del lavoro per addetto ha rallentato nella prima metà del 2018 dopo il forte slancio del 2017, di riflesso all’inatteso indebolimento dell’attività. Nel prosieguo del 2019 la crescita della produttività del lavoro sul trimestre precedente dovrebbe evidenziare un aumento moderato a fronte di una ripresa di slancio dell’attività e nel medio periodo rimarrebbe lievemente inferiore alla media pre-crisi dell’1,0%[4].
Rispetto alle proiezioni di marzo, la crescita del PIL in termini reali è stata rivista verso l’alto per il 2019 e verso il basso per il 2020 e il 2021. Nel 2019 l’aumento superiore alle attese del primo trimestre più che compensa le correzioni al ribasso per il resto dell’anno, dovute ai seguenti motivi: 1) il venir meno dei fattori temporanei che avevano alimentato la crescita nel primo trimestre; 2) l’indebolimento del clima di fiducia e le revisioni verso il basso della domanda esterna che riflettono in larga parte l’ulteriore protrarsi delle incertezze sul piano delle politiche a livello mondiale (con riferimento ad esempio alla Brexit e alle controversie commerciali); 3) le perduranti incertezze riguardo alle politiche economiche in Italia. Queste revisioni al ribasso delle prospettive a breve termine implicano un minore effetto di trascinamento nel 2020. Per il medio periodo le prospettive sono state corrette solo leggermente verso il basso.
2 Prezzi e costi
L’inflazione misurata sullo IAPC si collocherebbe in media all’1,3% nel 2019, per poi salire all’1,6% nel 2021 (cfr. grafico 2). Il calo dell’inflazione complessiva nel 2019 va ricondotto principalmente alla significativa diminuzione della componente energetica dello IAPC sulla scia di effetti base al ribasso e del lieve calo delle quotazioni in euro del greggio. Nel 2020 e nel 2021 i prezzi dei beni energetici compresi nello IAPC registrerebbero una crescita modesta, riflettendo in parte il profilo lievemente discendente della curva dei contratti future sui prezzi del petrolio. Dopo una diminuzione nel breve periodo di riflesso al minor ritmo di incremento dei corsi delle materie prime alimentari, la componente alimentare dell’indice dovrebbe oscillare attorno al 2%. L’inflazione misurata sullo IAPC al netto di energia e beni alimentari aumenterà gradualmente a partire dalla fine di quest’anno, raggiungendo l’1,6% nel 2021, sorretta secondo le previsioni dal più graduale ma perdurante recupero dell’economia. Inoltre, condizioni più tese nei mercati del lavoro continueranno a favorire la dinamica salariale e i profitti per unità di prodotto dovrebbero tornare a salire in un contesto in cui l’attività economica riacquista slancio e i passati aumenti del costo del lavoro si trasmettono ai prezzi. Si prevede di conseguenza un aumento delle pressioni dal lato dei costi interni. L’inflazione calcolata escludendo i prodotti energetici e alimentari sarebbe altresì sorretta dai rincari delle materie prime non energetiche.
Grafico 2
IAPC dell’area dell’euro
L’incremento del reddito per occupato dovrebbe salire dal 2,2% nel 2018 al 2,5% nel 2021 in un contesto in cui le condizioni nei mercati del lavoro continuano a inasprirsi. Al tempo stesso, dopo il picco raggiunto nel 2018 sullo sfondo del rallentamento ciclico della produttività e di fattori una tantum che hanno inciso sul reddito per occupato, la dinamica del costo del lavoro per unità di prodotto dovrebbe moderarsi lievemente nell’orizzonte temporale di proiezione a fronte di un’accelerazione della produttività, pur mantenendosi su livelli superiori a quelli osservati negli ultimi anni. Il fattore principale alla base della dinamica salariale è il previsto inasprimento delle condizioni nei mercati del lavoro in alcune parti dell’area dell’euro. Al di là degli andamenti congiunturali, è prevedibile che anche l’aumento dell’inflazione complessiva negli ultimi due anni contribuisca a una maggiore crescita delle retribuzioni nominali nelle economie dell’area in cui il processo di formazione dei salari include elementi retrospettivi. Alcuni paesi hanno altresì introdotto aumenti delle retribuzioni minime che potrebbero trasmettersi alla distribuzione dei salari.
Rispetto al 2018, nell’orizzonte temporale di proiezione i margini di profitto dovrebbero registrare andamenti più favorevoli. I margini di profitto sono stati compressi negli ultimi trimestri dal forte incremento del costo del lavoro per unità di prodotto e dagli aumenti passati dei corsi petroliferi che hanno inciso negativamente sulle ragioni di scambio. Questi fattori di spinta al ribasso dovrebbero venir meno in un contesto in cui l’attività economica riacquista slancio e ci si attende un miglioramento delle ragioni di scambio (cfr. riquadro 3).
Le pressioni esterne sui prezzi si ridurrebbero nel 2019, per poi intensificarsi moderatamente nel resto del periodo in esame. La crescita sul periodo corrispondente del deflatore delle importazioni dovrebbe diminuire nel 2019 rispetto al 2018 e aumentare lievemente nel periodo successivo. Questo profilo è in gran parte determinato dai movimenti dei corsi petroliferi, che hanno sospinto i prezzi all’importazione verso l’alto nel 2018 e che ne freneranno la dinamica nel 2019. Al tempo stesso, l’aumento dei corsi delle materie prime non petrolifere e le spinte inflazionistiche di fondo a livello internazionale dovrebbero fornire un lieve, ancorché più moderato, sostegno all’inflazione dei prezzi all’importazione.
Da un confronto con l’esercizio previsivo di marzo emerge che le proiezioni per l’inflazione misurata sullo IAPC sono state riviste al rialzo per il 2019 e al ribasso per il 2020. Tali correzioni sono in larga parte riconducibili alla componente energetica, che è stata oggetto di una revisione considerevole verso l’alto per il 2019 (a causa del più rapido aumento dei corsi petroliferi) e verso il basso per il 2020 (come conseguenza dell’inclinazione più accentuata del profilo discendente della curva dei future sui prezzi del petrolio). Inoltre, il tasso calcolato al netto di energia e beni alimentari subisce una leggera correzione al ribasso nel breve periodo riflettendo principalmente i dati più modesti.
Riquadro 3
Il ruolo dei profitti nelle pressioni interne sui prezzi
I profitti possono svolgere un ruolo importante negli andamenti dell’inflazione e nella misura in cui le pressioni salariali si trasmettono ai prezzi. Il deflatore del PIL, un indicatore delle pressioni interne sui prezzi, può essere scomposto in termini del contributo fornito dal costo del lavoro, dai profitti e dalle imposte (cfr. grafico A). L’aumento del contributo dei profitti per unità di prodotto (misurati dal rapporto tra il margine operativo lordo e il PIL in termini reali) ha spiegato una parte sostanziale della crescita della misura dell’inflazione rappresentata dal deflatore del PIL tra il 2016 e il 2017, mentre il calo di tale contributo nel 2018 costituisce il motivo per cui le pressioni interne sui prezzi non hanno sostanzialmente evidenziato una chiara direzionalità nonostante la forte accelerazione dei salari e del costo unitario del lavoro. Ciò indica che i profitti unitari svolgono un ruolo di compensazione.
Grafico A
Scomposizione del deflatore del PIL
Gli andamenti dei profitti per unità di prodotto sono strettamente connessi ai movimenti ciclici dell’attività economica e a volte reagiscono altresì in misura significativa a quelli delle ragioni di scambio. Durante la fase di rallentamento economico nel 2018 i profitti sono stati compressi in quanto hanno dovuto compensare l’aumento del costo unitario del lavoro, in parte connesso alla decelerazione dell’attività e alla dinamica della produttività. Inoltre, in tale anno l’aumento dei corsi petroliferi e il suo riflesso sulle ragioni di scambio hanno altresì esercitato verosimilmente un lieve impatto al ribasso sui profitti se le imprese hanno adeguato al rialzo i prezzi di vendita in misura inferiore all’aumento dei costi degli input (cfr. grafico B). Un effetto favorevole di segno opposto delle ragioni di scambio è stato osservato nel 2014 e nel 2015, quando il netto calo delle quotazioni petrolifere è stato trasmesso solo in parte agli andamenti dei prezzi. Le prospettive presentate nelle proiezioni di giugno implicano un ritorno a tassi più elevati di crescita del PIL in termini reali e della produttività, mentre le ipotesi riguardanti le quotazioni del petrolio sono coerenti con il venir meno dell’impatto dei passati tassi di crescita negativi sulle ragioni di scambio. Nell’insieme, questi fattori supportano un rafforzamento del contributo dei profitti per unità di prodotto all’inflazione misurata dal deflatore del PIL nell’orizzonte temporale considerato. Inoltre, in tale contesto, gli aumenti passati dei salari e del costo del lavoro potrebbero essere trasmessi più visibilmente ai prezzi.
Grafico B
Determinanti dei profitti per unità di prodotto
3 Prospettive per i conti pubblici
In termini aggregati, l’orientamento delle politiche di bilancio nell’area dell’euro sarebbe moderatamente espansivo nell’intero orizzonte temporale di proiezione. Viene misurato come variazione del saldo primario di bilancio corretto per il ciclo, al netto del sostegno pubblico a favore del settore finanziario. Dopo essere stata neutra nel 2018, l’intonazione delle politiche fiscali diventerebbe moderatamente espansiva nel 2019 per motivi in larga parte riconducibili alla diminuzione delle imposte dirette e all’aumento della spesa pubblica in alcuni paesi. Nel 2020 il contributo principale all’atteso accomodamento aggiuntivo è fornito da altre riduzioni delle imposte dirette e dei contributi previdenziali, oltre che da un aumento dei trasferimenti. Nel 2021 il lieve allentamento ulteriore è connesso soprattutto alla crescita della spesa e alla riduzione delle imposte dirette in alcuni paesi.
Il saldo di bilancio dell’area dell’euro dovrebbe deteriorarsi nel 2019 e mantenersi sostanzialmente invariato negli anni successivi, mentre il debito pubblico in rapporto al PIL continua a seguire una traiettoria discendente. L’ampliamento del disavanzo delle amministrazioni pubbliche è dovuto a un deterioramento del saldo primario corretto per il ciclo riconducibile alle attese di un’intonazione espansiva delle politiche di bilancio. Ciò è parzialmente compensato da un lieve calo degli esborsi per interessi, risultante dalla sostituzione di passività pregresse aventi costi elevati con nuovo debito a tassi di interesse inferiori. L’andamento discendente del debito delle amministrazioni pubbliche in rapporto al PIL è sorretto dal differenziale sempre più favorevole fra tasso di interesse e tasso di crescita e dal perdurare di saldi primari positivi, ancorché in calo nel corso del tempo.
Le prospettive per il disavanzo nell’area dell’euro sono lievemente migliorate rispetto all’esercizio previsivo di marzo. La lieve diminuzione dei disavanzi di bilancio riflette un orientamento leggermente meno espansivo delle politiche fiscali rispetto alle proiezioni di marzo, senza tuttavia modificare il quadro generale di un’intonazione moderatamente espansiva. Le proiezioni per il debito pubblico in rapporto al PIL restano sostanzialmente invariate in quanto il disavanzo è stato oggetto di revisioni solo marginali.
Riquadro 4
Analisi di sensibilità
Le proiezioni si basano in ampia misura su ipotesi tecniche concernenti l’evoluzione di alcune variabili fondamentali. Poiché queste ultime possono incidere notevolmente sulle proiezioni formulate per l’area dell’euro, un esame della sensibilità a profili alternativi per le ipotesi sottostanti può contribuire all’analisi dei rischi che circondano le proiezioni. Questo riquadro verte sull’incertezza inerente ad alcune ipotesi sottostanti fondamentali e sulla sensibilità delle proiezioni rispetto a tali variabili.
1) Profili alternativi dei prezzi del petrolio
L’analisi di sensibilità è volta a valutare le implicazioni di profili alternativi dei corsi petroliferi. Le ipotesi tecniche sugli andamenti dei corsi petroliferi sottostanti allo scenario di base delle proiezioni, che sono elaborate sui prezzi dei future, indicano un andamento discendente delle quotazioni del petrolio, con il prezzo del greggio di qualità Brent che raggiungerebbe circa 62 dollari al barile entro la fine del 2021. L’analisi considera due profili alternativi dei prezzi del petrolio. Il primo è calcolato utilizzando il 25° percentile della distribuzione ricavata dalle densità delle probabilità implicite nelle opzioni per il prezzo del petrolio al 15 maggio 2019 e comporta un calo graduale delle quotazioni a 47 dollari per barile nel 2021, un livello inferiore del 25% rispetto all’ipotesi dello scenario di base per quell’anno. Come emerge dalla media dei risultati di una serie di modelli macroeconomici costruiti dagli esperti, questo profilo eserciterebbe un lieve impatto al rialzo sulla crescita del PIL in termini reali (di circa 0,1 punti percentuali nel 2020 e nel 2021); l’inflazione misurata sullo IAPC risulterebbe invece inferiore di 0,1, 0,6 e 0,4 punti percentuali rispettivamente nel 2019, nel 2020 e nel 2021. Il secondo profilo si basa sul 75° percentile della stessa distribuzione e implica un aumento del prezzo del petrolio a circa 78 dollari per barile nel 2021, un livello superiore del 24,5% rispetto all’ipotesi dello scenario di base per l’anno in questione. Questo profilo comporterebbe un aumento più rapido dell’inflazione misurata sullo IAPC, che risulterebbe superiore di 0,1, 0,5 e 0,3 punti percentuali rispettivamente nel 2019, nel 2020 e nel 2021, mentre la crescita del PIL in termini reali sarebbe lievemente inferiore (con un calo di 0,1 punti percentuali nel 2020 e nel 2021).
2) Profilo alternativo del tasso di cambio
L’analisi di sensibilità indaga gli effetti di un rafforzamento del tasso di cambio dell’euro. Lo scenario è coerente con la distribuzione ricavata dalle densità delle probabilità neutrali al rischio implicite nelle opzioni per il tasso di cambio dollaro/euro al 15 maggio 2019, che è nettamente orientata verso un apprezzamento dell’euro. Il 75° percentile di tale distribuzione comporta un apprezzamento dell’euro a 1,27 dollari per euro nel 2021, ossia un cambio superiore del 13,5% rispetto all’ipotesi dello scenario di base per quell’anno. La corrispondente ipotesi per il tasso di cambio effettivo nominale dell’euro riflette regolarità storiche, ove le variazioni del cambio dollaro/euro corrispondono a quelle del tasso effettivo con un’elasticità pari a poco più del 50%. In questo scenario, da una serie di modelli macroeconomici costruiti dagli esperti emergono in media valori più bassi sia per la crescita del PIL in termini reali sia per l’inflazione misurata sullo IAPC (rispettivamente di 0,5 e 0,4 punti percentuali nel 2020 e nel 2021).
Riquadro 5
Previsioni formulate da altre organizzazioni
Varie organizzazioni, sia internazionali sia del settore privato, hanno pubblicato previsioni relative all’area dell’euro. Tuttavia tali previsioni non sono perfettamente confrontabili tra loro, né con le proiezioni macroeconomiche degli esperti della BCE/dell’Eurosistema, poiché sono state formulate in momenti differenti. Inoltre esse si basano su metodi diversi, non del tutto specificati, per definire le ipotesi sulle variabili di bilancio, finanziarie ed esterne, inclusi i corsi del petrolio e di altre materie prime, e presentano differenze metodologiche nella correzione dei dati per il numero di giornate lavorative (cfr. tavola).
Come si evince dalla tavola, le proiezioni al momento disponibili elaborate da gran parte delle altre organizzazioni per la crescita del PIL in termini reali e l’inflazione misurata sullo IAPC rientrano negli intervalli di valori delle proiezioni degli esperti dell’Eurosistema (fra parentesi quadre nella tavola).
Confronto tra alcune previsioni recenti sulla crescita del PIL e sull’inflazione nell’area dell’euro
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Per la terminologia tecnica, è disponibile sul sito della BCE un glossario in lingua inglese.
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- Le ipotesi tecniche riguardanti, ad esempio, i prezzi del petrolio e i tassi di cambio sono aggiornate al 15 maggio 2019 (cfr. riquadro 1); per le altre informazioni utilizzate la data di chiusura dell’esercizio è il 22 maggio. Le proiezioni macroeconomiche di questo mese si riferiscono al periodo 2019-2021. Nella loro interpretazione va ricordato che esercizi previsivi condotti per un orizzonte temporale così esteso presentano un grado di incertezza molto elevato. Cfr. l’articolo Una valutazione delle proiezioni macroeconomiche degli esperti dell’Eurosistema nel numero di maggio 2013 del Bollettino mensile della BCE. All’indirizzo http://www.ecb.europa.eu/pub/projections/html/index.en.html sono accessibili i dati utilizzati per la compilazione di alcuni grafici e tavole.
- L’ipotesi formulata per i rendimenti nominali dei titoli di Stato a dieci anni dell’area dell’euro si basa sulla media dei rendimenti dei titoli di riferimento a dieci anni dei vari paesi, ponderata per il PIL su base annua; la media è poi estesa utilizzando il profilo dei tassi a termine derivato dal par yield a dieci anni di tutti i titoli dell’area dell’euro stimato dalla BCE, con la discrepanza iniziale tra le due serie mantenuta costante nel periodo della proiezione. Si ipotizza che i differenziali tra i rendimenti dei titoli dei singoli paesi e la corrispondente media dell’area dell’euro rimangano costanti nell’orizzonte temporale considerato.
- Per quest’anno, la Cina ha annunciato un pacchetto di stimolo fiscale corrispondente al 2-3% del PIL. Tuttavia, finora ne sono stati attuati e annunciati in dettaglio solo alcuni elementi. Tra questi figurano una riduzione dell’aliquota IVA con efficacia dal 1o aprile, che dovrebbe esercitare un effetto maggiore nella seconda metà del 2019, e un aumento della quota massima di indebitamento per le amministrazioni locali dall’inizio di quest’anno, che dovrebbe essere utilizzato da queste ultime per la spesa in infrastrutture.
- Media del periodo1999‑2007.
- 6 June 2019
- 21 June 2019