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La presente traduzione del Rapporto sulla convergenza non contiene tutti i capitoli. La pubblicazione completa in inglese è consultabile nel sito Internet della BCE.

1 Introduzione

L’euro è già stato introdotto in 20 dei 27 Stati membri dell’UE. Questo rapporto prende in esame sei dei sette Stati membri che devono ancora adottare la moneta unica, ossia Bulgaria, Repubblica Ceca, Ungheria, Polonia, Romania e Svezia. In base al Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (di seguito “Trattato”) ognuno di essi è tenuto ad adottare l’euro e, a tal fine, deve compiere ogni sforzo per soddisfare tutti i criteri di convergenza[1]. Il settimo Stato membro, la Danimarca, nel 1992 ha notificato al Consiglio dell’Unione europea (Consiglio dell’UE) l’intenzione di non partecipare alla Terza fase dell’Unione economica e monetaria (UEM)[2]. L’elaborazione di rapporti sulla convergenza con riferimento alla Danimarca è pertanto soggetta a richiesta da parte del paese stesso. Non essendo pervenuta alcuna richiesta in tal senso, la Danimarca non è considerata nel presente rapporto.

Nel predisporre questo rapporto la Banca centrale europea (BCE) assolve l’obbligo sancito all’articolo 140 del Trattato, il quale prevede che, almeno una volta ogni due anni o su richiesta di uno Stato membro con deroga, la BCE e la Commissione europea riferiscano al Consiglio dell’UE “sui progressi compiuti dagli Stati membri con deroga nell’adempimento degli obblighi relativi alla realizzazione dell’Unione economica e monetaria”. La presente analisi sui sei paesi menzionati viene effettuata nel quadro del regolare esercizio biennale. Il rapporto stilato dalla BCE e quello elaborato dalla Commissione europea sono sottoposti al Consiglio dell’UE in parallelo.

Nel presente rapporto la BCE applica il medesimo schema di valutazione dei precedenti rapporti sulla convergenza, al fine di esaminare, con riferimento ai sei paesi interessati, se sia stato conseguito un grado di convergenza elevato e sostenibile in ambito economico, se la legislazione nazionale risulti compatibile con il Trattato e con il Protocollo sullo Statuto del Sistema europeo di banche centrali e della Banca centrale europea (di seguito “Statuto del SEBC”) e se siano soddisfatti i requisiti di natura giuridica affinché le rispettive banche centrali nazionali (BCN) possano divenire parte integrante dell’Eurosistema.

La valutazione del processo di convergenza economica dipende in misura considerevole dalla qualità e dall’integrità delle statistiche su cui si fonda. La compilazione e la segnalazione dei dati non devono essere influenzate da considerazioni o interferenze politiche. Agli Stati membri dell’UE è stato chiesto di attribuire elevata priorità alla qualità e all’integrità delle loro statistiche, di predisporre un adeguato sistema di controlli incrociati in sede di compilazione e di applicare requisiti minimi di qualità. Tali requisiti sono della massima importanza per rafforzare l’indipendenza, l’integrità e la responsabilità di dar conto del proprio operato degli istituti nazionali di statistica, nonché per sostenere la fiducia nella qualità dei dati sulle finanze pubbliche (cfr. il capitolo 6).

A partire dal 4 novembre 2014 ogni Stato membro dell’UE soggetto ad abrogazione della deroga ha l’obbligo di partecipare al Meccanismo di vigilanza unico (MVU) al più tardi dalla data di adozione dell’euro[3]. Da quel momento, tutti i diritti e gli obblighi inerenti all’MVU cominciano ad applicarsi a quel paese. È pertanto della massima importanza che siano compiuti i preparativi necessari. In particolare, per ogni Stato membro che aderisca all’area dell’euro, e quindi all’MVU, si conduce una valutazione approfondita del sistema bancario[4]. Attualmente la Bulgaria è l’unico Stato membro che partecipa all’MVU in regime di cooperazione stretta con la BCE, nell’ambito dell’impegno del paese ad aderire simultaneamente all’unione bancaria e ai nuovi Accordi europei di cambio (AEC II)[5]. Il quadro di cooperazione stretta con la Българска народна банка (Banca nazionale di Bulgaria) è entrato in vigore il 1° ottobre 2020, previo soddisfacimento dei necessari requisiti normativi e di vigilanza. In tale data la BCE ha assunto la competenza per 1) la vigilanza diretta degli enti significativi in Bulgaria, 2) le procedure comuni per tutti i soggetti vigilati e 3) la sorveglianza degli enti meno significativi, che continuano a essere vigilati dall’autorità nazionale competente. Vi è stata una collaborazione molto assidua tra la Vigilanza bancaria della BCE e la Българска народна банка (Banca nazionale di Bulgaria) per garantire un’agevole integrazione dell’autorità nazionale competente in seno all’MVU[6].

Il rapporto si articola nel modo seguente: il capitolo 2 descrive lo schema di valutazione adottato per l’esame della convergenza economica e legale; il capitolo 3 fornisce un’analisi orizzontale degli aspetti principali della convergenza economica; il capitolo 4 presenta una sintesi per paese corredata dei principali risultati ottenuti sulla base dell’esame della convergenza economica e legale; il capitolo 5 approfondisce l’analisi dello stato della convergenza economica in ciascuno dei sei Stati membri dell’UE in oggetto; il capitolo 6 delinea gli indicatori di convergenza e la metodologia statistica applicata per la loro costruzione; infine, il capitolo 7 verte sulla compatibilità delle legislazioni nazionali, compresi gli statuti delle banche centrali, con gli articoli 130 e 131 del Trattato.

2 Quadro di riferimento dell’analisi

2.1 Convergenza economica

La BCE valuta la convergenza economica degli Stati membri dell’UE che chiedono di adottare l’euro rifacendosi al medesimo quadro di riferimento per l’analisi. Il quadro di riferimento, attuato in maniera coerente per tutti i rapporti sulla convergenza elaborati dall’Istituto monetario europeo (IME) e dalla BCE, si basa innanzitutto sulle disposizioni del Trattato e sulla loro applicazione da parte della BCE per quanto concerne l’andamento dei prezzi, i saldi di bilancio e i rapporti fra debito pubblico e prodotto interno lordo (PIL), i tassi di cambio, i tassi di interesse a lungo termine e altri fattori rilevanti per l’integrazione e la convergenza economica. Inoltre, tiene conto di una serie di altri indicatori economici, sia retrospettivi sia prospettici, considerati utili per un esame più approfondito della sostenibilità della convergenza. Alcuni elementi di questo quadro sono stati migliorati nel tempo. La valutazione di uno Stato membro sulla base dell’insieme di questi fattori fornisce altresì informazioni importanti, le quali contribuiscono ad assicurare che la sua integrazione nell’area dell’euro proceda senza grandi difficoltà. I riquadri da 1 a 5 delineano le disposizioni giuridiche e forniscono precisazioni metodologiche sulle rispettive modalità di applicazione da parte della BCE.

Per assicurare continuità nell’analisi e condizioni di trattamento paritarie, il presente rapporto integra i principi stabiliti nelle precedenti edizioni pubblicate dalla BCE. In particolare, nell’esame dei criteri di convergenza la BCE (e ancor prima l’IME) segue alcuni principi guida. In primo luogo, i singoli criteri sono interpretati e applicati in modo rigoroso, poiché la loro funzione principale è garantire che solo gli Stati membri aventi condizioni economiche idonee al mantenimento della stabilità dei prezzi e alla coesione dell’area dell’euro possano parteciparvi. In secondo luogo, i criteri di convergenza costituiscono un insieme integrato e coeso e devono essere soddisfatti nella loro totalità. Il Trattato li pone sullo stesso piano e non li elenca per ordine di importanza. In terzo luogo, i criteri di convergenza devono essere rispettati sulla base dei dati effettivi piuttosto che delle previsioni. In quarto luogo, la verifica dei criteri deve caratterizzarsi per coerenza, trasparenza e semplicità. Infine, nel valutare il soddisfacimento dei criteri di convergenza, la sostenibilità riveste importanza cruciale, poiché la convergenza deve essere conseguita in maniera durevole e non soltanto in un dato momento. Per questo motivo l’esame effettuato per i paesi in rassegna approfondisce gli aspetti connessi con la sostenibilità della convergenza.

Vengono pertanto analizzati retrospettivamente gli andamenti economici negli Stati membri interessati con riferimento, in linea di principio, agli ultimi dieci anni. Questo approccio aiuta a stabilire con maggior precisione quanto gli attuali risultati siano realmente frutto di aggiustamenti di natura strutturale; ciò a sua volta dovrebbe consentire una più accurata valutazione della sostenibilità della convergenza economica.

Inoltre viene condotta, nella misura opportuna, un’analisi prospettica prestando particolare attenzione al fatto che la sostenibilità di andamenti economici favorevoli si fonda sulla capacità delle politiche economiche di rispondere alle sfide presenti e future in modo adeguato e con effetti duraturi. Una governance forte, istituzioni solide e finanze pubbliche sostenibili sono altrettanto imprescindibili per favorire la stabilità dei prezzi e una crescita durevole del prodotto nel medio‑lungo periodo. Nell’insieme, si rileva che per preservare nel tempo i risultati raggiunti sul piano della convergenza economica occorre conseguire una forte posizione di partenza, assicurare l’esistenza di istituzioni solide, presentare capacità di tenuta agli shock e perseguire politiche economiche adeguate dopo l’adozione dell’euro.

Il quadro di riferimento comune per l’analisi viene applicato individualmente ai sei Stati membri dell’UE in rassegna. L’esame, incentrato sui risultati ottenuti da ciascun paese, va considerato separatamente, in conformità all’articolo 140 del Trattato.

Le statistiche contenute in questo rapporto sono aggiornate al 19 giugno 2024. I dati utilizzati per la verifica della convergenza sono forniti dalla Commissione europea (cfr. il capitolo 6, nonché le tavole e i grafici), con la collaborazione della BCE per quanto concerne i tassi di cambio e i tassi di interesse a lungo termine. Come concordato con la Commissione, il periodo di riferimento, sia per il criterio della stabilità dei prezzi sia per il criterio dei tassi di interesse a lungo termine, è giugno 2023 - maggio 2024, mentre quello per il tasso di cambio è 20 giugno 2022 - 19 giugno 2024. I dati storici sui conti pubblici si fermano al 2023. Si considerano inoltre le previsioni di varie fonti e altre informazioni rilevanti ai fini di una valutazione prospettica della sostenibilità della convergenza, fra cui le previsioni economiche di primavera 2024 e la relazione sul meccanismo di allerta per il 2024 predisposte dalla Commissione europea e divulgate, rispettivamente, il 15 maggio 2024 e il 21 novembre 2023. Il presente rapporto è stato adottato dal Consiglio generale della BCE il 21 giugno 2024.

Il presente rapporto tiene conto anche dell’impatto dell’aggressione russa all’Ucraina sulla valutazione della convergenza. Nel 2021 i prezzi dell’energia, in particolare del gas, avevano già iniziato ad aumentare in misura molto sostenuta, anche a causa della restrizione delle forniture di gas da parte della Russia verso l’Europa. L’invasione dell’Ucraina alla fine di febbraio 2022 ha esacerbato l’impennata dei prezzi dell’energia e dei beni alimentari, provocando considerevoli pressioni di bilancio, turbative dell’interscambio e un’accresciuta incertezza. Questi sviluppi hanno colpito l’UE nella fase di ripresa dagli effetti della pandemia di COVID‑19. I paesi con una maggiore dipendenza energetica dalla Russia e con precedenti legami commerciali più forti con essa hanno subito ripercussioni più pesanti. Dato l’arco temporale relativamente breve, è difficile trarre conclusioni definitive circa l’impatto sul percorso di convergenza a medio‑lungo termine, che dipende anche dall’evoluzione futura della guerra russa contro l’Ucraina e dagli ulteriori sviluppi geopolitici. La parte prospettica della valutazione della convergenza è pertanto soggetta a un maggior grado di incertezza rispetto alla norma.

Per quanto concerne l’andamento dei prezzi, le disposizioni giuridiche e le relative modalità di applicazione da parte della BCE sono illustrate nel riquadro 1.

Riquadro 1
Andamento dei prezzi

1. Disposizioni del Trattato

L’articolo 140, paragrafo 1, primo trattino, del Trattato richiede che il rapporto sulla convergenza esamini la realizzazione di un alto grado di convergenza sostenibile con riferimento al rispetto del seguente criterio da parte di ciascuno Stato membro:

“il raggiungimento di un alto grado di stabilità dei prezzi; questo risulterà da un tasso d’inflazione prossimo a quello dei tre Stati membri, al massimo, che hanno conseguito i migliori risultati in termini di stabilità dei prezzi”.

L’articolo 1 del Protocollo (n. 13) sui criteri di convergenza stabilisce che:

“il criterio relativo alla stabilità dei prezzi, di cui all’articolo 140, paragrafo 1, primo trattino, del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, significa che gli Stati membri hanno un andamento dei prezzi che è sostenibile ed un tasso medio d’inflazione che, osservato per un periodo di un anno anteriormente all’esame, non supera di oltre 1,5 punti percentuali quello dei tre Stati membri, al massimo, che hanno conseguito i migliori risultati in termini di stabilità dei prezzi. L’inflazione si misura mediante l’indice dei prezzi al consumo (IPC) calcolato su base comparabile, tenendo conto delle differenze delle definizioni nazionali.”

2. Modalità di applicazione delle disposizioni del Trattato

Nel contesto del presente rapporto la BCE applica le disposizioni del Trattato nel seguente modo.

Per quanto riguarda il “tasso medio d’inflazione [...], osservato per un periodo di un anno anteriormente all’esame”, tale indicatore è stato calcolato come variazione della media a dodici mesi dello IAPC nel periodo di riferimento giugno 2023 - maggio 2024 rispetto alla media dei dodici mesi precedenti. L’inflazione è stata misurata sullo IAPC, costruito allo scopo di fornire una base comparabile per valutare la convergenza in termini di stabilità dei prezzi (cfr. la sezione 6.2). Il concetto di “tre Stati membri, al massimo, che hanno conseguito i migliori risultati in termini di stabilità dei prezzi”, adottato per la determinazione del valore di riferimento, è stato applicato calcolando la media aritmetica semplice dei tassi di incremento dei prezzi dei tre Stati membri con i tassi di inflazione medi più bassi (esclusi i valori fuori linea).

Va osservato che il concetto di valore “fuori linea” è stato menzionato nei precedenti rapporti sulla convergenza della BCE, nonché in quelli dell’IME. Coerentemente con tali rapporti, uno Stato membro è considerato fuori linea se si verificano due condizioni: il tasso medio di inflazione sui dodici mesi è significativamente inferiore alla media dell’area dell’euro e la dinamica dei prezzi ha risentito fortemente di fattori eccezionali. Nell’individuare i valori fuori linea non si segue un approccio automatico. Il concetto di valore fuori linea è stato adottato per trattare in modo adeguato potenziali distorsioni significative nell’andamento dei prezzi dei singoli paesi che riducano la rappresentatività dei tassi di inflazione in tali paesi quale parametro di convergenza.

L’approccio per l’individuazione dei valori fuori linea in questo rapporto è coerente con quello adottato nei precedenti rapporti sulla convergenza della BCE. In alcuni casi, l’individuazione di valori fuori linea può non essere immediata. La stessa metodologia può portare a risultati leggermente diversi a seconda, ad esempio, delle modalità di interpretazione dei fattori eccezionali.

Dal calcolo del valore di riferimento è stato escluso il tasso di inflazione della Finlandia, L’andamento dei prezzi in questo paese ha dato luogo nel maggio 2024 a un tasso medio di inflazione sui dodici mesi dell’1,9 per cento. Il valore riportato dalla Finlandia è stato ritenuto fuori linea in questo rapporto poiché il tasso di inflazione è significativamente inferiore alla media dell’area dell’euro nel periodo in rassegna a causa di fattori di natura straordinaria. In particolare, l’andamento alquanto contenuto dell’inflazione in Finlandia riflette un adeguamento dell’indice dei prezzi relativo all’elettricità effettuato dall’istituto nazionale di statistica per correggere un precedente errore di doppio conteggio. La correzione è stata introdotta nell’agosto 2023, riducendo il tasso di inflazione sui dodici mesi misurato sullo IAPC di circa 0,7 punti percentuali, secondo le stime.

Su tale base, e ai fini del presente rapporto, i tre Stati membri che hanno conseguito i migliori risultati in termini di stabilità dei prezzi, esclusi i valori fuori linea, sono pertanto il Belgio (1,9 per cento), la Danimarca (1,1 per cento) e i Paesi Bassi (2,5 per cento). Aggiungendo 1,5 punti percentuali alla media di questi tre tassi, risulta un valore di riferimento del 3,3 per cento per il criterio della stabilità dei prezzi.

Va rammentato che, in conformità al Trattato, l’andamento dell’inflazione di un paese è analizzato in termini relativi, vale a dire rispetto a quello di altri Stati membri. Quindi, il criterio della stabilità dei prezzi tiene conto del fatto che gli shock comuni, derivanti ad esempio dalle quotazioni internazionali delle materie prime, possano far deviare temporaneamente i tassi di inflazione dagli obiettivi delle banche centrali.

Va riconosciuto che sarebbe anche possibile considerare fuori linea i valori del Belgio e della Danimarca, dato che i tassi di inflazione medi sui dodici mesi erano significativamente inferiori alla media dell’area dell’euro nel maggio 2024 (rispettivamente di 1,5 e 2,3 punti percentuali). In tali paesi l’ampia differenza rispetto alla dinamica dell’inflazione nell’area dell’euro è principalmente ascrivibile a cali più pronunciati della componente energetica dello IAPC, per effetto di una più rapida trasmissione dai prezzi all’ingrosso ai prezzi al consumo dell’energia, che riflette soprattutto caratteristiche specifiche dei contratti energetici.

In questo rapporto la BCE non considera fuori linea i valori del Belgio e della Danimarca, poiché non valuta come fattori eccezionali le differenze nazionali nella trasmissione dei prezzi energetici internazionali ai prezzi nazionali, nella misura in cui queste riflettano differenze strutturali nei mercati dell’energia degli Stati membri. La determinazione degli Stati membri che hanno conseguito i migliori risultati per il rapporto sulla convergenza del giugno 2024 non pregiudica la preparazione dei rapporti sulla convergenza futuri.

Il tasso medio di inflazione misurato sullo IAPC nel periodo di riferimento di 12 mesi (giugno 2023 - maggio 2024) viene valutato alla luce dei risultati economici ottenuti dal paese considerato in termini di stabilità dei prezzi negli ultimi dieci anni. Questo approccio consente un esame più approfondito della sostenibilità dell’andamento dei prezzi nel paese considerato. A tale riguardo si vaglia l’orientamento della politica monetaria – in particolare per stabilire se l’attenzione delle autorità monetarie si sia concentrata soprattutto sul conseguimento e sul mantenimento della stabilità dei prezzi – nonché il contributo fornito dalle altre aree di politica economica alla realizzazione di tale obiettivo. Si tiene conto, inoltre, di come il contesto macroeconomico abbia inciso sul raggiungimento della stabilità dei prezzi. L’evoluzione di questi ultimi è esaminata alla luce delle condizioni della domanda e dell’offerta, analizzando in particolare fattori quali il costo del lavoro per unità di prodotto e i prezzi all’importazione. Infine vengono prese in considerazione le tendenze che emergono da altri importanti indicatori dei prezzi. Con riferimento alle prospettive future, vengono delineati gli andamenti attesi dell’inflazione nei prossimi anni, incluse le previsioni dei principali organismi internazionali e operatori di mercato, e sono analizzati gli aspetti istituzionali e strutturali rilevanti per il mantenimento di un contesto economico idoneo alla stabilità dei prezzi dopo l’adozione dell’euro.

Per quanto riguarda l’andamento della finanza pubblica, le disposizioni giuridiche e le relative modalità di applicazione da parte della BCE sono presentate nel riquadro 2.

Riquadro 2
Andamento della finanza pubblica

1. Disposizioni del Trattato e altre norme giuridiche

L’articolo 140, paragrafo 1, secondo trattino, del Trattato sancisce che il rapporto sulla convergenza esamini la realizzazione di un alto grado di convergenza sostenibile con riferimento al rispetto del seguente criterio da parte di ciascuno Stato membro:

“la sostenibilità della situazione della finanza pubblica; questa risulterà dal conseguimento di una situazione di bilancio pubblico non caratterizzata da un disavanzo eccessivo secondo la definizione di cui all’articolo 126, paragrafo 6”.

L’articolo 2 del Protocollo (n. 13) sui criteri di convergenza stabilisce che:

“il criterio relativo alla situazione di bilancio pubblico di cui all’articolo 140, paragrafo 1, secondo trattino, di detto Trattato, significa che, al momento dell’esame, lo Stato membro non è oggetto di una decisione del Consiglio di cui all’articolo 126, paragrafo 6, di detto Trattato, circa l’esistenza di un disavanzo eccessivo”.

L’articolo 126 definisce la procedura per i disavanzi eccessivi (PDE). Conformemente all’articolo 126, paragrafi 2 e 3, la Commissione europea redige un rapporto nel caso in cui uno Stato membro non soddisfi i criteri di disciplina fiscale, in particolare se:

  1. il rapporto fra il disavanzo pubblico, previsto o effettivo, e il PIL supera il valore di riferimento (fissato nel Protocollo sulla procedura per i disavanzi eccessivi al 3 per cento), a meno che
    1. il rapporto non sia diminuito in modo sostanziale e continuo e abbia raggiunto un livello che si avvicina al valore di riferimento; oppure
    2. il superamento del valore di riferimento sia solo eccezionale e temporaneo e il rapporto resti vicino al valore di riferimento;
  2. il rapporto fra il debito pubblico e il PIL supera il valore di riferimento (fissato nel Protocollo sulla procedura per i disavanzi eccessivi al 60 per cento), a meno che detto rapporto non si stia riducendo in misura sufficiente e non si avvicini al valore di riferimento con ritmo adeguato.

Inoltre, il rapporto predisposto dalla Commissione deve tenere conto dell’eventuale differenza fra il disavanzo pubblico e la spesa pubblica per investimenti e di tutti gli altri fattori rilevanti, compresa la situazione economica e di bilancio a medio termine dello Stato membro. La Commissione può inoltre elaborare un rapporto se ritiene che in un determinato Stato membro, sebbene i criteri siano rispettati, sussista il rischio di un disavanzo eccessivo. Il Comitato economico e finanziario formula un parere in merito al rapporto della Commissione. Infine, conformemente all’articolo 126, paragrafo 6, il Consiglio dell’UE, deliberando sulla base della raccomandazione della Commissione e considerate le osservazioni che lo Stato membro interessato ritenga di formulare, decide, a maggioranza qualificata escluso lo Stato membro e dopo una valutazione globale, se esista un disavanzo eccessivo.

Le disposizioni del Trattato di cui all’articolo 126 sono ulteriormente precisate nel Regolamento (CE) n. 1467/97[7] modificato dal Regolamento (UE) n. 1177/2011[8] e dal Regolamento (UE) 2024/1264[9], il quale fra l’altro:

  • conferma la pari importanza del criterio del debito e del criterio del disavanzo, rendendo il primo operativo;
  • specifica le condizioni alle quali si considera che un rapporto tra il debito pubblico e il PIL superiore al valore di riferimento si stia riducendo in misura sufficiente e si avvicini a tale valore con un ritmo adeguato in conformità all’articolo 126, paragrafo 2, lettera b) del Trattato. Il nuovo quadro di riferimento dell’UE per le politiche di bilancio modifica le condizioni alle quali si ritiene che un rapporto tra il debito pubblico e il PIL superiore al valore di riferimento si stia riducendo in misura sufficiente e si avvicini a tale valore con un ritmo adeguato in linea con l’articolo 126, paragrafo 2, lettera b). Specificamente, ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 2, del regolamento il requisito si considera soddisfatto qualora lo Stato membro in questione rispetti il proprio percorso della spesa netta. La Commissione elabora una relazione a norma dell’articolo 126, paragrafo 3, del Trattato quando il rapporto debito/PIL supera il valore di riferimento, la posizione di bilancio non è prossima al pareggio né in avanzo e le deviazioni registrate nel conto di controllo dello Stato membro eccedono 0,3 punti percentuali del PIL ogni anno o 0,6 punti percentuali del PIL cumulativamente;
  • definisce in dettaglio i fattori rilevanti che la Commissione deve considerare nel predisporre la relazione di cui all’articolo 126, paragrafo 3, del Trattato, ma soprattutto menziona una serie di elementi ritenuti significativi nel valutare l’evoluzione della posizione economica, di bilancio e del debito pubblico a medio termine (cfr. l’articolo 2, paragrafo 3, del regolamento e le precisazioni sull’analisi della BCE esposta di seguito).

2. Modalità di applicazione delle disposizioni del Trattato

Ai fini dell’esame della convergenza, la BCE esprime il proprio avviso sull’andamento della finanza pubblica, di cui analizza sotto il profilo della sostenibilità i principali indicatori per il periodo 2014‑2023, le prospettive e le sfide per i conti pubblici, rivolgendo particolare attenzione alle relazioni fra l’evoluzione del disavanzo e quella del debito pubblico. In merito all’impatto della pandemia e della guerra russa contro l’Ucraina sulle finanze pubbliche, la BCE fa riferimento alla clausola di salvaguardia generale del Patto di stabilità e crescita, attivata dal 20 marzo 2020 al 31 dicembre 2023. Il particolare, prima della riforma dell’aprile 2024, riguardo al meccanismo preventivo del patto l’articolo 5, paragrafo 1, e l’articolo 9, paragrafo 1, del Regolamento (CE) n. 1466/97[10] recitavano: “in caso di grave recessione economica della zona euro o dell’intera Unione, gli Stati membri possono essere autorizzati ad allontanarsi temporaneamente dal percorso di aggiustamento verso l’obiettivo di bilancio a medio termine [...], a condizione che la sostenibilità di bilancio a medio termine non ne risulti compromessa”. Quanto al meccanismo correttivo del patto, il Regolamento (CE) n. 1467/97 sanciva all’articolo 3, paragrafo 5, che “anche in caso di grave recessione economica della zona euro o dell’intera Unione il Consiglio può decidere, su raccomandazione della Commissione, di adottare una raccomandazione rivista ai sensi dell’articolo 126, paragrafo 7, TFUE, a condizione che la sostenibilità di bilancio a medio termine non ne risulti compromessa” e all’articolo 5, paragrafo 2, che “anche in caso di grave recessione economica della zona euro o dell’intera Unione il Consiglio può decidere, su raccomandazione della Commissione, di adottare un’intimazione rivista ai sensi dell’articolo 126, paragrafo 9, TFUE, a condizione che la sostenibilità di bilancio a medio termine non ne risulti compromessa”. La BCE presenta anche un’analisi riguardante l’efficacia dei quadri di bilancio nazionali, di cui all’articolo 2, paragrafo 3, lettera b), del Regolamento (CE) n. 1467/97, nonché alla Direttiva 2011/85/UE[11]. Con riferimento all’articolo 126 la BCE, a differenza della Commissione, non riveste alcun ruolo formale nella PDE. Il suo rapporto si limita pertanto a indicare se nei confronti di un paese sia stata avviata la PDE.

Per quanto riguarda la disposizione del Trattato relativa a un rapporto fra debito pubblico e PIL superiore al 60 per cento che si stia riducendo in misura sufficiente e si avvicini al valore di riferimento con ritmo adeguato, la BCE analizza gli andamenti passati e le tendenze future del rapporto debito/PIL. Per gli Stati membri in cui questo indicatore supera il valore di riferimento, la BCE fornisce l’ultima valutazione della Commissione europea sulla conformità al parametro per la riduzione del debito che era stabilito nell’articolo 2, paragrafo 1, lettera a), del Regolamento (CE) n. 1467/97.

L’esame dell’andamento della finanza pubblica si avvale dei dati compilati sulla base dei conti economici nazionali, conformemente al Sistema europeo dei conti 2010 (SEC 2010) (cfr. il capitolo 6). I dati presentati in questo rapporto sono stati forniti per la maggior parte dalla Commissione nell’aprile 2024 e includono quelli sui conti pubblici per il periodo 2014‑2023, nonché le previsioni da essa formulate per il 2024‑2025.

Per quanto concerne la sostenibilità delle finanze pubbliche, i risultati conseguiti nel 2023, anno di riferimento, sono valutati alla luce degli andamenti registrati dal paese considerato negli ultimi dieci anni. Innanzitutto viene esaminata l’evoluzione del rapporto fra il disavanzo pubblico e il PIL. Giova ricordare che sull’andamento del rapporto disavanzo/PIL annuo di un paese influiscono tipicamente vari fattori sottostanti, suddivisibili in “effetti ciclici”, che riflettono la reazione del deficit alle variazioni del ciclo economico, ed “effetti non ciclici”, spesso ricondotti ad aggiustamenti strutturali o permanenti delle politiche di bilancio. Tuttavia i secondi, così come quantificati nel presente rapporto, non sono necessariamente ascrivibili del tutto alle variazioni strutturali della situazione di finanza pubblica, in quanto includono effetti temporanei sul bilancio derivanti sia da provvedimenti di politica economica sia da fattori straordinari.

Vengono poi esaminati sia l’evoluzione del rapporto fra debito pubblico e PIL nell’arco di tale periodo, sia i fattori a essa sottesi, ossia la differenza tra la crescita nominale del PIL e i tassi di interesse, il saldo primario e il raccordo disavanzo‑debito. Questa prospettiva può fornire ulteriori informazioni su quanto il contesto macroeconomico, in particolare l’effetto congiunto di crescita e tassi di interesse, abbia inciso sulla dinamica del debito. Si effettua inoltre un’analisi della struttura del debito pubblico, incentrata in particolare sul livello e sull’evoluzione della quota di debito a breve termine e di quella denominata in valuta estera. Raffrontando tali quote con il livello corrente del rapporto debito/PIL è possibile evidenziare la sensibilità dei saldi di bilancio alle variazioni dei tassi di cambio e di interesse.

Per il periodo 2020‑2023 è stata attivata la clausola di salvaguardia generale del Patto di stabilità e crescita dell’UE, che ha consentito ai paesi di adottare le necessarie misure di coordinamento delle politiche nel contesto della pandemia e dell’invasione russa dell’Ucraina nell’ambito del patto. In particolare, la clausola ha permesso uno scostamento rispetto ai requisiti di bilancio applicabili normalmente.

Ad aprile 2024 è entrata in vigore la riforma del Patto di stabilità e crescita, che ha modificato le norme per l’avvio di una PDE per violazione del criterio del debito. Le nuove norme mirano a salvaguardare la sostenibilità del debito pubblico e l’andamento anticiclico della politica di bilancio, adottare un approccio maggiormente di medio termine alle politiche di bilancio, nonché accrescere, tra l’altro, la titolarità nazionale del quadro di riferimento. Le norme considerano inoltre che le riforme, gli investimenti e la sostenibilità dei conti pubblici possono rafforzarsi a vicenda e dovrebbero pertanto essere promossi. Infine, mirano a garantire un’applicazione più efficace[12]. Sebbene le norme per l’avvio di una PDE per violazione del criterio del disavanzo rimangano sostanzialmente invariate, quelle relative all’avvio di una PDE per violazione del criterio del debito sono cambiate, come descritto nel riquadro 2. Tuttavia, nel 2024 non sono state avviate PDE per violazione del criterio del debito sulla base dei risultati del 2023, poiché i piani nazionali strutturali di bilancio, previsti dal nuovo quadro di riferimento dell’UE, non saranno pubblicati fino all’autunno 2024 per le strategie di bilancio a partire dal 2025.

Con riferimento alle prospettive future, vengono prese in considerazione le recenti previsioni della Commissione europea per il 2024‑2025 e la valutazione delle sfide di lungo periodo per la sostenibilità del debito. L’esame include, in particolare, le prospettive per i saldi di bilancio e i rapporti debito/PIL sulla base delle attuali politiche di bilancio. Vengono altresì messe in luce le sfide di lungo periodo per la sostenibilità delle posizioni di bilancio e per le grandi aree che necessitano di un’azione di risanamento, con particolare attenzione alle sfide connesse sia alla presenza di sistemi pensionistici pubblici a ripartizione in un contesto demografico in trasformazione, sia alle passività potenziali assunte dalle amministrazioni pubbliche. A differenza dei rapporti precedenti, la valutazione non riguarderà i piani nazionali di bilancio di medio termine delineati nei programmi di convergenza annuali, poiché, in base alle nuove norme, i paesi li definiranno in dettaglio nell’ambito dei piani nazionali strutturali di bilancio che dovranno essere predisposti intorno al 20 settembre 2024. Tali piani dovranno presentare una traiettoria della spesa netta per un periodo di almeno quattro anni e le strategie di bilancio dei governi a partire dal 2025.

Per quanto attiene all’andamento del cambio, le disposizioni giuridiche e le relative modalità di applicazione da parte della BCE sono esposte nel riquadro 3.

Riquadro 3
Andamento del tasso di cambio

1. Disposizioni del Trattato

L’articolo 140, paragrafo 1, terzo trattino, del Trattato prescrive che il rapporto sulla convergenza esamini la realizzazione di un alto grado di convergenza sostenibile con riferimento al rispetto del seguente criterio da parte di ciascuno Stato membro:

“il rispetto dei margini normali di fluttuazione previsti dal meccanismo di cambio del Sistema monetario europeo per almeno due anni, senza svalutazioni nei confronti dell’euro”.

L’articolo 3 del Protocollo (n. 13) sui criteri di convergenza stabilisce che:

“il criterio relativo alla partecipazione al meccanismo di cambio del Sistema monetario europeo di cui all’articolo 140, paragrafo 1, terzo trattino, di detto Trattato, significa che lo Stato membro ha rispettato i normali margini di fluttuazione stabiliti dal meccanismo di cambio del Sistema monetario europeo senza gravi tensioni per almeno due anni prima dell’esame. In particolare, e, per lo stesso periodo, non deve aver svalutato di propria iniziativa il tasso di cambio centrale bilaterale della sua moneta nei confronti dell’euro”.

2. Modalità di applicazione delle disposizioni del Trattato

Per quanto concerne la stabilità del cambio, la BCE verifica se il paese analizzato abbia aderito ai nuovi Accordi europei di cambio (AEC II), che hanno sostituito il meccanismo di cambio dello SME nel gennaio 1999, per un periodo di almeno due anni prima dell’esame della convergenza senza registrare gravi tensioni, in particolare senza svalutazioni nei confronti dell’euro. Nel caso di una partecipazione più breve, l’andamento del tasso di cambio è considerato su un periodo di riferimento di due anni.

Nel valutare la stabilità del tasso di cambio rispetto all’euro si attribuisce particolare importanza al fatto che questo sia rimasto prossimo alla parità centrale degli AEC II; tuttavia, in linea con l’approccio adottato in passato, si tiene anche conto dei fattori che potrebbero averne determinato un apprezzamento. A tale riguardo, l’ampiezza della banda di oscillazione negli AEC II non pregiudica l’esame del criterio relativo alla stabilità del cambio.

Inoltre, l’assenza di “gravi tensioni” viene generalmente appurata considerando: 1) l’entità della deviazione del tasso di cambio dalla parità centrale degli AEC II; 2) alcuni indicatori quali la volatilità del tasso di cambio nei confronti dell’euro e la sua tendenza, nonché il differenziale di interesse a breve termine rispetto all’area dell’euro e la sua evoluzione; 3) il ruolo svolto dagli interventi sui mercati valutari; 4) l’incidenza dei programmi di assistenza finanziaria internazionale sulla stabilizzazione della moneta.

Il periodo di riferimento considerato nel presente rapporto va dal 20 giugno 2022 al 19 giugno 2024. Tutti i tassi di cambio bilaterali utilizzati sono tassi ufficiali della BCE (cfr. il capitolo 6).

Oltre ad analizzare la partecipazione agli AEC II e l’andamento del tasso di cambio nominale nei confronti dell’euro nel periodo in rassegna, ci si sofferma brevemente sulla sostenibilità del livello corrente del cambio. Questa viene desunta valutando l’evoluzione dei tassi di cambio effettivi reali, nonché i saldi di conto corrente, conto capitale e conto finanziario della bilancia dei pagamenti. Sono altresì considerate la dinamica del debito estero lordo e la posizione patrimoniale netta verso l’estero su periodi più lunghi. La sezione sull’andamento del tasso di cambio contempla inoltre alcuni indicatori del grado di integrazione di un paese con l’area dell’euro, valutato in termini finanziari e di commercio con l’estero (esportazioni e importazioni). Infine, la sezione sull’andamento del tasso di cambio indica, ove applicabile, se il paese in rassegna abbia beneficiato, nel periodo di riferimento di due anni, dell’erogazione di liquidità da parte di una banca centrale o di sostegno alla bilancia dei pagamenti. Si tiene conto dell’assistenza sia effettiva sia disponibile a titolo precauzionale.

Per quanto concerne l’andamento dei tassi di interesse a lungo termine, le disposizioni giuridiche e le relative modalità di applicazione da parte della BCE sono delineate nel riquadro 4.

Riquadro 4
Andamento dei tassi di interesse a lungo termine

1. Disposizioni del Trattato

L’articolo 140, paragrafo 1, quarto trattino, del Trattato prevede che il rapporto sulla convergenza esamini la realizzazione di un alto grado di convergenza sostenibile con riferimento al rispetto del seguente criterio da parte di ciascuno Stato membro:

“i livelli dei tassi di interesse a lungo termine che riflettano la stabilità della convergenza raggiunta dallo Stato membro con deroga e della sua partecipazione al meccanismo di cambio.”

L’articolo 4 del Protocollo (n. 13) sui criteri di convergenza stabilisce che:

“il criterio relativo alla convergenza dei tassi d’interesse di cui all’articolo 140, paragrafo 1, quarto trattino, di detto Trattato, significa che il tasso d’interesse nominale a lungo termine di uno Stato membro osservato in media nell’arco di un anno prima dell’esame non ha ecceduto di oltre 2 punti percentuali quello dei tre Stati membri, al massimo, che hanno conseguito i migliori risultati in termini di stabilità dei prezzi. I tassi di interesse si misurano sulla base delle obbligazioni a lungo termine emesse dallo Stato o sulla base di titoli analoghi, tenendo conto delle differenze nelle definizioni nazionali.”

2. Modalità di applicazione delle disposizioni del Trattato

Nel contesto del presente rapporto la BCE applica le disposizioni del Trattato nel seguente modo.

Per quanto riguarda “il tasso d’interesse nominale a lungo termine” osservato “in media nell’arco di un anno prima dell’esame”, questo indicatore è stato calcolato come la media aritmetica degli ultimi 12 mesi per i quali sono disponibili i dati relativi allo IAPC. Il periodo di riferimento considerato in questo rapporto è giugno 2023 - maggio 2024, in linea con il periodo di riferimento per il criterio della stabilità dei prezzi.

Il concetto di “tre Stati membri, al massimo, che hanno conseguito i migliori risultati in termini di stabilità dei prezzi”, adottato per la determinazione del valore di riferimento, è stato applicato calcolando la media aritmetica semplice dei tassi di interesse a lungo termine degli stessi tre Stati membri considerati nel calcolo del valore di riferimento per la stabilità dei prezzi (cfr. il riquadro 1). Nell’orizzonte temporale assunto ai fini del presente rapporto i tassi di interesse a lungo termine dei tre paesi con i tassi di inflazione più bassi considerati nel calcolo del valore di riferimento per il criterio della stabilità dei prezzi sono il 2,6 per cento (Danimarca), il 2,8 per cento (Paesi Bassi) e il 3,1 per cento (Belgio), da cui risulta un tasso medio del 2,8 per cento che, sommando 2 punti percentuali, dà un valore di riferimento del 4,8 per cento[13].

Come menzionato in precedenza, il Trattato richiama esplicitamente la “stabilità della convergenza” che si riflette nel livello dei tassi di interesse a lungo termine. Pertanto, gli andamenti nel periodo in rassegna (giugno 2023 - maggio 2024) sono esaminati alla luce sia dell’evoluzione dei tassi di interesse a lungo termine negli ultimi dieci anni, o nel periodo per il quale sono disponibili i dati, sia dei principali fattori sottostanti ai differenziali fra quei tassi e il tasso medio corrispondente dell’area dell’euro. Nell’arco di tempo considerato la media dei tassi di interesse a lungo termine dell’area potrebbe avere in parte riflesso premi per il rischio elevati specifici di diversi paesi membri. Pertanto, a fini di raffronto è stato utilizzato anche il rendimento dei titoli di Stato a lungo termine dell’area con rating AAA (ossia il tasso a lungo termine desunto dalla curva dei rendimenti dei titoli di Stato dell’area con rating AAA). Nell’ambito di quest’analisi il presente rapporto fornisce anche informazioni sulla dimensione e sull’evoluzione del mercato finanziario basate su tre diversi indicatori che insieme forniscono una misura della sua entità, ossia le consistenze dei titoli di debito emessi dalle società non finanziarie, la capitalizzazione del mercato azionario e il credito erogato dalle istituzioni finanziarie monetarie (IFM) al settore privato interno non finanziario.

Infine, l’articolo 140, paragrafo 1, del Trattato prevede che il rapporto sulla convergenza tenga conto di una serie di altri fattori rilevanti (cfr. il riquadro 5). A tale riguardo, il quadro per la governance economica rafforzata vigente dal 13 dicembre 2011, in conformità all’articolo 121, paragrafo 6, del Trattato, è inteso a garantire un coordinamento più stretto delle politiche economiche e una convergenza duratura dei risultati economici degli Stati membri dell’UE. Il riquadro 5 presenta brevemente tali disposizioni giuridiche e l’approccio seguito dalla BCE nel vagliare gli altri fattori rilevanti ai fini della valutazione della convergenza.

Riquadro 5
Altri fattori rilevanti

1. Disposizioni del Trattato e altre norme giuridiche

In base all’articolo 140, paragrafo 1, del Trattato “le relazioni della Commissione e della Banca centrale europea tengono inoltre conto dei risultati dell’integrazione dei mercati, della situazione e dell’evoluzione delle partite correnti delle bilance dei pagamenti, di un esame dell’evoluzione dei costi unitari del lavoro e di altri indici di prezzo”.

In tale contesto la BCE prende in considerazione il pacchetto legislativo sulla governance economica nell’UE entrato in vigore il 13 dicembre 2011. Sulla scorta delle disposizioni del Trattato enunciate all’articolo 121, paragrafo 6, il Parlamento europeo e il Consiglio dell’UE hanno adottato le modalità della procedura di sorveglianza multilaterale di cui all’articolo 121, paragrafi 3 e 4, del Trattato. Queste regole sono state stabilite “al fine di garantire un più stretto coordinamento delle politiche economiche e una convergenza duratura dei risultati economici degli Stati membri” (articolo 121, paragrafo 3), tenuto conto che “è necessario trarre insegnamenti dall’esperienza acquisita nel corso dei primi dieci anni di funzionamento dell’Unione economica e monetaria e, in particolare, c’è bisogno di una governance economica rafforzata nell’Unione sulla base di una più forte titolarità nazionale”[14]. Il pacchetto legislativo contempla un quadro di sorveglianza rafforzata (procedura per gli squilibri macroeconomici, PSM) inteso a prevenire squilibri macroeconomici e macrofinanziari eccessivi assistendo gli Stati membri dell’UE che presentano divergenze dai parametri nel definire piani di correzione, prima che tali divergenze possano radicarsi.

2. Modalità di applicazione delle disposizioni del Trattato

In linea con la prassi adottata in passato, gli altri fattori di cui all’articolo 140, paragrafo 1, del Trattato sono esaminati nel capitolo 5, in relazione ai singoli criteri di convergenza illustrati nei riquadri da 1 a 4. Per completezza, il capitolo 3 presenta gli indicatori del quadro di valutazione per i paesi in rassegna (anche in relazione alle soglie di allerta), in modo da fornire tutte le informazioni disponibili rilevanti al fine di individuare gli squilibri macroeconomici e macrofinanziari suscettibili di ostacolare il raggiungimento di un elevato grado di convergenza sostenibile, come stabilito dall’articolo 140, paragrafo 1, del Trattato. In particolare, per quanto riguarda gli Stati membri dell’UE con deroga oggetto di una procedura per i disavanzi eccessivi, difficilmente si potrà ritenere che abbiano conseguito un alto grado di convergenza sostenibile come enunciato nell’articolo 140, paragrafo 1, del Trattato.

2.2 Compatibilità della normativa nazionale con i trattati

2.2.1 Introduzione

L’articolo 140, paragrafo 1, del Trattato prevede che, almeno una volta ogni due anni o su richiesta di uno Stato membro con deroga, la BCE (e la Commissione europea) riferisca al Consiglio sui progressi compiuti dagli Stati membri con deroga nell’adempimento degli obblighi relativi alla realizzazione dell’Unione economica e monetaria. Questi rapporti devono comprendere un esame della compatibilità della normativa nazionale di ciascuno Stato membro con deroga, incluso lo statuto della sua BCN, con gli articoli 130 e 131 del Trattato e i pertinenti articoli dello Statuto. L’obbligo di compatibilità imposto dal Trattato agli Stati membri con deroga viene anche definito “convergenza legale”.

Nel verificare la convergenza legale, la BCE non si limita a una verifica formale della lettera della normativa nazionale, ma può anche valutare se l’attuazione delle disposizioni pertinenti è conforme allo spirito dei trattati e dello Statuto. La BCE è particolarmente preoccupata di eventuali segni di pressione sugli organi decisionali delle BCN degli Stati membri, che sarebbero contrari allo spirito del Trattato con riguardo all’indipendenza della banca centrale.

La BCE ravvisa altresì la necessità che gli organi decisionali delle BCN operino in maniera regolare e continuativa. A tale proposito, in particolare, quando la carica di membro di un organo decisionale di una BCN divenga vacante, le autorità competenti degli Stati membri devono adottare le misure necessarie a garantire la tempestiva nomina del successore[15].

La BCE monitorerà da vicino ogni sviluppo prima di effettuare una valutazione definitiva positiva concludendo che la legislazione è compatibile con il Trattato e con lo Statuto.

Stati membri con deroga e convergenza legale

Bulgaria, Repubblica Ceca, Ungheria, Polonia, Romania e Svezia, la cui normativa nazionale è presa in esame nel presente rapporto, hanno lo status di Stati membri con deroga, ossia non hanno ancora adottato l’euro. Alla Svezia è stato conferito lo status di Stato membro con deroga con una decisione del Consiglio del maggio 1998[16]. Per quanto concerne gli altri Stati membri, gli articoli 4[17] e 5[18] degli atti relativi alle condizioni di adesione dispongono che ciascun nuovo Stato membro partecipi all’Unione economica e monetaria a decorrere dalla data di adesione quale Stato membro con deroga ai sensi dell’articolo 139 del Trattato.

Il presente rapporto non prende in esame la posizione della Danimarca che gode di uno status speciale e non ha ancora adottato l’euro. Il Protocollo (n. 16) su talune disposizioni relative alla Danimarca, allegato ai trattati, prevede che, alla luce della notifica da parte del governo danese al Consiglio del 3 novembre 1993, la Danimarca goda di un’esenzione e che la procedura per l’abrogazione della deroga sia avviata solo dietro sua richiesta. Poiché l’articolo 130 del Trattato si applica alla Danimarca, la Danmarks Nationalbank è tenuta ad adempiere agli obblighi relativi all’indipendenza della banca centrale. Il rapporto sulla convergenza dell’IME del 1998 concludeva che tale requisito era soddisfatto. In considerazione dello status speciale della Danimarca, dal 1998 non è stata effettuata alcuna ulteriore valutazione relativa alla convergenza di questo Stato. Fino al momento in cui la Danimarca non informi il Consiglio dell’UE di volere adottare l’euro, la Danmarks Nationalbank non è tenuta a integrarsi sotto il profilo legale all’Eurosistema e nessuna normativa danese necessita di essere adeguata.

L’obiettivo della valutazione della convergenza legale è di facilitare la decisione del Consiglio volta a stabilire quali Stati membri abbiano adempiuto ai propri “obblighi relativi alla realizzazione dell’Unione economica e monetaria” (articolo 140, paragrafo 1, del Trattato). Nella sfera giuridica, queste condizioni attengono in particolare all’indipendenza della banca centrale e all’integrazione legale delle BCN nell’Eurosistema.

Struttura della valutazione giuridica

La valutazione giuridica segue a grandi linee lo schema dei precedenti rapporti della BCE e dell’IME sulla convergenza legale[19].

La compatibilità della normativa nazionale è considerata alla luce della legislazione adottata prima del 27 marzo 2024.

2.2.2 Portata dell’adeguamento

Aree di adeguamento

Allo scopo di identificare le aree in cui si rende necessario l’adeguamento della normativa nazionale, sono esaminate le questioni seguenti:

  • compatibilità con le disposizioni relative all’indipendenza delle BCN, dei membri degli organi decisionali e dei governatori delle BCN nel Trattato (articolo 130) e nello Statuto (articoli 7 e 14.2);
  • compatibilità con le disposizioni relative al segreto professionale (articolo 37 dello Statuto);
  • compatibilità con il divieto di finanziamento monetario (articolo 123 del Trattato) e di accesso privilegiato (articolo 124 del Trattato);
  • compatibilità con l’ortografia comune dell’euro imposta dal diritto dell’Unione; e
  • integrazione legale delle BCN nell’Eurosistema (in particolare per ciò che concerne gli articoli 12.1 e 14.3 dello Statuto).

“Compatibilità” anziché “armonizzazione”

L’articolo 131 del Trattato prevede che la normativa nazionale sia “compatibile” con i trattati e lo Statuto; pertanto deve essere posto rimedio a qualunque eventuale incompatibilità. Né la preminenza del Trattato e dello Statuto sulla normativa nazionale, né la natura dell’incompatibilità fanno venir meno tale obbligo.

Il requisito di “compatibilità” che la normativa nazionale deve soddisfare non significa che il Trattato richieda l’“armonizzazione” degli statuti delle BCN, né tra di loro né rispetto allo Statuto. Le peculiarità nazionali possono continuare a esistere nei limiti in cui esse non violino la competenza esclusiva dell’UE in materia monetaria. In effetti, l’articolo 14.4 dello Statuto consente alle BCN di svolgere funzioni diverse da quelle specificate nello Statuto, nella misura in cui esse non interferiscano con gli obiettivi e i compiti del SEBC[20]. L’esistenza di disposizioni negli statuti delle BCN che autorizzano l’espletamento di tali funzioni supplementari dimostrano chiaramente che le differenze possono continuare a esistere. Il termine “compatibile” indica, piuttosto, che la normativa nazionale e gli statuti delle BCN devono essere adeguati in modo da eliminare le incongruenze con i trattati e lo Statuto e assicurare il necessario grado di integrazione delle BCN nel SEBC. In particolare, dovrebbe essere adeguata qualsiasi norma che leda l’indipendenza di una BCN, secondo la definizione datane nel Trattato, e il suo ruolo di parte integrante del SEBC. Per conseguire tale obiettivo, pertanto, non è sufficiente fare affidamento semplicemente sul principio della preminenza del diritto dell’UE sulla normativa nazionale.

L’obbligo di cui all’articolo 131 del Trattato riguarda esclusivamente l’incompatibilità con i trattati e lo Statuto. Tuttavia, la normativa nazionale incompatibile con la legislazione secondaria dell’UE pertinente ai settori oggetto di adeguamento esaminati nel presente rapporto dovrebbe essere a questa allineata. La preminenza del diritto dell’UE non incide sull’obbligo di adeguare la normativa nazionale. Tale obbligo di carattere generale deriva non solo dall’articolo 131 del Trattato, ma anche dalla giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea[21].

I trattati e lo Statuto non prescrivono le modalità di adeguamento della normativa nazionale. La compatibilità può pertanto essere conseguita sopprimendo eventuali normative nazionali incompatibili con il diritto dell’Unione, facendo riferimento ai trattati e allo Statuto oppure, in via eccezionale, tramite l’incorporazione di tali disposizioni e indicandone l’origine, a determinate condizioni:

Di norma, si deve evitare una riproduzione delle rilevanti disposizioni del diritto dell’Unione direttamente applicabili nell’ordinamento giuridico di uno Stato membro utilizzando lo stesso linguaggio[22]. Una riproduzione può generare incertezza sia in relazione alla natura giuridica e all’origine delle disposizioni applicabili sia alla data della loro entrata in vigore. Ciò non sarebbe in linea con il principio di applicazione e interpretazione uniforme del diritto dell’Unione nell’Unione[23]. Inoltre, se una disposizione nazionale utilizza una formulazione differente da quella utilizzata nella pertinente disposizione dell’Unione, crea contenuto normativo per proprio conto. In conformità all’articolo 2, paragrafo 1, del Trattato, la competenza esclusiva dell’Unione in materia di politica monetaria impedisce agli Stati membri di adottare disposizioni che, alla luce del loro obiettivo e del loro contenuto, stabiliscono norme giuridiche che disciplinano l’utilizzo dell’euro come moneta unica, a meno che gli Stati membri siano stati autorizzati a farlo[24]. In tale contesto, il concetto di politica monetaria non si limita alla sua declinazione operativa, che, in base al primo trattino dell’articolo 127, paragrafo 2, del Trattato, è uno dei compiti fondamentali dell’Eurosistema. Esso implica inoltre una dimensione normativa volta a garantire lo status dell’euro in quanto moneta unica[25].

In circostanze eccezionali, una riproduzione delle pertinenti disposizioni del diritto dell’Unione direttamente applicabili nell’ordinamento giuridico di uno Stato membro utilizzando lo stesso linguaggio può essere utilizzata per ragioni di coerenza e al fine di renderle comprensibili alle persone alle quali si applicano. Laddove sussistano tali circostanze eccezionali, che consentono una riproduzione di disposizioni direttamente applicabili del diritto dell’Unione, le disposizioni dovrebbero essere riprodotte in maniera precisa e la formulazione non dovrebbe essere modificata[26]. Inoltre, le disposizioni dovrebbero essere riprodotte esclusivamente nella misura giustificata dalle circostanze eccezionali. Tuttavia, tali circostanze eccezionali non sussistono quando le disposizioni direttamente applicabili del diritto dell’Unione sono sufficientemente coerenti e complete, rendendo inutile ripeterle o rispecchiarle nel diritto nazionale[27]. Se le disposizioni direttamente applicabili del diritto dell’Unione sono rilevanti meramente nel contesto dei settori contemplati dal diritto nazionale, non è necessario che quest’ultimo faccia riferimento a tali disposizioni. Nella misura in cui il diritto nazionale riproduca necessariamente disposizioni direttamente applicabili del diritto dell’Unione per le ragioni menzionate in precedenza, dovrebbe farlo in maniera esplicita e chiarire che le sue disposizioni sono “ai sensi delle” oppure “in conformità alle” rilevanti disposizioni del diritto dell’Unione, laddove queste ultime sono meramente riprodotte per collocare il diritto nazionale in un contesto più ampio, oppure ancora “impregiudicate” le rilevanti disposizioni del diritto dell’Unione, se un’autorità nazionale esercita competenze residuali che vanno al di là di quelle esercitate nell’ambito del SEBC e dell’Eurosistema[28].

Inoltre, in funzione strumentale al conseguimento e al mantenimento della compatibilità fra la normativa nazionale e i trattati e lo Statuto, la BCE deve essere consultata dalle istituzioni dell’UE e dagli Stati membri su progetti di disposizioni legislative che ricadono nei suoi ambiti di competenza, ai sensi dell’articolo 127, paragrafo 4, e dell’articolo 282, paragrafo 5, del Trattato, nonché dell’articolo 4 dello Statuto. La Decisione 98/415/CE del Consiglio, del 29 giugno 1998, relativa alla consultazione della Banca centrale europea da parte delle autorità nazionali sui progetti di disposizioni legislative[29] richiede espressamente che gli Stati membri adottino tutte le misure necessarie ad assicurare il rispetto di tale obbligo.

2.2.3 Indipendenza delle BCN

Per quanto concerne l’indipendenza della banca centrale, è stato necessario adeguare la normativa nazionale degli Stati membri che hanno aderito all’UE nel 2004, nel 2007 o nel 2013 per renderla conforme alle pertinenti disposizioni del Trattato e dello Statuto e perché fosse in vigore, rispettivamente, il 1° maggio 2004, il 1° gennaio 2007 e il 1° luglio 2013[30]. La Svezia era tenuta ad assicurare l’entrata in vigore dei necessari adeguamenti entro il 1° giugno 1998, data di istituzione del SEBC.

Indipendenza della banca centrale

Nel novembre 1995 l’IME ha predisposto un elenco dei diversi profili di indipendenza della banca centrale (descritti successivamente in dettaglio nel suo Rapporto sulla convergenza del 1998), su cui si è basata la valutazione della normativa nazionale degli Stati membri in quel momento, in particolare degli statuti delle BCN. Il concetto d’indipendenza della banca centrale include vari tipi di indipendenza che devono essere valutati separatamente, ossia: indipendenza funzionale, istituzionale, personale e finanziaria. Negli ultimi anni, nei pareri adottati dalla BCE, l’analisi di tali aspetti dell’indipendenza della banca centrale è stata ulteriormente raffinata. Gli aspetti considerati costituiscono la base per la valutazione del livello di convergenza della normativa nazionale degli Stati membri con deroga rispetto ai trattati e allo Statuto.

Indipendenza funzionale

L’indipendenza della banca centrale non è fine a se stessa, ma è strumentale al conseguimento di un obiettivo chiaramente definito e preminente su ogni altro. L’indipendenza funzionale richiede che l’obiettivo primario di ogni BCN sia fissato in maniera chiara e certa dal punto di vista giuridico e sia pienamente in linea con l’obiettivo primario della stabilità dei prezzi stabilito dal Trattato. Il perseguimento di tale obiettivo è realizzato mettendo a disposizione delle BCN i mezzi e gli strumenti necessari a raggiungerlo, indipendentemente da ogni altra autorità. Il requisito dell’indipendenza della banca centrale sancito dal Trattato rispecchia l’opinione generale che l’obiettivo primario della stabilità dei prezzi è perseguito al meglio da un’istituzione pienamente indipendente, il cui mandato sia definito con precisione. L’indipendenza della banca centrale è pienamente compatibile con la responsabilità delle BCN per le proprie decisioni, aspetto rilevante per rafforzare la fiducia nell’indipendenza dell’istituzione stessa. Ciò implica trasparenza e dialogo con i terzi.

Con riferimento alla tempistica, il Trattato non si è espresso chiaramente in merito a quando le BCN degli Stati membri con deroga debbano conformarsi all’obiettivo primario della stabilità dei prezzi previsto nell’articolo 127, paragrafo 1, e nell’articolo 282, paragrafo 2, del Trattato e nell’articolo 2 dello Statuto. Per gli Stati membri che hanno aderito all’UE dopo la data d’introduzione dell’euro, era controverso se tale obbligo decorresse dalla data di adesione o da quella dell’adozione dell’euro da parte loro. In effetti, mentre l’articolo 127, paragrafo 1, del Trattato non ha effetto riguardo agli Stati membri con deroga (cfr. l’articolo 139, paragrafo 2, lettera c), del Trattato), a essi si applica l’articolo 2 dello Statuto (cfr. l’articolo 42.1 dello Statuto). La BCE è dell’avviso che l’obbligo del mantenimento della stabilità dei prezzi quale obiettivo primario delle BCN decorra dal 1° giugno 1998 per la Svezia e dal 1° maggio 2004, dal 1° gennaio 2007 e dal 1° gennaio 2013 per gli Stati membri che hanno aderito all’UE in tali date. Ciò poiché uno dei principi guida dell’UE, vale a dire la stabilità dei prezzi (articolo 119 del Trattato), si applica anche nei confronti degli Stati membri con deroga. Inoltre, ciò risponde all’obiettivo sancito nel Trattato che tutti gli Stati membri debbano adoperarsi per conseguire una convergenza macroeconomica, compresa la stabilità dei prezzi, che rappresenta la ragione per la quale vengono preparati regolarmente i rapporti della BCE e della Commissione europea. Tale conclusione è corroborata ulteriormente dalla ragion d’essere dell’indipendenza della banca centrale, che è giustificata solo se viene data preminenza all’obiettivo generale della stabilità dei prezzi.

Per quanto attiene ai termini relativi all’obbligo delle BCN degli Stati membri con deroga di assumere come proprio principale obiettivo il mantenimento della stabilità dei prezzi, le valutazioni relative ai singoli paesi contenute nel presente rapporto sono effettuate sulla base delle conclusioni che precedono.

Indipendenza istituzionale

L’indipendenza istituzionale è menzionata nell’articolo 130 del Trattato e nell’articolo 7 dello Statuto. Tali articoli vietano alle BCN e ai membri dei rispettivi organi decisionali di sollecitare o accettare istruzioni dalle istituzioni, dagli organi o dagli organismi dell’UE, dai governi degli Stati membri o da qualsiasi altro organismo. Inoltre, è vietato alle istituzioni, agli organi e agli organismi dell’UE nonché ai governi degli Stati membri dell’Unione di cercare di influenzare i membri degli organi decisionali delle BCN le cui decisioni possano influire sull’assolvimento dei compiti delle BCN relativi al SEBC. Per rispecchiare l’articolo 130 del Trattato e l’articolo 7 dello Statuto, la normativa nazionale dovrebbe al contempo rifletterne i divieti e non restringerne la portata applicativa[31]. Il riconoscimento di tale indipendenza delle banche centrali nazionali non ha come conseguenza quella di esentarle da ogni norma di diritto né di metterle al riparo da qualsiasi tipo di legislazione[32].

Indipendentemente dalla forma giuridica assunta dalla BCN, sia essa un ente statale, un organismo di diritto pubblico o sia semplicemente costituita in forma societaria, vi è il rischio che i titolari, in virtù dei diritti derivanti da tale posizione, possano influenzarne gli organi decisionali in relazione ai compiti assolti nell’ambito del SEBC[33]. Tale influenza, sia essa esercitata tramite i diritti degli azionisti o altrimenti, potrebbe incidere sull’indipendenza di una BCN e dovrebbe pertanto essere limitata a livello normativo.

Il quadro normativo relativo all’attività di banca centrale deve fornire una base stabile e a lungo termine per il funzionamento di una banca centrale. Modifiche frequenti all’assetto istituzionale di una BCN, che incidono sulla sua stabilità organizzativa e gestionale, potrebbero pregiudicarne l’indipendenza istituzionale[34].

L’indipendenza istituzionale dovrebbe essere rispettata anche in casi di emergenza. Soltanto ove ricorrano le condizioni di cui all’articolo 347 del Trattato, le autorità nazionali sono autorizzate a esercitare, in via temporanea ed eccezionale, poteri che ricadono nella competenza esclusiva del SEBC. Il momento decisivo per tale valutazione è quello in cui la misura è adottata. Dato il carattere eccezionale dell’articolo 347 del Trattato, gli Stati membri dovrebbero evitare di adottare norme di prevenzione in assenza delle condizioni imposte da tale articolo[35].

Divieto di impartire istruzioni

Diritti di terzi di impartire istruzioni alle BCN, ai loro organi decisionali o ai loro membri sono incompatibili con il Trattato e con lo Statuto, laddove riguardino compiti del SEBC.

Qualunque coinvolgimento di una BCN nell’attuazione di misure di rafforzamento della stabilità finanziaria deve avvenire nell’osservanza del Trattato, ossia le funzioni delle BCN devono essere assolte in maniera pienamente compatibile con la loro indipendenza funzionale, istituzionale e finanziaria, così da salvaguardare il puntuale assolvimento dei loro compiti ai sensi del Trattato e dello Statuto[36]. Nei limiti in cui la normativa nazionale assegni alla BCN un ruolo che vada oltre le funzioni consultive e richieda l’assunzione di compiti supplementari, è necessario assicurare che tali compiti non incidano sulla capacità della BCN di assolvere i propri compiti relativi al SEBC dal punto di vista operativo e finanziario[37]. Inoltre, ai fini dell’inclusione di rappresentanti della BCN in organi decisionali collegiali di autorità di vigilanza o di altre autorità, si dovrebbe tenere debito conto delle garanzie di indipendenza personale dei membri degli organi decisionali della BCN[38].

Divieto di approvazione, sospensione, annullamento o differimento di decisioni

Diritti di terzi di approvare, sospendere, annullare o differire decisioni di una BCN sono incompatibili con il Trattato e lo Statuto, laddove riguardino compiti del SEBC[39].

Divieto di sindacato sulle decisioni per motivi di legittimità

Il diritto di organi diversi da tribunali indipendenti di sindacare, per motivi di legittimità, decisioni relative alle funzioni assolte nell’ambito del SEBC è incompatibile con il Trattato e lo Statuto, in quanto l’espletamento di tali funzioni non può essere posto in discussione a livello politico. Il diritto del governatore di una BCN di sospendere, per motivi di legittimità, l’attuazione delle decisioni del SEBC o degli organi decisionali di una BCN per sottoporle, quindi, a una decisione finale di autorità politiche equivarrebbe a chiedere istruzioni a soggetti terzi.

Divieto di partecipazione alle riunioni degli organi decisionali di una BCN con diritto di voto

La partecipazione alle riunioni degli organi decisionali di una BCN da parte di rappresentanti di soggetti terzi con diritto di voto su materie concernenti l’assolvimento da parte delle BCN di compiti del SEBC è incompatibile con il Trattato e lo Statuto, anche se tale voto non è decisivo[40]. Tale partecipazione, anche senza diritto di voto, è incompatibile con il Trattato e lo Statuto, ove tale partecipazione interferisca con l’assolvimento di funzioni relative al SEBC da parte di tali organi decisionali o metta a rischio il regime di riservatezza del SEBC[41].

Divieto di consultazione preventiva in merito a decisioni della BCN

Un obbligo statutario che imponga espressamente a una BCN di consultare preventivamente soggetti terzi in merito alle proprie decisioni fornisce a questi ultimi un meccanismo formale per influire sulle decisioni finali ed è quindi incompatibile con il Trattato e lo Statuto.

Tuttavia, anche quando è basato sull’obbligo statutario di fornire informazioni e scambiare opinioni, il dialogo fra una BCN e i soggetti terzi è compatibile con l’indipendenza della banca centrale, purché:

  • ciò non interferisca con l’indipendenza dei membri degli organi decisionali della BCN;
  • lo status particolare dei governatori nel loro ruolo di membri degli organi decisionali della BCE sia pienamente rispettato; e
  • siano osservati gli obblighi di riservatezza imposti dallo Statuto[42].

Assolvimento di funzioni di pertinenza dei membri degli organi decisionali della BCN

Le disposizioni statutarie concernenti l’adempimento da parte di terzi (ad esempio i governi) di funzioni di pertinenza dei membri degli organi decisionali delle BCN (ad esempio in relazione ai conti finanziari) dovrebbero essere integrate da opportune clausole di salvaguardia, affinché tale potere non leda la capacità del singolo membro della BCN di prendere in maniera indipendente decisioni relative ai compiti del SEBC (ovvero di attuare decisioni adottate nell’ambito del SEBC). Si raccomanda quindi di includere negli statuti delle BCN un’espressa disposizione in questo senso.

Indipendenza personale

L’articolo 130 del Trattato e gli articoli 7 e 14.2 dello Statuto rafforzano ulteriormente l’indipendenza della banca centrale in relazione ai governatori e ai membri degli organi decisionali delle BCN. I governatori sono membri del Consiglio generale della BCE e divengono membri del suo Consiglio direttivo a seguito dell’adozione dell’euro da parte dei rispettivi Stati membri. I governatori non possono essere considerati come rappresentanti di uno stato membro mentre svolgono i loro compiti come membri del Consiglio direttivo o del Consiglio generale della BCE[43]. L’articolo 14.2 dello Statuto dispone che gli statuti delle BCN debbano prevedere, in particolare, un termine minimo di cinque anni di permanenza in carica per i governatori. Tale disposizione fornisce altresì una tutela contro i casi in cui il governatore sia arbitrariamente sollevato dall’incarico, sancendo che questi possa essere sollevato dall’incarico solo qualora non soddisfi più le condizioni necessarie per l’espletamento delle sue funzioni o qualora sia stato riconosciuto colpevole di gravi mancanze. In tali casi, l’articolo 14.2 dello Statuto prevede la possibilità di adire la Corte di giustizia dell’Unione europea, la quale ha il potere di annullare la decisione nazionale adottata per sollevare il governatore dall’incarico[44]. La sospensione di un governatore può equivalere a sollevarlo dall’incarico ai fini dell’articolo 14.2 dello Statuto[45]. Gli statuti delle BCN devono essere conformi a tale disposizione, come illustrato di seguito.

L’articolo 130 del Trattato vieta ai governi nazionali e a ogni altro organo di influenzare i membri degli organi decisionali delle BCN nell’assolvimento dei loro compiti. In particolare, gli Stati membri non possono tentare di influenzare i membri degli organi decisionali di una BCN apportando modifiche alla normativa nazionale che incidano sulla loro remunerazione, e che, in linea di principio, dovrebbero applicarsi solo alle future nomine[46].

Termine minimo di permanenza in carica dei governatori

Ai sensi dell’articolo 14.2 dello Statuto, gli statuti delle BCN devono prevedere per il governatore un termine minimo di permanenza in carica pari a cinque anni. Ciò non esclude che la durata del mandato possa essere più lunga; nel caso in cui sia a tempo indeterminato, non è necessario adeguare lo statuto se i motivi per i quali un governatore può essere sollevato dall’incarico sono in linea con quelli previsti dall’articolo 14.2 dello Statuto. Non possono essere giustificati periodi più brevi anche se applicati durante un periodo transitorio[47]. Una normativa nazionale che fissi l’età per il pensionamento obbligatorio dovrebbe assicurare che essa non interrompa il termine minimo di permanenza in carica previsto dall’articolo 14.2 dello Statuto, il quale prevale sul pensionamento obbligatorio, ove applicabile a un governatore[48]. Qualora gli statuti delle BCN siano modificati, la modifica dovrebbe garantire la continuità del mandato del governatore e degli altri membri degli organi decisionali coinvolti nell’espletamento dei compiti del SEBC[49].

Condizioni per sollevare i governatori dall’incarico

Gli statuti delle BCN devono assicurare che un governatore non possa essere sollevato dall’incarico per cause diverse da quelle previste dall’articolo 14.2 dello Statuto. La finalità della prescrizione di cui a tale articolo è quella di evitare che le autorità coinvolte nella nomina dei governatori, in particolare il governo o il parlamento, revochino in modo discrezionale la carica di un governatore. Gli statuti delle BCN dovrebbero rimuovere ogni incompatibilità in relazione alle cause per sollevare dall’incarico di cui all’articolo 14.2 dello Statuto, ovvero omettere di farne menzione (dal momento che il predetto articolo è direttamente applicabile)[50]. Una volta eletti o nominati, i governatori non possono essere sollevati dall’incarico per cause diverse da quelle menzionate all’articolo 14.2 dello Statuto, anche se non erano ancora entrati in servizio. Dato che le condizioni in presenza delle quali un governatore può essere sollevato dall’incarico costituiscono nozioni autonome di diritto dell’Unione, la loro applicazione e la loro interpretazione non dipendono dai contesti nazionali[51]. In definitiva, spetta alla Corte di giustizia dell’Unione europea, in conformità ai poteri conferitile dal secondo comma dell’articolo 14.2 dello Statuto, interpretare questi concetti[52].

Garanzie di permanenza in carica dei membri degli organi decisionali delle BCN, diversi dai governatori, coinvolti nell’espletamento di funzioni proprie del SEBC e ragioni per sollevarli dall’incarico

Applicare le stesse regole relative alle garanzie di permanenza in carica e le cause per sollevare dall’incarico relative ai governatori ad altri membri degli organi decisionali delle BCN coinvolti nell’assolvimento dei compiti del SEBC garantirà anche l’indipendenza personale di tali soggetti[53]. L’articolo 130 del Trattato e l’articolo 7 dello Statuto fanno riferimento ai “membri degli organi decisionali” delle BCN invece che ai governatori nello specifico. Ciò vale in particolare ove un governatore sia “primus inter pares” rispetto a colleghi con pari diritto di voto oppure ove tali altri membri siano coinvolti nell’assolvimento dei compiti del SEBC.

Controllo giurisdizionale

I governatori e gli altri membri degli organi decisionali delle BCN devono avere il diritto di sottoporre la decisione di sollevarli dall’incarico a un tribunale indipendente, al fine di limitare il potere discrezionale delle autorità politiche nella valutazione dei motivi di tale decisione.

L’articolo 14.2 dello Statuto stabilisce che i governatori sollevati dall’incarico possono portare la relativa decisione dinanzi alla Corte di giustizia dell’Unione europea. La Corte di giustizia dell’Unione europea ha il potere di annullare la misura nazionale di sollevamento dall’incarico ove si accerti che è contraria al diritto dell’Unione.

In base all’articolo 130 del Trattato e all’articolo 7 dello Statuto, la normativa nazionale dovrebbe prevedere il diritto di sottoporre alla verifica dei tribunali nazionali le decisioni di sollevare dall’incarico i membri degli organi decisionali della BCN (diversi dai governatori) coinvolti nell’assolvimento dei compiti propri del SEBC[54]. Tale diritto può costituire un principio generale di diritto ovvero assumere la forma di una disposizione specifica. Anche qualora si possa affermare che i principi generali del diritto già contemplano un diritto al controllo giurisdizionale, per esigenze di certezza giuridica, potrebbe essere opportuno introdurre una specifica previsione in tal senso.

Tutele contro le ipotesi di conflitto di interessi

L’indipendenza personale comporta anche l’esigenza di assicurare che non sorgano conflitti di interessi tra i compiti dei membri degli organi decisionali delle BCN coinvolti nell’espletamento dei compiti del SEBC in relazione alle rispettive BCN (nonché dei governatori anche in relazione alla BCE) ed eventuali altre funzioni che tali membri possono essere chiamati a svolgere e che potrebbero comprometterne l’indipendenza personale[55]. In linea di principio, l’appartenenza a un organo decisionale coinvolto nell’espletamento di compiti del SEBC è incompatibile con l’esercizio di altre funzioni suscettibili di determinare un conflitto di interessi. In particolare, i membri di tali organi non possono ricoprire una carica o avere interessi suscettibili di influenzare le attività da essi svolte, mediante cariche nel ramo esecutivo o legislativo dello Stato, o in altre amministrazioni pubbliche a livello regionale o locale, o ancora tramite cariche in imprese private. Particolare cura andrebbe inoltre rivolta alla prevenzione di potenziali conflitti di interesse da parte di membri non esecutivi degli organi decisionali.

Indipendenza finanziaria

L’indipendenza complessiva di una BCN potrebbe essere messa a repentaglio se essa non potesse reperire autonomamente risorse finanziarie sufficienti a espletare il proprio mandato, ossia assolvere i compiti del SEBC cui è tenuta in virtù del Trattato e dello Statuto[56].

Gli Stati membri non possono mettere le rispettive BCN nella condizione di non disporre di risorse finanziarie o di un patrimonio netto sufficienti[57] ad assolvere i compiti del SEBC o, a seconda dei casi, dell’Eurosistema. Ciò si verificherebbe se, ad esempio, a una BCN fosse impedito di accumulare adeguate risorse finanziarie sotto forma di riserve per compensare le perdite, in particolare quelle derivanti dalle operazioni di politica monetaria, e se gli Stati membri interessati non garantissero in anticipo che la BCN disponga dei fondi necessari per sostenere l’onere finanziario derivante dallo svolgimento di una funzione che non rientra nell’ambito del SEBC (come i fondi necessari per essere in grado di pagare i risarcimenti derivanti dal regime di responsabilità per tale funzione), conservando al contempo la sua capacità di adempiere in modo efficace e in piena indipendenza i propri compiti nell’ambito del SEBC[58]. Si noti che gli articoli 28.1 e 30.4 dello Statuto prevedono la possibilità che la BCE richieda alle BCN di contribuire ulteriormente al capitale della BCE e di effettuare ulteriori trasferimenti di riserve in valuta[59]. Inoltre, l’articolo 33.2 dello Statuto dispone[60] che, qualora la BCE subisca una perdita che non possa essere interamente coperta dal fondo di riserva generale, il Consiglio direttivo della BCE può decidere di compensare la perdita residua con il reddito monetario dell’esercizio finanziario pertinente, in proporzione e nei limiti degli importi ripartiti tra le BCN. Secondo il principio dell’indipendenza finanziaria, il rispetto di tali disposizioni richiede che la capacità di una BCN di adempiere alle proprie funzioni non sia pregiudicata.

Per tutte le ragioni predette, l’indipendenza finanziaria richiede anche che una BCN sia sempre sufficientemente capitalizzata. In particolare, si dovrebbero evitare situazioni in cui il capitale netto di una BCN sia, per un periodo di tempo prolungato, inferiore al suo capitale sociale o addirittura negativo, anche nel caso in cui le perdite rispetto al livello di capitale e le riserve siano soggette a riporto[61]. Una tale situazione potrebbe avere un impatto negativo sulla capacità della BCN di assolvere i compiti del SEBC. Inoltre, potrebbe essere minata la credibilità della politica monetaria dell’Eurosistema. Pertanto, l’eventualità che il capitale netto di una BCN sia inferiore al suo capitale sociale, o addirittura negativo, richiederebbe al rispettivo Stato membro di mettere a disposizione della BCN una quantità di capitale adeguata almeno fino al livello del capitale sociale entro un periodo di tempo ragionevole, in modo da rispettare il principio dell’indipendenza finanziaria. Per quanto riguarda la BCE, l’importanza di tale questione è stata già riconosciuta dal Consiglio mediante l’adozione del Regolamento (CE) n. 1009/2000 del Consiglio, dell’8 maggio 2000, relativo agli aumenti di capitale della Banca centrale europea[62]. Esso ha permesso al Consiglio direttivo della BCE di decidere un aumento effettivo del capitale della BCE al fine di mantenere l’adeguatezza della base di patrimoniale necessaria a sostenerne le operazioni[63]; le BCN dovrebbero essere finanziariamente capaci di dare attuazione a una decisione della BCE in tal senso.

Nel valutare l’indipendenza finanziaria è necessario verificare se un soggetto terzo abbia modo di esercitare un’influenza diretta o indiretta non solo sulle funzioni della BCN relative al SEBC, ma anche sulla sua capacità di assolvere il proprio mandato, intesa come capacità finanziaria, in termini di adeguati mezzi economici. Al riguardo i profili di indipendenza finanziaria di seguito elencati sono particolarmente rilevanti[64]. Essi costituiscono i profili di indipendenza finanziaria per i quali le BCN sono più vulnerabili all’influenza esterna.

Determinazione del bilancio

La facoltà di un soggetto terzo di determinare o di influire sul bilancio preventivo di una BCN è incompatibile con il principio di indipendenza finanziaria, a meno che una disposizione legislativa non stabilisca che tale facoltà non pregiudica i mezzi finanziari necessari alla BCN per svolgere i compiti del SEBC[65].

Principi contabili

I conti devono essere redatti conformemente ai principi contabili generali o in base a criteri specifici individuati dagli organi decisionali delle BCN. Qualora, invece, tali principi siano stabiliti da soggetti terzi, allora essi dovrebbero quantomeno tenere in considerazione le proposte degli organi decisionali delle BCN.

I conti annuali dovrebbero essere adottati dagli organi decisionali delle BCN, assistiti da esperti contabili indipendenti, e possono essere sottoposti all’approvazione a posteriori di soggetti terzi (ad esempio il governo o il parlamento). Gli organi decisionali della BCN dovrebbero essere in grado di decidere i criteri di calcolo degli utili in maniera indipendente e professionale.

Qualora le operazioni di una BCN siano sottoposte al controllo dell’ente statale di revisione o di un organo analogo preposto alla verifica dell’impiego delle finanze pubbliche, la portata di tale verifica dovrebbe essere chiaramente definita a livello normativo[66], non dovrebbe pregiudicare l’attività svolta dai revisori esterni indipendenti della BCN[67] e inoltre, in linea con il principio di indipendenza istituzionale, dovrebbe rispettare il divieto di impartire istruzioni a una BCN e ai suoi organi decisionali e non interferire con le funzioni della BCN connesse alla partecipazione al SEBC[68]. La revisione statale è effettuata su base non politica, indipendente e puramente professionale[69].

Distribuzione degli utili, capitale della BCN e accantonamenti

Per quanto concerne la distribuzione degli utili, lo statuto di una BCN può stabilirne le modalità. In mancanza di disposizioni al riguardo, le decisioni relative alla distribuzione degli utili dovrebbero essere assunte dagli organi decisionali della BCN in modo professionale e non dovrebbero essere soggette alla discrezionalità di terzi, a meno che non vi sia una clausola di salvaguardia espressa che garantisca che ciò non pregiudica i mezzi finanziari necessari a espletare le funzioni della BCN connesse al SEBC[70].

I profitti possono essere distribuiti al bilancio dello Stato solo dopo che le eventuali perdite accumulate dagli esercizi precedenti siano state ripianate e siano stati costituiti gli accantonamenti finanziari ritenuti necessari a salvaguardare il valore reale del capitale e delle attività della BCN[71]. Provvedimenti legislativi ad hoc o provvisori che impartiscano istruzioni alle BCN in relazione alla distribuzione dei rispettivi profitti non sono ammissibili[72]. Analogamente, anche una tassa sulle plusvalenze non realizzate comporterebbe un pregiudizio all’indipendenza finanziaria[73].

Uno Stato membro non può imporre riduzioni di capitale alla BCN senza il previo consenso dei suoi organi decisionali, che deve essere diretto a garantire che vengano preservate le risorse finanziarie necessarie a espletare il suo mandato di membro del SEBC, conformemente all’articolo 127, paragrafo 2, del Trattato e allo Statuto. Per la stessa ragione, qualunque modifica alle norme sulla distribuzione dei profitti di una BCN dovrebbe essere avviata e decisa in cooperazione con la BCN, che è in condizione di valutare al meglio il livello richiesto del suo capitale di riserva[74]. Per quanto riguarda gli accantonamenti finanziari o le riserve, le BCN devono essere libere di costituire autonomamente accantonamenti finanziari per salvaguardare il valore reale del proprio capitale e delle proprie attività. Gli Stati membri non possono ostacolare le BCN nella costituzione del loro capitale di riserva al livello necessario a un membro del SEBC per l’adempimento dei propri compiti[75].

Responsabilità finanziaria per le autorità di vigilanza

Nella maggior parte degli Stati membri l’autorità preposta alla vigilanza finanziaria è istituita in seno alla BCN. Ciò non crea alcun problema se tale autorità è sottoposta al processo decisionale indipendente della BCN. Tuttavia, ove la legge disponga che essa operi attraverso un processo decisionale distinto, è importante assicurare che le sue deliberazioni non mettano complessivamente a rischio le finanze della BCN. In questi casi la normativa nazionale dovrebbe attribuire alla BCN la facoltà di esaminare in ultima istanza le decisioni dell’autorità di vigilanza suscettibili di incidere sulla sua indipendenza, in particolare sotto il profilo finanziario[76].

Autonomia in materia di personale

Gli Stati membri non possono pregiudicare la capacità di una BCN di assumere e mantenere il personale qualificato necessario a svolgere in maniera autonoma i compiti a essa conferiti dal Trattato e dallo Statuto[77]. Inoltre, una BCN non può essere posta nella condizione di avere un controllo limitato o nullo sul proprio personale o di subire l’influenza del governo di uno Stato membro rispetto alle proprie politiche in materia di personale[78]. Ogni modifica a disposizioni legislative in materia di remunerazione dei membri degli organismi decisionali di una BCN e del suo personale dovrebbe essere decisa in stretta ed effettiva cooperazione con la BCN[79], tenendo debito conto del suo parere, al fine di assicurare la capacità della BCN di espletare in modo continuativo le sue funzioni in maniera indipendente[80]. L’autonomia in materia di personale si estende a questioni inerenti le pensioni degli impiegati. Inoltre, modifiche che determinano una riduzione della remunerazione del personale di una BCN non dovrebbero interferire con il potere della BCN di amministrare le proprie risorse finanziarie, compresi i fondi rivenienti dalla riduzione degli stipendi corrisposti[81].

Proprietà e diritti proprietari

I diritti dei terzi di intervenire o impartire istruzioni nei confronti di una BCN in relazione alle sue proprietà sono incompatibili con il principio di indipendenza finanziaria.

2.2.4 Riservatezza

L’obbligo del segreto professionale cui sono tenuti il personale e i membri degli organi decisionali della BCE e delle BCN, sancito dall’articolo 37 dello Statuto, può dare origine a disposizioni analoghe negli statuti delle BCN o nelle legislazioni degli Stati membri. La preminenza del diritto dell’Unione e delle normative adottate nel suo ambito implica altresì che le leggi nazionali relative all’accesso a documenti da parte di terzi debbano rispettare le pertinenti disposizioni del diritto dell’Unione, incluso l’articolo 37 dello Statuto, e non possano comportare violazioni del regime di riservatezza del SEBC[82]. L’accesso da parte di un ufficio di revisione statale o di un organismo analogo a informazioni e documenti riservati di una BCN deve essere limitato a quanto è necessario ad adempiere ai compiti di legge dell’organismo che riceve le informazioni e deve aver luogo senza pregiudicare il regime di riservatezza del SEBC a cui sono soggetti i membri degli organi decisionali e il personale delle BCN[83]. Le BCN dovrebbero assicurare che tali soggetti proteggano la riservatezza delle informazioni e della documentazione forniti a un livello corrispondente a quello applicato dalle BCN.

2.2.5 Divieto di finanziamento monetario e accesso privilegiato

Con riguardo al divieto di finanziamento monetario e di accesso privilegiato, la normativa nazionale degli Stati membri che hanno aderito all’UE nel 2004, nel 2007 o nel 2013 ha dovuto essere adeguata per renderla conforme alle pertinenti disposizioni del Trattato e dello Statuto e risultare in vigore rispettivamente il 1° maggio 2004, il 1° gennaio 2007 e il 1° luglio 2013. La Svezia era tenuta ad assicurare l’entrata in vigore dei necessari adeguamenti entro il 1°gennaio 1995.

Divieto di finanziamento monetario

L’articolo 123, paragrafo 1, del Trattato proibisce la concessione di scoperti di conto o qualsiasi altra forma di facilitazione creditizia da parte della BCE o da parte delle BCN a istituzioni, organi o organismi dell’UE, alle amministrazioni statali, agli enti regionali, locali o altri enti pubblici, ad altri organismi di diritto pubblico o a imprese pubbliche degli Stati membri.

La norma proibisce anche l’acquisto diretto presso tali soggetti di diritto pubblico di titoli di debito da parte della BCE o delle BCN. Il Trattato prevede un’eccezione a tale divieto di finanziamento monetario: esso non si applica agli enti creditizi di proprietà pubblica che, nel contesto dell’offerta di liquidità da parte delle banche centrali, devono ricevere lo stesso trattamento degli enti creditizi privati (articolo 123, paragrafo 2, del Trattato). L’esatto ambito di applicazione del divieto di finanziamento monetario è chiarito ulteriormente dal Regolamento (CE) n. 3603/93 del Consiglio, del 13 dicembre 1993, che precisa le definizioni necessarie all’applicazione dei divieti enunciati agli articoli 104 e 104 B, paragrafo 1, del Trattato[84], in virtù del quale il divieto include qualunque finanziamento degli impegni assunti dal settore pubblico nei confronti dei terzi.

Il divieto di finanziamento monetario è volto a incoraggiare gli Stati membri a perseguire una sana politica di bilancio, impedendo che il finanziamento monetario dei disavanzi pubblici o l’accesso privilegiato delle autorità pubbliche ai mercati finanziari determini livelli di debito eccessivamente elevati oppure disavanzi eccessivi per gli Stati membri[85]. Tale divieto deve pertanto essere interpretato estensivamente in modo da assicurare una sua rigorosa applicazione ed è soggetto solo ad alcune limitate esenzioni contenute nell’articolo 123, paragrafo 2, del Trattato e nel Regolamento (CE) n. 3603/93. Così, se anche l’articolo 123, paragrafo 1, fa riferimento specificamente alla “facilitazione creditizia”, vale a dire ai casi in cui è previsto l’obbligo di rimborsare i fondi, il divieto può essere applicato a maggior ragione ad altre forme di finanziamento, ossia ai casi in cui manca l’obbligo di rimborso.

La BCE ha sviluppato un proprio orientamento generale sulla compatibilità della normativa nazionale con il divieto in questione, principalmente nel contesto dei pareri resi agli Stati membri su progetti di disposizioni legislative, ai sensi degli articoli 127, paragrafo 4, e 282, paragrafo 5, del Trattato[86].

Normativa nazionale relativa all’ambito di applicazione del divieto di finanziamento monetario

La normativa nazionale non può restringere l’ambito di applicazione del divieto di finanziamento monetario o ampliare le eccezioni previste dal diritto dell’Unione. Ad esempio, una normativa nazionale che preveda il finanziamento da parte della BCN di impegni finanziari di uno Stato membro nei confronti di istituzioni finanziarie internazionali o di paesi terzi è, in linea di principio, incompatibile con il divieto di finanziamento monetario. A titolo di eccezione, il Regolamento (CE) n. 3603/93 consente il finanziamento degli impegni assunti dal settore pubblico nei confronti dell’FMI da parte delle BCN, purché si traduca in crediti esteri che hanno tutte le caratteristiche di attività di riserva[87]. Le caratteristiche rilevanti per determinare la qualità delle attività di riserva dei crediti riguardano la loro disponibilità per soddisfare le necessità di finanziamento della bilancia dei pagamenti e altre finalità collegate, il che comporta che ne debbano essere assicurate la qualità creditizia e la liquidità dei crediti[88].

Normativa nazionale che conferisce compiti alle BCN

La normativa nazionale che conferisce compiti alle BCN non può comportare alcun finanziamento degli impegni assunti dal settore pubblico nei confronti dei terzi. In conformità all’articolo 14.4 dello Statuto, le BCN possono svolgere funzioni diverse da quelle specificate nello Statuto, a meno che il Consiglio direttivo non decida che queste funzioni interferiscono con gli obiettivi e i compiti del SEBC. Se uno Stato membro assegna tale funzione alla propria BCN, quest’ultima è responsabile dello svolgimento di tale funzione. Ciononostante, quando definiscono la responsabilità di una BCN in relazione a tale funzione, gli Stati membri sono tenuti a rispettare i loro obblighi derivanti dal diritto dell’Unione e, in particolare, dall’articolo 123, paragrafo 1, del Trattato[89].

L’articolo 1, paragrafo 1, lettera b) del Regolamento (CE) n. 3603/93 del Consiglio definisce il termine “altra forma di facilitazione creditizia” ai fini dell’articolo 123 del Trattato come, tra l’altro, qualsiasi finanziamento di obbligazioni del settore pubblico nei confronti di terzi. Pertanto, la BCN in questione non deve assumere alcuna obbligazione nei confronti di terzi che potrebbe gravare sul settore pubblico. Di conseguenza, la BCN in questione non finanzia impegni preesistenti nei confronti di terzi che gravano su altre autorità pubbliche o altri enti pubblici e l’effettivo finanziamento degli impegni nei confronti di terzi da parte della BCN in questione non deve risultare direttamente dalle misure adottate o dalle scelte di politica effettuate da altre autorità pubbliche o da altri enti pubblici[90].

Distribuzione anticipata di profitti di banca centrale

La normativa nazionale può non imporre la distribuzione dei profitti di banca centrale non ancora realizzati, contabilizzati e sottoposti a revisione. Per rispettare il divieto di finanziamento monetario, l’importo distribuito al bilancio dello Stato ai sensi delle norme applicabili concernenti la distribuzione dei profitti non può essere versato, neppure parzialmente, a valere sul capitale di riserva della BCN. Pertanto, le norme sulla distribuzione dei profitti non dovrebbero incidere sul capitale di riserva della BCN. Inoltre, ove attività di una BCN siano trasferite allo Stato, queste devono essere remunerate al valore di mercato e il trasferimento dovrebbe avere luogo contemporaneamente al pagamento del corrispettivo[91].

Allo stesso modo, non è consentito intervenire sull’adempimento di altri compiti dell’Eurosistema, come la gestione delle riserve in valuta estera, mediante la tassazione delle plusvalenze teoriche non realizzate poiché ciò equivarrebbe a una forma di credito di banca centrale al settore pubblico attraverso la distribuzione anticipata di profitti incerti e futuri[92].

Assunzione di passività del settore pubblico

Una normativa nazionale che imponga a una BCN di assumere le passività di un organismo pubblico precedentemente indipendente all’esito di una riorganizzazione a livello nazionale di taluni compiti e funzioni (ad esempio, nel quadro del trasferimento alla BCN di taluni compiti in materia di vigilanza precedentemente assolti dallo Stato o da autorità od organi pubblici indipendenti), senza isolare completamente la BCN da tutti gli obblighi di natura finanziaria derivanti dalle attività precedentemente svolte da tale organismo, sarebbe incompatibile con il divieto di finanziamento monetario[93].

La normativa nazionale che ritiene una BCN responsabile a causa dello svolgimento di un compito a essa attribuito in base al diritto nazionale comporterebbe l’assunzione di un impegno preesistente nei confronti di terzi e non sarebbe compatibile con il divieto di finanziamento monetario se i terzi che hanno subito un danno non fossero compensati in conseguenza delle azioni della BCN, ossia la violazione da parte della BCN delle norme che essa deve rispettare in tale contesto[94]. Inoltre, in caso di compiti che necessitano dell’attuazione di misure altamente complesse e urgenti, come quelli relativi alla riorganizzazione o alla risoluzione delle banche, la normativa nazionale che ritiene una BCN responsabile a causa dello svolgimento di tali compiti comporterebbe il finanziamento effettivo di impegni nei confronti di terzi se la responsabilità della BCN non fosse limitata a violazioni di carattere grave delle norme che essa deve rispettare in tale contesto[95].

Sostegno finanziario a enti creditizi e/o istituzioni finanziarie

La normativa nazionale che prevede il finanziamento da parte di una BCN, anche se concesso in modo indipendente e a propria completa discrezione, di un ente creditizio e/o di altre istituzioni finanziarie insolventi sarebbe incompatibile con il divieto di finanziamento monetario.

Le medesime preoccupazioni si estendono al finanziamento da parte dell’Eurosistema di un ente creditizio che sia stato ricapitalizzato al fine di ripristinarne la solvibilità, tramite collocamento diretto di strumenti di debito emessi dal governo, qualora non sussistano fonti alternative di finanziamento sul mercato (di seguito ‘titoli di debito emessi per la ricapitalizzazione’) e qualora detti titoli debbano essere usati quali garanzie. In tale ipotesi di ricapitalizzazione di un ente creditizio da parte dello Stato tramite collocamento diretto di titoli di debito emessi per la ricapitalizzazione, il successivo utilizzo di tali titoli quali garanzie nelle operazioni di liquidità di banca centrale solleva problemi di finanziamento monetario[96]. I finanziamenti volti a fronteggiare gravi crisi di liquidità, erogati da una BCN in maniera indipendente e pienamente discrezionale a un ente creditizio solvibile sulla base di una garanzia finanziaria statale, devono rispettare le seguenti condizioni: (a) è necessario assicurare che il credito concesso dalla BCN sia il più possibile a breve termine; (b) devono essere in gioco profili di stabilità a livello sistemico; (c) non devono sussistere dubbi circa la validità e l’efficacia giuridica della garanzia statale ai sensi del diritto nazionale applicabile; e (d) non devono sussistere dubbi circa l’adeguatezza sotto il profilo economico della garanzia statale, che dovrebbe coprire sia il capitale sia gli interessi sui prestiti[97].

Sostegno finanziario ai fondi o meccanismi finanziari di risoluzione e ai sistemi di garanzia dei depositi o di indennizzo degli investitori

Il finanziamento da parte di una BCN di un fondo di risoluzione o di un fondo di garanzia dei depositi che si configura come un “organismo di diritto pubblico” nell’accezione di cui all’articolo 123, paragrafo 1, del Trattato è incompatibile con il divieto di finanziamento monetario. Un organismo si configura come “di diritto pubblico” ove presenti tutte le seguenti caratteristiche: (a) è istituito allo scopo di soddisfare specificatamente esigenze di interesse generale non aventi carattere industriale o commerciale; (b) è dotato di personalità giuridica; e (c) dipende strettamente dagli enti del settore pubblico di cui all’articolo 123, paragrafo 1, del Trattato. Si presume una stretta dipendenza da tali enti del settore pubblico quando un organismo è finanziato in modo maggioritario da tali enti, ovvero la sua gestione è soggetta alla vigilanza di tali enti, ovvero è di un organo di amministrazione, di direzione o di vigilanza in cui più della metà dei membri è designata da tali enti[98].

Anche qualora il finanziamento non sia concesso a un “organismo di diritto pubblico”, il finanziamento di fondi o meccanismi finanziari di risoluzione non è in linea con il divieto di finanziamento monetario[99]. Qualora una BCN funga da autorità di risoluzione, essa non dovrebbe in alcun caso assumere o finanziare obblighi di un ente‑ponte o di una società veicolo per la gestione delle attività[100]. A tal fine, la normativa nazionale dovrebbe precisare che la BCN non assumerà né finanzierà gli obblighi di tali enti[101].

La direttiva relativa ai sistemi di garanzia dei depositi[102] e quella relativa ai sistemi di indennizzo degli investitori[103] dispongono che i costi del finanziamento di tali sistemi debbano essere sostenuti, rispettivamente, dagli stessi enti creditizi e dalle imprese di investimento. Eccezion fatta per il finanziamento di un “organismo di diritto pubblico”, una normativa nazionale che prevedesse il finanziamento da parte di una BCN di un sistema nazionale di garanzia dei depositi per gli enti creditizi o di un sistema nazionale di indennizzo degli investitori per le imprese di investimento sarebbe compatibile con il divieto di finanziamento monetario solo ove fosse a breve termine, fosse destinato a fronteggiare situazioni di urgenza, fossero in gioco aspetti di stabilità sistemica e le decisioni fossero rimesse alla discrezionalità della BCN[104]. In particolare, il sostegno, da parte della banca centrale, a sistemi di garanzia dei depositi non dovrebbe risolversi in un’operazione sistematica di finanziamento anticipato[105].

Funzione di agenzia finanziaria

L’articolo 21.2 dello Statuto dispone che “la BCE e le banche centrali nazionali possono operare come agenti finanziari” per istituzioni, organi o organismi dell’Unione, amministrazioni statali, enti regionali, locali o altri enti pubblici, altri organismi del settore pubblico o imprese pubbliche degli Stati membri. La finalità dell’articolo 21.2 dello Statuto è quella di chiarire che le BCN, a seguito del trasferimento della funzione di politica monetaria all’Eurosistema, possono continuare a svolgere il servizio di agente finanziario tradizionalmente fornito dalle banche centrali ai governi e ad altri enti pubblici, senza violare automaticamente il divieto di finanziamento monetario. Inoltre, il Regolamento (CE) n. 3603/93 individua un numero di esenzioni espresse e circoscritte rispetto al divieto di finanziamento monetario in relazione alla funzione di agenzia finanziaria: (a) è ammessa la concessione di crediti infragiornalieri al settore pubblico purché essi restino limitati alla giornata e non sia consentita alcuna proroga[106]; (b) è ammesso l’accredito sul conto del settore pubblico di assegni emessi da terzi prima del loro addebito alla banca trattaria, quando sia trascorso un intervallo di tempo prefissato corrispondente al termine normale di riscossione degli assegni da parte della BCN interessata, a condizione che l’eventuale saldo che ne derivi sia eccezionale, sia limitato a un importo modesto e si annulli entro breve termine[107]; (c) è ammessa la detenzione di monete metalliche emesse dal settore pubblico e accreditate sul suo conto, se l’importo di tale credito rimanga inferiore al 10 per cento delle monete metalliche in circolazione[108].

Una normativa nazionale relativa alla funzione di agenzia finanziaria dovrebbe essere compatibile con il diritto dell’UE, in generale, e con il divieto di finanziamento monetario, in particolare[109]. Tenuto conto dell’espresso riconoscimento, da parte dell’articolo 21.2 dello Statuto, dello svolgimento dei servizi di agenzia finanziaria, che è una funzione legittima tradizionalmente espletata dalle BCN, lo svolgimento dei servizi di agenzia finanziaria rispetta il divieto di finanziamento monetario, purché tali servizi non esulino dalla funzione di agenzia finanziaria e non costituiscano finanziamento, da parte della banca centrale, di obbligazioni del settore pubblico nei confronti di terzi o concessione di credito della banca centrale al settore pubblico, al di fuori delle limitate eccezioni previste dal Regolamento (CE) n. 3603/93[110]. Una normativa nazionale che permetta a una BCN di detenere depositi di amministrazioni pubbliche e prestare servizi relativi a conti di amministrazioni pubbliche non desta preoccupazioni dal punto di vista del rispetto del divieto di finanziamento monetario, purché tali disposizioni non consentano un’estensione di credito, inclusi scoperti sul conto overnight. Tuttavia, dubbi sulla compatibilità con il divieto di finanziamento monetario possono sorgere, ad esempio, qualora la normativa nazionale consenta una remunerazione dei depositi o dei saldi di conto corrente in misura superiore ai tassi di mercato, anziché pari o inferiore. Una remunerazione superiore ai tassi di mercato costituisce un credito de facto, contrario al fine perseguito dal divieto di finanziamento monetario, e potrebbe pertanto ostacolare tale fine. È essenziale che qualsiasi remunerazione di un conto rispecchi parametri di mercato ed è di particolare importanza che il tasso di remunerazione dei depositi sia correlato alla loro scadenza[111]. Inoltre, la prestazione da parte di una BCN di servizi di agenzia finanziaria senza remunerazione non desta preoccupazioni dal punto di vista del finanziamento monetario, purché si tratti di servizi fondamentali di agenzia finanziaria[112].

Divieto di accesso privilegiato

L’articolo 124 del Trattato vieta “qualsiasi misura, non basata su considerazioni prudenziali, che offra alle istituzioni, agli organi o agli organismi dell’Unione, alle amministrazioni statali, agli enti regionali, locali o altri enti pubblici, ad altri organismi di diritto pubblico o a imprese pubbliche degli Stati membri un accesso privilegiato alle istituzioni finanziarie”. Come il divieto di finanziamento monetario, il divieto di accesso privilegiato è volto a incoraggiare gli Stati membri a perseguire una sana politica di bilancio, impedendo che il finanziamento monetario dei disavanzi pubblici o l’accesso privilegiato delle autorità pubbliche ai mercati finanziari determini livelli di debito eccessivamente elevati oppure disavanzi eccessivi per gli Stati membri[113].

Ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1 del Regolamento (CE) n. 3604/93 del Consiglio[114], si intende per accesso privilegiato qualsiasi disposizione legislativa o regolamentare o qualsiasi atto giuridico di natura vincolante adottato nell’esercizio della pubblica autorità: (a) che obblighi le istituzioni finanziarie ad acquisire o a detenere titoli di debito di istituzioni o organi della Comunità, di amministrazioni centrali, di autorità regionali o locali, di altre autorità pubbliche o di altri organismi o imprese pubbliche degli Stati membri oppure (b) che conceda vantaggi fiscali di cui beneficiano unicamente le istituzioni finanziarie, o vantaggi finanziari non conformi ai principi di un’economia di mercato, al fine di favorire l’acquisizione o la detenzione di tali titoli di debito da parte di dette istituzioni.

In quanto autorità pubbliche, le BCN non possono adottare misure che concedano al settore pubblico l’accesso privilegiato alle istituzioni finanziarie, se tali misure non siano fondate su considerazioni prudenziali. Inoltre, le norme relative alla mobilizzazione o alla costituzione in pegno di strumenti di debito adottate dalle BCN non devono servire ad aggirare il divieto di accesso privilegiato[115]. La normativa di settore degli Stati membri non può accordare tale accesso privilegiato.

L’articolo 2 del Regolamento (CE) n. 3604/93 definisce “considerazioni prudenziali” quelle su cui si basano disposizioni legislative o regolamentari o atti amministrativi nazionali emanati sulla base del diritto comunitario o in conformità a esso e che mirano a promuovere la solidità delle istituzioni finanziarie onde rafforzare la stabilità del sistema finanziario nel suo insieme e la tutela dei clienti di tali istituzioni. Le considerazioni prudenziali sono volte a garantire la solvibilità delle banche nei confronti dei risparmiatori[116]. Nel settore della vigilanza prudenziale, la legislazione secondaria dell’UE ha stabilito diversi requisiti per assicurare la solidità degli enti creditizi[117]. Un “ente creditizio” è stato definito come un ente la cui attività consiste nel ricevere dal pubblico depositi o altri fondi rimborsabili e nel concedere crediti per conto proprio[118]. Inoltre, gli enti creditizi, comunemente denominati “banche”, necessitano di un’autorizzazione rilasciata dall’autorità competente dello Stato membro per prestare i loro servizi[119].

Sebbene le riserve minime possano essere considerate ricomprese tra i requisiti prudenziali, esse rientrano nel quadro operativo di una BCN e sono utilizzate come uno strumento di politica monetaria nella maggior parte delle economie, compresa l’area dell’euro[120]. Al riguardo, il paragrafo 2 dell’allegato I all’Indirizzo BCE/2014/60[121] precisa che il regime di riserva obbligatoria dell’Eurosistema mira principalmente a stabilizzare i tassi di interesse del mercato monetario e a creare (o ampliare) un fabbisogno strutturale di liquidità[122]. La BCE impone agli enti creditizi stabiliti nell’area dell’euro di detenere riserve minime (in forma di depositi) in conti presso la rispettiva BCN[123].

Il presente rapporto concentra l’attenzione sulla compatibilità sia della normativa nazionale o delle norme adottate dalle BCN sia degli statuti delle BCN con il divieto, previsto dal Trattato, di accesso privilegiato. Tuttavia, il presente rapporto non impedisce di valutare se le leggi, i regolamenti, le norme o gli atti amministrativi negli Stati membri siano utilizzati per aggirare il divieto di accesso privilegiato, adducendo considerazioni di natura prudenziale. Tale valutazione esula dalla portata del presente rapporto.

2.2.6 Ortografia comune dell’euro

L’articolo 3, paragrafo 4, del Trattato sull’Unione europea stabilisce che “l’Unione istituisce un’unione economica e monetaria la cui moneta è l’euro”. Nei testi dei trattati in tutte le lingue facenti fede che usano nella forma scritta l’alfabeto latino, l’euro è coerentemente identificato al nominativo singolare “euro”. Nell’alfabeto greco l’ortografia del termine euro è “ευρώ” e nell’alfabeto cirillico è “евро”[124]. Coerentemente, il Regolamento (CE) n. 974/98 del Consiglio, del 3 maggio 1998, sull’introduzione dell’euro[125] chiarisce che la denominazione della moneta unica deve essere la stessa in tutte le lingue ufficiali dell’Unione, tenendo conto dell’esistenza dei diversi alfabeti. I trattati richiedono così un’ortografia comune della parola “euro” nel caso nominativo singolare in tutte le disposizioni legislative dell’UE e nazionali, tenendo conto dell’esistenza di alfabeti diversi.

Alla luce della competenza esclusiva dell’UE nel determinare il nome della moneta unica, qualunque deviazione da tale regola è incompatibile con i trattati e dovrebbe essere eliminata[126]. Mentre tale principio si applica a tutta la legislazione nazionale, le valutazioni contenute nei capitoli relativi ai singoli paesi si concentrano sullo statuto delle BCN e sulla legislazione riguardante la transizione all’euro.

2.2.7 Integrazione giuridica delle BCN nell’Eurosistema

Dopo l’adozione dell’euro da parte dello Stato membro interessato, norme nazionali (in particolare lo statuto di una BCN, ma anche altre leggi) che impediscano l’espletamento dei compiti connessi all’Eurosistema o il rispetto delle decisioni della BCE sono incompatibili con l’efficace funzionamento dell’Eurosistema. Pertanto, la normativa nazionale deve essere opportunamente adeguata al fine di garantirne la compatibilità con il Trattato e lo Statuto in relazione ai compiti connessi all’Eurosistema. Per ottemperare a quanto stabilito dall’articolo 131 del Trattato, è stato necessario adeguare la normativa nazionale in modo tale da assicurarne la compatibilità alla data di istituzione del SEBC (per ciò che attiene alla Svezia) e al 1° maggio 2004, al 1° gennaio 2007 e al 1° luglio 2013 (per ciò che attiene agli Stati membri che hanno aderito all’UE in tali date). Cionondimeno, gli obblighi legali relativi alla piena integrazione giuridica di una BCN nell’Eurosistema devono essere rispettati solo a partire dal momento in cui l’integrazione diventa effettiva, vale a dire, al momento dell’adozione dell’euro da parte dello Stato membro con deroga.

In questo rapporto, particolare attenzione viene rivolta ai settori in cui le disposizioni statutarie possono impedire il rispetto da parte delle BCN degli obblighi imposti dall’Eurosistema. Può trattarsi, ad esempio, di disposizioni (a) che potrebbero impedire alla BCN di partecipare all’attuazione della politica monetaria definita dagli organi decisionali della BCE, oppure (b) che potrebbero ostacolare l’adempimento da parte di un governatore dei propri doveri di membro del Consiglio direttivo della BCE, o, ancora, (c) che non rispettano le prerogative della BCE, o (d) che non riconoscono che la competenza esclusiva per i compiti dei compiti del SEBC negli Stati membri la cui moneta è l’euro è irrevocabilmente attribuita all’Unione[127], oppure (e) ai sensi delle quali le BCN siano vincolate nell’assolvimento dei compiti del SEBC da decisioni delle autorità nazionali che siano in contrasto con atti giuridici della BCE. Si distinguono obiettivi di politica economica, compiti, disposizioni finanziarie, politica dei cambi e cooperazione internazionale. Infine, sono menzionate altre aree per le quali lo statuto delle BCN potrebbe richiedere modifiche.

Obiettivi di politica economica

La piena integrazione di una BCN nell’Eurosistema esige che i suoi obiettivi statutari siano compatibili con quelli del SEBC, enunciati all’articolo 2 dello Statuto. Fra le altre cose, ciò comporta la necessità di adeguare gli obiettivi statutari “di stampo nazionale”, quali ad esempio quelli che si riferiscono all’obbligo di condurre la politica monetaria nel quadro della politica economica generale dello Stato membro interessato. Inoltre, gli obiettivi secondari di una BCN devono essere coerenti e non interferire con l’obbligo di sostenere le politiche economiche generali nell’UE al fine di contribuire alla realizzazione degli obiettivi dell’UE definiti all’articolo 3 del Trattato sull’Unione europea, che costituisce a sua volta un obiettivo, fatto salvo il mantenimento della stabilità dei prezzi[128].

Compiti

I compiti di una BCN di uno Stato membro la cui moneta è l’euro sono prevalentemente definiti dal Trattato e dallo Statuto, dal momento che la BCN stessa viene considerata come parte integrante dell’Eurosistema. Al fine di ottemperare a quanto disposto dall’articolo 131 del Trattato, quindi, le disposizioni statutarie relative ai compiti di una BCN devono essere confrontate con quelle corrispettive contenute nel Trattato e nello Statuto e ogni incompatibilità deve essere eliminata[129]. Ciò si applica a ogni disposizione che, dopo l’adozione dell’euro e l’integrazione nell’Eurosistema, ostacoli l’assolvimento dei compiti del SEBC e in particolare a quelle disposizioni che non tengono conto dei poteri conferiti al SEBC dal capo IV dello Statuto.

Tutte le disposizioni legislative relative alla politica monetaria devono riconoscere che la politica monetaria dell’Unione deve essere condotta attraverso l’Eurosistema[130]. Lo statuto di una BCN può contenere disposizioni su strumenti di politica monetaria. Tali disposizioni dovrebbero rispecchiare quelle contenute nel Trattato e nello Statuto e qualsiasi incompatibilità deve essere eliminata, per ottemperare a quanto disposto dall’articolo 131 del Trattato.

Il controllo sull’andamento della finanza pubblica è un compito che le BCN esercitano regolarmente al fine di valutare adeguatamente la posizione da assumere in materia di politica monetaria. Le BCN possono altresì esprimere il proprio parere in merito all’andamento della finanza pubblica alla luce dell’attività di controllo e in un’ottica di indipendenza, al fine di contribuire al regolare funzionamento dell’Unione monetaria europea. Il controllo sull’andamento della finanza pubblica da parte di una BCN per fini di politica monetaria dovrebbe essere basato sul pieno accesso a tutti i dati rilevanti di finanza pubblica. Di conseguenza, alle BCN dovrebbe essere garantito accesso incondizionato, tempestivo e automatico a tutte le statistiche in materia di finanza pubblica. Tuttavia, il ruolo di una BCN dovrebbe limitarsi alle attività di controllo necessarie all’adempimento del suo mandato in materia di politica monetaria o a esso direttamente o indirettamente connesse[131]. Il conferimento a una BCN di un mandato formale di verificare previsioni e andamento della finanza pubblica comporta l’attribuzione di funzioni, e relative responsabilità, in materia di politiche di bilancio suscettibili di porre a rischio l’adempimento del mandato in materia di politica monetaria conferito all’Eurosistema e l’indipendenza della BCN[132].

Nel contesto delle iniziative legislative nazionali dirette a far fronte alla crisi dei mercati finanziari, la BCE ha enfatizzato la necessità di evitare qualunque distorsione nei segmenti nazionali del mercato monetario dell’area dell’euro, in quanto ciò possa risultare pregiudizievole per l’attuazione della politica monetaria unica. Ciò vale, in particolare, per l’estensione delle garanzie statali a copertura dei depositi interbancari[133].

Gli Stati membri devono far sì che le misure legislative nazionali che fronteggiano i problemi di liquidità delle imprese o dei professionisti, ad esempio i loro debiti nei confronti delle istituzioni finanziarie, non abbiano ripercussioni negative sulla liquidità del mercato. In particolare, tali misure non possono essere incompatibili con il principio di un’economia di mercato aperto, sancito dall’articolo 3 del Trattato sull’Unione europea, in quanto ciò potrebbe impedire il flusso di crediti, influenzare significativamente la stabilità delle istituzioni finanziarie e dei mercati e, di conseguenza, incidere sullo svolgimento dei compiti dell’Eurosistema[134].

Normative nazionali che attribuiscano alle BCN il diritto esclusivo di emettere banconote devono riconoscere che, dopo l’adozione dell’euro, spetta al Consiglio direttivo della BCE il diritto esclusivo di autorizzare l’emissione di banconote in euro, ai sensi dell’articolo 128, paragrafo 1, del Trattato e dell’articolo 16 dello Statuto[135], mentre il diritto esclusivo di emettere banconote in euro compete alla BCE e alle BCN. Dopo l’adozione dell’euro, le disposizioni normative nazionali che legittimino interventi governativi su aspetti quali i tagli, la fabbricazione, il volume di emissione o il ritiro delle banconote devono essere abrogate, ovvero devono essere riconosciuti i poteri attribuiti alla BCE riguardo alle banconote in euro, ai sensi delle disposizioni del Trattato e dello Statuto. A prescindere dalla ripartizione delle competenze tra governi e BCN in relazione alle monete metalliche, dopo l’adozione dell’euro le disposizioni in materia devono riconoscere il potere della BCE di approvare il volume di conio delle monete metalliche. Uno Stato membro non può considerare la moneta in circolazione come un debito della propria BCN nei confronti del governo, in quanto ciò vanificherebbe il concetto stesso di moneta unica e sarebbe incompatibile con gli obblighi di integrazione giuridica dell’Eurosistema[136].

Per quanto attiene alla gestione delle riserve in valuta estera[137], gli Stati membri che hanno adottato l’euro e non trasferiscono le proprie riserve ufficiali[138] alle rispettive BCN violano le disposizioni del Trattato. Inoltre, qualunque diritto di terzi, ad esempio del governo o del parlamento, di influenzare le decisioni di una BCN sulla gestione delle riserve ufficiali non sarebbe coerente con il terzo trattino dell’articolo 127, paragrafo 2, del Trattato. Oltre a ciò, le BCN devono fornire alla BCE attività di riserva in valuta in misura proporzionale alla loro quota di partecipazione al capitale versato della BCE. Ciò significa che non devono sussistere impedimenti giuridici al trasferimento delle riserve in valuta dalle BCN alla BCE.

Con riferimento alle statistiche, sebbene i regolamenti in materia adottati ai sensi all’articolo 34.1 dello Statuto non conferiscano alcun diritto né impongano alcun obbligo agli Stati membri che non hanno adottato l’euro, l’articolo 5 dello Statuto si applica a tutti gli Stati membri, indipendentemente dall’adozione dell’euro. Di conseguenza, gli Stati membri la cui moneta non è l’euro hanno l’obbligo di definire e attuare, a livello nazionale, tutte le misure ritenute idonee per la raccolta delle informazioni statistiche necessarie ai fini dell’adempimento degli obblighi di segnalazione statistica della BCE[139] e della realizzazione tempestiva dei preparativi necessari, in ambito statistico, per entrare a far parte degli Stati membri la cui moneta è l’euro[140]. Una normativa nazionale che disciplini la cooperazione tra le BCN e gli istituti nazionali di statistica dovrebbe garantire l’indipendenza delle BCN nell’assolvimento dei compiti nel quadro statistico del SEBC[141].

Disposizioni in materia finanziaria

Le disposizioni in materia finanziaria nello Statuto comprendono norme in materia di conti finanziari[142], revisione dei conti[143], sottoscrizione del capitale[144], trasferimento di attività di riserva in valuta[145] e distribuzione del reddito monetario[146]. Le BCN devono essere in grado di ottemperare agli obblighi previsti in tali disposizioni e ogni disposizione nazionale non compatibile deve pertanto essere abrogata[147].

Politica dei cambi

Uno Stato membro con deroga può mantenere la normativa nazionale in base alla quale il governo è responsabile della politica dei cambi per tale paese, affidando alla BCN un ruolo consultivo e/o esecutivo. Tuttavia, nel momento in cui tale Stato membro adotta l’euro, tali disposizioni legislative devono rispecchiare il fatto che la responsabilità per la politica dei cambi dell’area dell’euro è stata trasferita a livello dell’UE conformemente agli articoli 138 e 219 del Trattato.

Cooperazione internazionale

Per adottare l’euro, la legislazione nazionale deve essere compatibile con l’articolo 6.1 dello Statuto, il quale stabilisce che nel campo della cooperazione internazionale concernente i compiti affidati all’Eurosistema, la BCE decide come il SEBC debba essere rappresentato. Una normativa nazionale che autorizzi la BCN a partecipare a istituzioni monetarie internazionali deve condizionare tale partecipazione all’approvazione della BCE (articolo 6.2 dello Statuto).

Altri settori

Oltre a quelli elencati, per alcuni Stati membri vi sono altri ambiti in cui può rendersi necessario un adeguamento delle normative nazionali (ad esempio in materia di sistemi di compensazione e di pagamento o di scambio di informazioni).

3 Stato della convergenza economica

Il presente capitolo, che fornisce un’analisi orizzontale, non tratta alcuni fattori rilevanti per la valutazione complessiva, i quali sono invece esaminati nei capitoli 4 e 5.

Di riflesso alle difficili condizioni economiche, dalla pubblicazione del precedente rapporto della BCE nel 2022 sono stati compiuti limitati progressi in merito al soddisfacimento dei criteri di convergenza. In tutti e sei i paesi esaminati in questa sede, l’inflazione misurata sullo IAPC si colloca al di sopra del valore di riferimento e in cinque di questi è ben superiore a tale valore (cfr. la tavola 3.1). Da aprile 2022 la media sui dodici mesi dei differenziali di interesse a lungo termine rispetto all’area dell’euro ha registrato un aumento in uno dei paesi considerati, una diminuzione in quattro paesi, mentre è rimasta invariata in un solo paese. Come nel 2022, tre paesi non sono conformi al criterio del tasso di interesse a lungo termine, con un tasso che si colloca al di sopra del valore di riferimento. Le valute di alcuni dei paesi analizzati hanno mostrato oscillazioni apprezzabili nei confronti dell’euro negli ultimi anni. Le finanze pubbliche sono migliorate in gran parte dei paesi dopo la pandemia di COVID‑19 per effetto della ripresa economica e della graduale revoca delle misure di sostegno adottate nel contesto pandemico. Tuttavia, nella maggioranza dei casi il disavanzo e il debito pubblico in rapporto al PIL rimangono superiori rispetto al periodo antecedente la pandemia per motivi parzialmente riconducibili all’impatto economico della guerra russa contro l’Ucraina e alle misure di politica di bilancio adottate in risposta ai conseguenti livelli elevati dei prezzi dell’energia.

Tavola 3.1

Indicatori economici di convergenza

Stabilità dei prezzi

Andamento e proiezioni di finanza pubblica

Tasso di cambio

Inflazione misurata sullo IAPC1

Paese con disavanzo eccessivo2,3

Avanzo (+) o disavanzo (−) delle amministrazioni pubbliche4

Debito pubblico4

Paese partecipante agli AEC II3

Tasso di cambio rispetto all’euro5

Tasso di interesse a lungo termine6

Bulgaria

2022

13,0

no

−2,9

22,6

0,0

1,5

2023

8,6

no

−1,9

23,1

0,0

3,8

2024

5,1

no

−2,8

24,8

0,0

4,0

Repubblica Ceca

2022

14,8

no

−3,2

44,2

no

4,2

4,3

2023

12,0

no

−3,7

44,0

no

2,3

4,4

2024

6,3

no

−2,4

45,2

no

−4,2

4,2

Ungheria

2022

15,3

no

−6,2

74,1

no

−9,1

7,6

2023

17,0

no

−6,7

73,5

no

2,4

7,5

2024

8,4

no

−5,4

74,3

no

−2,0

6,8

Polonia

2022

13,2

no

−3,4

49,2

no

−2,6

6,1

2023

10,9

no

−5,1

49,6

no

3,1

5,8

2024

6,1

no

−5,4

53,7

no

4,9

5,6

Romania

2022

12,0

−6,3

47,5

no

−0,2

7,5

2023

9,7

−6,6

48,8

no

−0,3

6,7

2024

7,6

−6,9

50,9

no

−0,6

6,4

Svezia

2022

8,1

no

1,2

33,2

no

−4,8

1,5

2023

5,9

no

−0,6

31,2

no

−8,0

2,5

2024

3,6

no

−1,4

32,0

no

0,7

2,5

Valore di riferimento7

3,3

−3,0

60,0

4,8

Fonti: Commissione europea (Eurostat, Direzione generale degli Affari economici e finanziari) e SEBC.
1) Variazione percentuale media annua. I dati per il 2024 si riferiscono al periodo giugno 2023 ‑ maggio 2024.
2) Per ciascun paese è indicato se sia stato oggetto di una decisione del Consiglio dell’UE sull’esistenza di un disavanzo eccessivo per almeno parte dell’anno.
3) Le informazioni per il 2024 si riferiscono al periodo fino al 19 giugno, data di chiusura delle statistiche del presente rapporto.
4) In percentuale del PIL. I dati relativi al 2024 sono tratti da Economic Forecast, Commissione europea, primavera 2024.
5) Variazione percentuale annua. Un valore positivo indica un apprezzamento nei confronti dell’euro, mentre un valore negativo un deprezzamento. I dati relativi al 2024 si riferiscono al periodo 1° gennaio ‑ 19 giugno 2024.
6) Tasso di interesse medio annuo. I dati relativi al 2024 si riferiscono al periodo giugno 2023 ‑ maggio 2024.
7) I valori di riferimento per l’inflazione misurata sullo IAPC e i tassi di interesse a lungo termine si riferiscono al periodo giugno 2023 ‑ maggio 2024. I valori di riferimento per il saldo di bilancio e il debito delle amministrazioni pubbliche, di cui all’articolo 126, paragrafo 2, del Trattato, sono specificati nel relativo Protocollo (n. 12) sulla procedura per i disavanzi eccessivi.

Negli ultimi due anni l’UE ha subito le ricadute economiche dell’invasione russa dell’Ucraina, registrando di conseguenza un indebolimento significativo dell’attività e un forte aumento dei tassi di inflazione. Dagli inizi del 2022 la guerra russa contro l’Ucraina grava sull’attività economica nei paesi considerati, giacché al conflitto si associano incertezza, turbative nell’interscambio e nelle catene di approvvigionamento e deterioramento del clima di fiducia delle imprese e dei consumatori. Al tempo stesso, il forte aumento dei prezzi dell’energia e delle materie prime ha ridotto la domanda e frenato la produzione. I paesi dell’Europa centrale e orientale analizzati sono stati particolarmente colpiti dall’impatto economico della guerra dati i livelli elevati di intensità energetica della produzione, il grado di apertura economica e di integrazione nelle catene di approvvigionamento mondiali, l’interscambio con la Russia e le esposizioni finanziarie verso tale paese (cfr. anche la sezione 3.1). Anche l’inasprimento dell’intonazione di politica monetaria, che nella maggior parte dei paesi esaminati è iniziato con anticipo rispetto all’area dell’euro, ha gravato sull’attività economica. Gli effetti sono stati avvertiti in misura particolare nella Repubblica Ceca, in Ungheria e in Svezia, le cui economie hanno registrato una contrazione per tutto il 2023. Nello stesso anno la crescita è stata debole in Polonia, mentre in Bulgaria e Romania ha continuato a evidenziare una tenuta in certa misura maggiore, collocandosi a circa il 2 per cento grazie al relativo vigore della domanda interna.

In tutti i paesi considerati ci si attende un rafforzamento dell’attività nel breve periodo, ma le tensioni geopolitiche offuscano le prospettive economiche. L’allentamento delle pressioni sui prezzi e delle strozzature dal lato dell’offerta osservato dagli inizi del 2023, assieme al miglioramento del clima di fiducia e alla tenuta dei mercati del lavoro, sosterrebbe la ripresa dei paesi analizzati nel 2024. Al tempo stesso, l’attività economica sarebbe ancora frenata dalle condizioni di finanziamento rigide e dall’incertezza. Un’importante fonte di incertezza è costituita dalle tensioni geopolitiche, che potrebbero esacerbare le tendenze alla frammentazione, con la possibilità di turbative ulteriori degli scambi commerciali e dei flussi per investimenti e di un aumento della percezione del rischio. Le prospettive economiche sono altresì offuscate dalle perdite di competitività dei prezzi osservate negli ultimi anni in gran parte dei paesi e dall’incertezza relativa al profilo dell’inflazione.

Negli ultimi decenni i paesi dell’Europa centrale e orientale esaminati hanno compiuto dei progressi in termini di convergenza reale verso la media dell’area dell’euro. Dal 1999 questi paesi hanno significativamente ridotto il divario rispetto alla media dell’area dell’euro per quanto riguarda il PIL pro capite in termini reali (cfr. il grafico 3.1). Tuttavia, dal 2019 il processo di recupero del divario nello sviluppo economico ha segnato una battuta di arresto, o si è persino invertito, in alcuni paesi, particolarmente nella Repubblica Ceca, dove è stato osservato un apprezzamento notevole del tasso di cambio reale tra la fine del 2019 e la primavera del 2023. Nel contempo persistono significative vulnerabilità di natura macroeconomica e finanziaria, seppure di grado diverso a seconda dei paesi. Se non saranno affrontate in modo adeguato, è probabile che tali vulnerabilità espongano i paesi a shock esterni avversi e ne rallentino il processo di convergenza nel lungo periodo. Tra le sfide fondamentali connesse alla convergenza reale a lungo termine di questi paesi figurano: (a) un panorama geopolitico mutevole e incerto, che potrebbe non solo incidere sull’interscambio e sui flussi per investimenti nel prossimo futuro, ma anche determinare le tendenze della produzione nel lungo periodo; (b) cambiamenti nella struttura industriale, i quali rappresentano di norma una sfida per i paesi a medio reddito in via di transizione verso livelli reddituali elevati; (c) persistenti carenze di manodopera e andamenti demografici sfavorevoli, in particolare la fuoriuscita di persone altamente qualificate; (d) progressi limitati nel miglioramento della qualità della governance, della capacità istituzionale e del contesto economico.

Grafico 3.1

PIL pro capite in termini reali

a) Rispetto alla media dell’area dell’euro

b) Livello iniziale nel 1999 nel confronto con la variazione successiva rispetto alla media dell’area dell’euro

(indice: area dell’euro = 100)

(indice: area dell’euro = 100; asse delle ascisse: livello nel 1999; asse delle ordinate: variazione del livello in punti percentuali, 1999‑2023)

Fonti: Commissione europea (Direzione Generale degli Affari economici e finanziari) ed elaborazioni della BCE.
Note: sulla base del PIL pro capite in termini reali in unità standard di potere di acquisto. Nel pannello b) i punti rossi indicano i paesi considerati, i punti verdi i paesi che hanno aderito all’area dell’euro a partire dal 2003 e i punti azzurri i paesi che sono entrati a far parte dell’area prima del 2003; il punto grigio rappresenta la Danimarca. L’Irlanda è stata esclusa a causa della revisione eccezionale del PIL operata per il 2015, che non ha riflesso un aumento effettivo dell’attività economica. Il Lussemburgo è stato escluso poiché i calcoli del suo PIL pro capite sono distorti dal numero elevato di lavoratori transfrontalieri.

Per quanto concerne il criterio della stabilità dei prezzi, il tasso medio di inflazione sui dodici mesi è risultato al di sopra del valore di riferimento del 3,3 per cento in tutti e sei i paesi esaminati in questa sede (cfr. il grafico 3.2). I tassi di inflazione sono risultati ben al di sopra del valore di riferimento in Bulgaria, Repubblica Ceca, Ungheria, Polonia e Romania, mentre si sono collocati su un livello lievemente superiore al parametro in Svezia. Nel rapporto del 2022 Bulgaria, Repubblica Ceca, Ungheria, Polonia e Romania avevano altresì registrato tassi di inflazione ben al di sopra del valore di riferimento, allora applicabile, del 4,9 per cento.

Grafico 3.2

Inflazione misurata sullo IAPC

(variazioni percentuali; medie sui dodici mesi)

Fonte: Eurostat.

Alla data di pubblicazione del presente rapporto, la Romania è oggetto di una decisione del Consiglio dell’UE sull’esistenza di un disavanzo eccessivo. Inoltre, la Commissione europea ha osservato nel giugno 2024 che l’Ungheria e la Polonia non soddisfano il criterio del disavanzo previsto dal Patto di stabilità e crescita. Dopo essere aumentati bruscamente durante la pandemia i disavanzi sono per lo più diminuiti, pur rimanendo su livelli elevati in tutti i paesi tranne la Svezia nel 2023. Rispetto al Rapporto sulla convergenza pubblicato nel 2022, il saldo di bilancio è migliorato in quattro paesi, mentre si è deteriorato fortemente in Polonia e, in misura inferiore, in Svezia. Nel 2023 il disavanzo di bilancio in rapporto al PIL è stato superiore al valore di riferimento in quattro dei paesi esaminati: in Ungheria e Romania si è collocato significativamente al di sopra di tale valore, rispettivamente al 6,7 e al 6,6 per cento; in Polonia è risultato ben superiore al parametro, al 5,1 per cento; nella Repubblica Ceca si è situato al di sopra del valore di riferimento, al 3,7 per cento (cfr. il grafico 3.3). Nel 2024 il rapporto disavanzo/PIL dovrebbe deteriorarsi in quattro paesi, secondo le previsioni economiche della primavera 2024 formulate dalla Commissione europea, e mantenersi al di sopra del valore di riferimento del 3 per cento in Ungheria, Polonia e Romania. Nel 2025 il saldo di bilancio dovrebbe migliorare in quattro paesi, ma continuerebbe a superare il valore di riferimento in Ungheria, Polonia e Romania. Per quanto riguarda il criterio del debito, nel 2023 il rapporto debito/PIL si è collocato ben al di sotto del valore di riferimento sia in Bulgaria sia in Svezia (cfr. il grafico 3.4). Nella Repubblica Ceca, in Polonia e in Romania è risultato inferiore al valore di riferimento, situandosi fra il 40 e il 50 per cento. L’Ungheria è stato l’unico paese in cui si è rilevato un rapporto fra debito pubblico e PIL superiore al valore di riferimento del 60 per cento nel 2023. Alla data di ultimo aggiornamento del presente rapporto, la Romania era ancora oggetto di una decisione del Consiglio dell’UE sull’esistenza di un disavanzo eccessivo. Ad aprile 2020 era stata avviata una procedura per disavanzo eccessivo e a giugno 2024 la Commissione ha constatato che la Romania non aveva adottato misure efficaci per porre fine al suo disavanzo. Al tempo stesso, la Commissione ha anche concluso che il criterio del disavanzo del Patto di stabilità e crescita non era stato rispettato né dall’Ungheria, né dalla Polonia, in base ai risultati conseguiti nel 2023 e i disavanzi di bilancio attesi per il 2024. Pertanto, la Commissione ha annunciato la sua intenzione di proporre a luglio 2024 al Consiglio dell’UE l’adozione di una decisione, ai sensi dell’articolo 126, paragrafo 6, del Trattato, che stabilisca l’esistenza di una situazione di disavanzo eccessivo in Ungheria e Polonia.

Grafico 3.3

Avanzo (+) o disavanzo (−) delle amministrazioni pubbliche

(in percentuale del PIL)

Fonte: Eurostat.
Nota: i dati relativi al 2021 sono stati rivisti lievemente rispetto al Rapporto sulla convergenza del 2022.

Grafico 3.4

Debito lordo delle amministrazioni pubbliche

(in percentuale del PIL)

Fonte: Eurostat.
Nota: i dati relativi al 2021 sono stati rivisti lievemente rispetto al Rapporto sulla convergenza del 2022.

Per quanto concerne il criterio del tasso di cambio, solo il lev bulgaro partecipa ai nuovi Accordi europei di cambio (AEC II) al momento della pubblicazione del presente rapporto. Il lev bulgaro è stato incluso negli AEC II a luglio 2020 con una parità centrale di 1,95583 lev per euro e una banda di oscillazione standard del ±15 per cento. La Bulgaria ha aderito agli accordi mantenendo il preesistente regime di currency board come impegno unilaterale, senza ulteriori obblighi per la BCE. La partecipazione agli AEC II è fondata su una serie di impegni assunti dalle autorità bulgare. Nel periodo di riferimento di due anni il lev non ha mostrato scostamenti dalla parità centrale. Fatta eccezione per il leu rumeno, che ha evidenziato una bassa volatilità, le altre valute non comprese negli AEC II hanno fatto registrare livelli di volatilità relativamente elevati. A giugno 2024 la corona ceca, il leu rumeno e la corona svedese si erano indeboliti nei confronti dell’euro rispetto a giugno 2022. Allo stesso tempo, il fiorino ungherese è stato scambiato a un livello pressoché invariato, mentre lo zloty polacco risultava rafforzato (cfr. il grafico 3.5)[148].

Grafico 3.5

Tassi di cambio bilaterali rispetto all’euro

(indice: media di giugno 2022 = 100; dati giornalieri; 20 giugno 2022 ‑ 19 giugno 2024)

Fonte: BCE.
Nota: un aumento rappresenta un apprezzamento, mentre una riduzione un deprezzamento della moneta.

Riguardo alla convergenza dei tassi di interesse a lungo termine, tre dei sei paesi esaminati hanno fatto osservare livelli superiori al valore di riferimento del 4,8 per cento (cfr. il grafico 3.6). I tassi di interesse si sono portati al di sopra del parametro in Polonia, Romania e Ungheria. Il livello più basso è stato rilevato in Svezia. Nel rapporto del 2022 i tassi di interesse a lungo termine erano superiori al valore di riferimento, allora applicabile, del 2,6 per cento in Polonia e Ungheria, mentre si situavano ben al di sopra di tale valore in Romania.

Grafico 3.6

Tassi di interesse a lungo termine

(valori percentuali; medie sui dodici mesi)

Fonti: Eurostat e BCE.

Nel valutare il soddisfacimento dei criteri di convergenza l’aspetto della sostenibilità è essenziale. La convergenza deve essere durevole e non transitoria. Il primo decennio dell’Unione economica e monetaria (UEM) ha mostrato come la debolezza delle variabili economiche fondamentali, un orientamento macroeconomico eccessivamente accomodante, una capacità statistica inadeguata a livello nazionale e aspettative esageratamente ottimistiche circa la convergenza dei redditi reali pongano dei rischi non soltanto per i paesi interessati, ma anche per il buon funzionamento dell’area dell’euro nel suo insieme. Il secondo decennio ha mostrato che la convergenza economica può essere impegnativa e richiedere molto tempo se gli squilibri macroeconomici iniziali sono ampi, i processi di aggiustamento e di riforma sono difficili e/o la capacità di tenuta agli shock avversi è debole. Affrontare queste sfide è compito delle autorità nazionali ed è in primo luogo e anzitutto nell’interesse del paese, ma risulta altresì importante per il buon funzionamento dell’area dell’euro in generale e per la trasmissione della politica monetaria in particolare. Il soddisfacimento dei criteri numerici di convergenza in un dato momento non assicura, di per sé, andamenti economici e finanziari ordinati e favorevoli dopo l’ingresso nell’area dell’euro. I paesi che aderiscono all’area devono pertanto dimostrare la sostenibilità dei rispettivi processi di convergenza, nonché la capacità di rispondere nel continuo agli impegni e alle sfide che l’adozione della moneta unica comporta – tenendo conto del fatto che l’unione monetaria non è un’unione di bilancio e che, di conseguenza, i meccanismi di ripartizione dei rischi nell’UEM sono molto limitati.

Per realizzare una convergenza sostenibile sono necessari aggiustamenti durevoli sul piano delle politiche in molti dei paesi considerati. Una convergenza sostenibile presuppone la stabilità macroeconomica, un contesto favorevole alle imprese con strutture economiche e istituzioni pubbliche efficienti e, soprattutto, una solida politica di bilancio. Un grado elevato di flessibilità nei mercati dei beni e servizi e del lavoro è essenziale per far fronte agli shock macroeconomici. Occorre una cultura della stabilità, con aspettative di inflazione ben ancorate che contribuiscano a conseguire prezzi stabili. Le condizioni di un’economia di mercato aperta e in libera concorrenza sono indispensabili per assicurare l’utilizzo efficiente di capitale e lavoro nell’economia e sostenere la produttività e la crescita nel lungo periodo. Per realizzare una sincronizzazione dei cicli economici è necessario un alto grado di integrazione economica con l’area dell’euro. Occorre inoltre adottare adeguate politiche macroprudenziali per scongiurare l’accumularsi di squilibri macroeconomici e finanziari, quali incrementi eccessivi dei prezzi delle attività, nonché cicli di forte espansione e contrazione del credito, che implicano un elevato costo sociale. È altresì indispensabile predisporre un quadro di riferimento adeguato per la vigilanza delle istituzioni finanziarie. È essenziale che i paesi sottoposti dalla Commissione europea a un esame approfondito nel contesto della procedura per gli squilibri macroeconomici (PSM) affrontino gli squilibri individuati nelle rispettive economie. Infine, la solidità del quadro istituzionale, che comprende la capacità di un paese di attuare adeguamenti dell’economia e solide politiche strutturali, costituisce un importante fattore dell’integrazione e della convergenza economica. Il pacchetto Next Generation EU (NGEU) rappresenta un’opportunità unica per accelerare il processo di convergenza con l’area dell’euro; un’attuazione efficiente ed efficace dei piani di investimento e delle riforme è infatti fondamentale per il suo successo.

3.1 Criterio della stabilità dei prezzi

A maggio 2024 cinque dei sei paesi esaminati hanno registrato un tasso medio di inflazione sui dodici mesi ben superiore al valore di riferimento del 3,3 per cento, riguardo al criterio della stabilità dei prezzi. L’inflazione ha segnato un brusco rialzo nel 2021, sospinta in larga misura da effetti base, dai marcati rincari dell’energia, dalle strozzature dal lato dell’offerta causate dalla pandemia e da un forte aumento della domanda mondiale di beni. Dall’inizio del 2022 la guerra russa contro l’Ucraina ha esacerbato le spinte inflazionistiche attraverso i rincari dei beni energetici e delle materie prime e accrescendo le pressioni sulle catene di approvvigionamento, già gravate da tensioni. Di conseguenza, nel 2022 l’inflazione è salita ulteriormente in tutti i paesi considerati, seppure in misura diversa, in parte per effetto delle politiche interne. Dal rapporto del 2022 l’inflazione ha seguito un andamento analogo nella maggior parte dei paesi considerati; nel periodo compreso tra giugno 2023 e maggio 2024 ha registrato una significativa moderazione in tutti i paesi, ma in Bulgaria, Repubblica Ceca, Ungheria, Polonia e Romania è stata più elevata che in Svezia, riflettendo principalmente la maggiore vulnerabilità di questi paesi ai recenti shock negativi a livello mondiale, nonché le condizioni tese nei rispettivi mercati del lavoro. In tale contesto, il tasso di inflazione si è collocato ben al di sopra del valore di riferimento in questi cinque paesi, mentre è risultato lievemente superiore al parametro in Svezia.

L’andamento dei prezzi a più lungo termine ha rispecchiato la volatilità del contesto macroeconomico, specialmente negli ultimi anni. Negli ultimi dieci anni i paesi esaminati hanno evidenziato differenze significative per quanto riguarda il tasso medio e la volatilità dell’inflazione (cfr. il grafico 3.7). In questo periodo il tasso medio di inflazione è stato costantemente più elevato che nell’area dell’euro in tutti i paesi considerati. Inizialmente, fra il 2014 e il 2016, l’inflazione è stata contenuta in tutti i paesi, rispecchiando principalmente l’evoluzione dei prezzi internazionali delle materie prime, le modeste pressioni dell’inflazione importata e, in alcuni paesi, il persistente margine di capacità produttiva inutilizzata, le riduzioni dei prezzi amministrati e delle imposte indirette e l’apprezzamento del tasso di cambio effettivo nominale. In tale contesto, le condizioni di politica monetaria si sono allentate considerevolmente. Dal 2017 l’inflazione ha fatto osservare un incremento dovuto al rafforzamento dell’attività economica, alla solidità della domanda interna, alle condizioni sempre più tese nel mercato del lavoro nonché ai rincari dei beni energetici e delle materie prime, determinando un inasprimento dell’intonazione di politica monetaria in alcuni dei paesi analizzati. L’insorgere della pandemia nel 2020 ha comportato un forte calo dell’attività economica in tale anno. L’inflazione ha rallentato in alcuni paesi, mentre è rimasta più persistente in altri, di riflesso all’aumento dei prezzi dei beni alimentari e dei servizi oltre che alle condizioni tese del mercato del lavoro. Nel 2021 e nel 2022 è aumentata significativamente in tutti i paesi esaminati, sospinta in larga misura dai netti rincari dell’energia e dagli squilibri tra domanda e offerta innescati dalla pandemia, nonché dalle risposte di politica macroeconomica. Dagli inizi del 2022 la guerra russa contro l’Ucraina ha accentuato le spinte inflazionistiche. Per contrastare questo aumento dell’inflazione, la maggior parte delle banche centrali ha iniziato ad aumentare notevolmente i propri tassi di riferimento principali nel 2021, mentre i governi hanno introdotto misure discrezionali di sostegno di bilancio per alleviare l’onere dell’elevata inflazione sull’economia. Nei paesi analizzati tali provvedimenti si sono concentrati nel 2022 e nel 2023 e hanno assunto principalmente la forma di aumenti dei sussidi – soprattutto in relazione ai prodotti energetici – e, in misura minore, di riduzioni delle imposte indirette. Dopo aver raggiunto un massimo tra la fine del 2022 e gli inizi del 2023, l’inflazione ha iniziato a diminuire bruscamente per effetto del precedente inasprimento della politica monetaria, del calo dei prezzi dell’energia a livello mondiale e dell’attenuazione delle spinte inflazionistiche e delle strozzature dal lato dell’offerta. Dato il moderarsi della dinamica dell’inflazione, le banche centrali nella Repubblica Ceca, in Ungheria e in Polonia hanno iniziato ad allentare l’orientamento di politica monetaria, mentre le misure di sostegno di bilancio sono state gradualmente ritirate in tutti i paesi in esame.

Grafico 3.7

Inflazione misurata sullo IAPC: andamento e prospettive a lungo termine

(variazioni percentuali sul periodo corrispondente)

Fonti: Eurostat, Commissione europea (Direzione generale degli Affari economici e finanziari) e BCE.
Note: le linee continue rappresentano le variazioni percentuali sul periodo corrispondente dello IAPC mensile. Nell’area ombreggiata sono riportate le proiezioni relative all’inflazione sui dodici mesi misurata sullo IAPC, desunte dalle previsioni economiche della primavera 2024 formulate dalla Commissione europea.

Gran parte dei paesi considerati è stata particolarmente esposta ai recenti shock mondiali, principalmente a causa di determinate caratteristiche strutturali delle rispettive economie. I paesi dell’Europa centrale e orientale hanno fatto osservare tassi di inflazione significativamente più elevati rispetto all’area dell’euro e alla Svezia, riflettendo la loro vulnerabilità a fronte dell’impatto della guerra in Ucraina e dei connessi cambiamenti geopolitici. Anzitutto in tali paesi l’intensità energetica della produzione è di norma maggiore che nell’area dell’euro, principalmente a causa della presenza di settori energivori (ossia manifatturiero e dei trasporti) più grandi e di un minor numero di apparecchiature e di edifici efficienti sotto il profilo energetico. In secondo luogo, come si osserva spesso nelle economie con redditi medi più bassi, il peso dell’energia e dei beni alimentari nei rispettivi panieri di consumo è superiore rispetto all’area dell’euro. In terzo luogo, queste economie presentavano per la maggior parte una forte dipendenza dalle forniture energetiche russe prima dell’inizio della guerra, e ciò le ha rese più vulnerabili alle turbative dal lato dell’offerta di energia. In quarto luogo, l’alto grado di integrazione di tali paesi nelle catene di approvvigionamento mondiali implica un impatto maggiore delle strozzature internazionali dal lato dell’offerta. Se gli shock esterni hanno costituito una determinante di rilievo dei differenziali di inflazione iniziali, anche i fattori interni hanno svolto un ruolo importante. In particolare, le condizioni del mercato del lavoro sono rimaste tese in gran parte dei paesi considerati in un contesto in cui i livelli di disoccupazione storicamente bassi e la perdurante carenza di manodopera hanno determinato una robusta crescita dei salari (cfr. il pannello a) del grafico 3.8; cfr. anche la sezione 3.5).

Grafico 3.8

Crescita cumulata dello IAPC, del CLUP nominale e degli ICA tra il 2014 e il 2023

a) IAPC e CLUP nominale

b) ICA in base a CLUP e deflatore del PIL

(punti percentuali; asse delle ascisse: crescita cumulata dello IAPC; asse delle ordinate: crescita cumulata del CLUP)

(punti percentuali; asse delle ascisse: crescita cumulata degli ICA in base al deflatore del PIL; asse delle ordinate: crescita cumulata degli ICA in base al CLUP)

Fonti: Eurostat e BCE.
Note: il pannello a) mostra la crescita cumulata del costo del lavoro per unità di prodotto (CLUP) sull’asse delle ordinate, e la crescita cumulata dello IAPC sull’asse delle ascisse; il pannello b) mostra la crescita cumulata degli indicatori di competitività armonizzati (ICA) in base al deflatore del PIL sull’asse delle ascisse e in base al CLUP totale sull’asse delle ordinate. La linea continua in ciascun pannello rappresenta la bisettrice. La crescita dello IAPC è calcolata sulla base di dati mensili aggregati a dati medi annui. Per i singoli paesi, gli ICA basati sul deflatore del PIL sono calcolati rispetto ai 20 paesi dell’area dell’euro e al gruppo TCE‑41 di partner commerciali, mentre gli ICA basati sul CLUP totale sono calcolati rispetto ai 20 paesi dell’area dell’euro e al gruppo TCE‑18 di partner commerciali. Per l’area dell’euro, gli ICA basati sul deflatore del PIL e sul CLUP totale sono calcolati con riferimento, rispettivamente, ai gruppi di partner commerciali TCE‑41 e TCE‑18. I punti rossi indicano i paesi considerati (contrassegnati dalla sigla), i punti verdi i paesi che hanno aderito all’area dell’euro a partire dal 2003 (non contrassegnati) e i punti azzurri i paesi che sono entrati a far parte dell’area prima del 2003 (non contrassegnati); il punto grigio rappresenta la Danimarca; il punto blu corrisponde all’aggregato dell’area dell’euro.

Sebbene ci si attenda un’ulteriore moderazione delle pressioni inflazionistiche nell’orizzonte di previsione, nel più lungo termine desta timori la sostenibilità della sua convergenza nella maggior parte dei paesi esaminati. Sulla base delle previsioni economiche della primavera 2024 formulate dalla Commissione europea, in tutti i paesi considerati l’inflazione dovrebbe registrare un calo nel 2024, rispetto ai livelli del 2023, grazie alla perdurante attenuazione delle spinte inflazionistiche, delle strozzature dal lato dell’offerta e del passato inasprimento della politica monetaria. Rimarrebbe tuttavia elevata in Ungheria, Polonia e Romania nel 2024 e nel 2025 per effetto della ripresa della domanda interna e della forte crescita del costo del lavoro, mentre in Svezia convergerebbe verso l’obiettivo già nel 2024. Date le attuali circostanze, le previsioni sono soggette a notevole incertezza. I rischi per le prospettive di inflazione sono orientati verso l’alto in quasi tutti i paesi analizzati, in quanto nuove strozzature lungo le catene di approvvigionamento mondiali e tensioni nei mercati dell’energia potrebbero determinare livelli di inflazione superiori al previsto che, date le condizioni tese nei mercati del lavoro, potrebbero altresì esercitare ulteriori pressioni al rialzo sui salari. In una prospettiva di più lungo periodo, poiché il PIL pro capite e il livello dei prezzi in tutti i paesi dell’Europa centrale e orientale analizzati sono ancora inferiori rispetto a quelli dell’area dell’euro, è probabile che il processo di recupero del divario nello sviluppo economico determini differenziali di inflazione positivi nei confronti dell’area, sempre che questa evoluzione non sia controbilanciata da un apprezzamento dei tassi di cambio nominali.

Per creare un contesto favorevole alla stabilità dei prezzi su base sostenibile nei paesi analizzati occorreranno politiche economiche orientate alla stabilità, riforme strutturali e misure volte a salvaguardare la stabilità finanziaria. Per conseguire o preservare un tale contesto sarà indispensabile l’efficienza dei mercati del lavoro. In prospettiva, un fattore importante sarà come la dinamica salariale reagirà all’elevata inflazione effettiva e come rifletterà la crescita della produttività del lavoro, tenuto conto delle condizioni del mercato del lavoro e degli andamenti della competitività di prezzo e di costo rispetto ai paesi concorrenti (cfr. il grafico 3.8). È necessario continuare a impegnarsi sul fronte delle riforme per migliorare maggiormente il funzionamento dei mercati del lavoro e dei beni e servizi e per preservare condizioni propizie alla crescita dell’economia e dell’occupazione. A questo scopo, sono essenziali misure volte a promuovere il rafforzamento della governance e ulteriori miglioramenti della qualità delle istituzioni. Dato il limitato margine di manovra consentito alla politica monetaria, in particolare per la Bulgaria, che partecipa agli AEC II, è imperativo che le altre politiche sostengano la capacità di queste economie di preservare la stabilità dei prezzi, affrontare gli shock specifici di ciascun paese e prevenire l’accumularsi di squilibri macroeconomici.

3.2 Criterio delle condizioni di finanza pubblica

Alla data di pubblicazione del presente rapporto, la Romania rimane oggetto di una decisione del Consiglio dell’UE sull’esistenza di un disavanzo eccessivo, mentre tre altri paesi hanno superato, nel 2023, il parametro di riferimento per il disavanzo. In Romania il disavanzo ha superato il valore di riferimento del 3 per cento del PIL nel 2019 e ad aprile 2020 è stata avviata una procedura per i disavanzi eccessivi. Il termine per la correzione del disavanzo eccessivo è stato successivamente fissato per il 2024. Nel 2023 il rapporto tra disavanzo pubblico e PIL ha superato il valore di riferimento in quattro paesi esaminati. Sono stati registrati disavanzi al di sopra di tale valore nella Repubblica Ceca (3,7 per cento del PIL), ben superiori al parametro in Polonia (5,1 per cento) e significativamente al di sopra del parametro in Romania (6,6 per cento) e Ungheria (6,7 per cento). In Bulgaria e Svezia il disavanzo si è mantenuto ampiamente al di sotto del valore di riferimento, collocandosi rispettivamente all’1,9 e allo 0,6 per cento del PIL.

Nel 2023 il disavanzo di bilancio è rimasto al di sotto del livello registrato nel 2021 in quattro dei paesi considerati nel presente rapporto, a causa della ripresa economica dopo la pandemia e del graduale venir meno delle misure di politica fiscale adottate di conseguenza. Dopo avere superato il valore di riferimento del 3 per cento in tutti i paesi esaminati, tranne la Svezia, nel 2020, a causa del notevole deterioramento dell’attività economica determinato dalla pandemia e delle misure di bilancio adottate per attenuarne l’impatto, nel 2021 il disavanzo si è mantenuto al di sopra del parametro in quattro paesi. Nel 2022 il saldo di bilancio è migliorato in gran parte dei paesi per effetto della prosecuzione della ripresa e della revoca di alcune misure di sostegno fiscale. Tuttavia, nel 2023 ciò è stato in parte controbilanciato dal perdurante impatto economico della guerra russa contro l’Ucraina, dai provvedimenti di politica fiscale adottati in risposta ai conseguenti prezzi elevati dell’energia e dall’indebolimento dell’attività; tale evoluzione ha determinato un peggioramento del saldo di bilancio nel 2023 rispetto al 2022 in cinque paesi e in particolare in Polonia, dove il disavanzo nel 2023 è risultato superiore di 3,3 punti percentuali rispetto al 2021.

Per il 2024 la Commissione europea prevede che il rapporto disavanzo/PIL rimanga superiore al valore di riferimento del 3 per cento in Ungheria, Polonia e Romania. Nel 2024 il saldo di bilancio delle amministrazioni pubbliche dovrebbe deteriorarsi in quattro dei paesi esaminati e, secondo le proiezioni, rimarrebbe ben al di sopra del valore di riferimento in Ungheria e Polonia e significativamente superiore a tale parametro in Romania. Nel contempo ci si attende che torni al di sotto del valore di riferimento del 3 per cento nella Repubblica Ceca

Nel 2023 il rapporto debito/PIL si è collocato al di sopra del 60 per cento in Ungheria, mentre negli altri paesi esaminati i livelli del debito si sono attestati al di sotto o ben al di sotto di tale soglia (cfr. la tavola 3.1 e il grafico 3.4). Nel 2023 il rapporto fra debito pubblico e PIL è stato inferiore al livello del 2021 in quattro dei paesi considerati, principalmente a causa della ripresa successiva alla pandemia. Il rapporto debito/PIL è aumentato sensibilmente, di 2,0 punti percentuali, nella Repubblica Ceca e lievemente, di 0,3 punti, in Romania, mentre ha fatto registrare un calo di 5,5 punti in Svezia, di 4,0 punti in Polonia, di 3,2 punti in Ungheria e di 0,8 punti in Bulgaria. Su un orizzonte temporale più lungo, tra il 2014 e il 2023 il rapporto debito/PIL è cresciuto significativamente in Romania (di 9,7 punti percentuali) e sensibilmente nella Repubblica Ceca (di 2,1 punti), mentre è diminuito negli altri paesi.

Per il 2024 la Commissione europea prospetta un incremento del rapporto debito/PIL in tutti i paesi considerati. Il debito in rapporto al PIL aumenterebbe sensibilmente in Polonia e Romania, e moderatamente negli altri quattro paesi. Le proiezioni della Commissione indicano che nel 2024 il rapporto debito/PIL rimarrà al di sotto o ben al di sotto del valore di riferimento del 60 per cento in tutti i paesi eccetto l’Ungheria.

La Commissione europea ha osservato a giugno 2024 che la Romania non aveva adottato misure efficaci per affrontare il suo disavanzo eccessivo, e che l’Ungheria e la Polonia non soddisfacevano il criterio del disavanzo previsto dal Patto di stabilità e crescita. Il 19 giugno 2024 la Commissione ha rilasciato un rapporto predisposto ai sensi dell’articolo 126, paragrafo 3, del Trattato sulla base dei dati convalidati dall’Eurostat il 22 aprile 2024 per 12 Stati membri, compresi Repubblica Ceca, Ungheria e Polonia[149]. La Commissione ha rilevato che nel 2023 il disavanzo era superiore, e non prossimo, al parametro del 3 per cento del PIL nella Repubblica Ceca, in Ungheria e in Polonia. Inoltre ha constatato che l’Ungheria e la Polonia prevedevano un disavanzo superiore, e non prossimo, al valore di riferimento nel 2024. Il superamento del parametro non è stato considerato eccezionale (secondo quanto definito nel Trattato) in tutti e tre i paesi. Non era previsto che fosse temporaneo in Ungheria o in Polonia, mentre si prevedeva che lo fosse nella Repubblica Ceca, in quanto ci si attendeva che il suo disavanzo non avrebbe superato il valore di riferimento nel 2024 e nel 2025. Nel complesso, la Commissione ha ritenuto che il criterio del disavanzo non fosse soddisfatto né dall’Ungheria né dalla Polonia, ma fosse rispettato dalla Repubblica Ceca. Pertanto, sulla base di tali risultanze, la Commissione ha annunciato la sua intenzione di proporre a luglio 2024 al Consiglio dell’UE l’adozione di una decisione, ai sensi dell’articolo 126, paragrafo 6, del Trattato, che stabilisca l’esistenza di una situazione di disavanzo eccessivo in Ungheria e Polonia. Nell’autunno del 2024 è attesa una proposta di raccomandazioni da parte della Commissione al Consiglio finalizzata a porre fine alla situazione di disavanzo eccessivo. Inoltre, la Commissione ha rilevato che la Romania non aveva rispettato l’obiettivo di disavanzo della procedura per i disavanzi eccessivi in corso nel 2023, e che lo sforzo di bilancio è stato significativamente inferiore a quanto raccomandato dal Consiglio. Su tale base, la Commissione ha formulato una raccomandazione relativa a una decisione del Consiglio secondo la quale la Romania non aveva intrapreso azioni efficaci, a norma dell’articolo 126, paragrafo 7, finalizzate a porre fine alla situazione di disavanzo eccessivo al più tardi entro il 2024.

In prospettiva, è essenziale che i paesi analizzati in questa sede conseguano e/o preservino posizioni di bilancio solide e sostenibili. La Romania, che è sottoposta alla procedura per i disavanzi eccessivi e che secondo il Debt Sustainability Monitor 2023 della Commissione europea è esposta a un rischio elevato di sostenibilità delle finanze pubbliche a medio termine, dovrebbe assicurare il rispetto delle regole definite nel Patto di stabilità e crescita e correggere il disavanzo eccessivo, in conformità alla raccomandazione del Consiglio dell’UE[150]. In tutti i paesi esaminati tranne la Svezia, il disavanzo nel 2023 è stato chiaramente superiore ai livelli osservati prima della pandemia. Tali paesi dovrebbero ricondurre al più presto o mantenere il saldo di bilancio al di sotto del valore di riferimento del 3 per cento e costituire i margini necessari per il funzionamento degli stabilizzatori automatici e il rafforzamento della capacità di tenuta a fronte di shock avversi. Inoltre l’Ungheria, il cui rapporto debito/PIL supera il valore di riferimento, dovrebbe far sì che esso diminuisca in misura sufficiente ad assicurare la disponibilità di margini di bilancio in caso di contrazione economica. Tutti i paesi devono assicurare la conformità al Patto di stabilità e crescita rivisto, sulla cui base verranno stabilite le raccomandazioni a partire dal 2025. In generale, un ulteriore risanamento consentirebbe di affrontare meglio le sfide che gli andamenti demografici avversi pongono per i bilanci. Solidi assetti nazionali di finanza pubblica, pienamente in linea con le regole dell’UE e attuati con efficacia, dovrebbero favorire il risanamento dei conti e arginare gli sconfinamenti di spesa, contribuendo nel contempo a prevenire il riemergere di squilibri macroeconomici. Nell’insieme, le strategie di bilancio dovrebbero essere coerenti con una ridefinizione delle priorità per quanto concerne gli investimenti pubblici, oltre che con riforme strutturali esaustive finalizzate all’incremento della crescita potenziale e dell’occupazione. Il programma NGEU dovrà essere attuato con efficienza ed efficacia per poter sostenere lo sviluppo economico e favorire l’adeguamento ai cambiamenti strutturali in atto.

3.3 Criterio del tasso di cambio

Al momento della pubblicazione del presente rapporto il lev bulgaro è l’unica valuta inclusa negli AEC II. Le valute degli altri Stati membri considerati sono soggette a diversi regimi di cambio.

Il 10 luglio 2020 le parti degli AEC II hanno convenuto di includere il lev bulgaro negli accordi e, pertanto, il paese vi ha partecipato nel periodo di riferimento di due anni compreso tra il 20 giugno 2022 e il 19 giugno 2024. Nell’ambito degli AEC II, per la moneta bulgara è stata fissata una parità centrale di 1,95583 lev per euro, con una banda di oscillazione standard del ±15 per cento. La Bulgaria ha aderito agli accordi mantenendo il preesistente regime di currency board come impegno unilaterale, senza ulteriori obblighi per la BCE. La partecipazione agli AEC II è fondata su una serie di impegni assunti dalle autorità bulgare (alcuni dei quali erano già stati soddisfatti quando il lev è stato incluso negli AEC II) con l’obiettivo di raggiungere un elevato grado di convergenza economica sostenibile al momento dell’adozione dell’euro. La BCE e la Commissione europea verificano l’effettiva attuazione degli impegni post‑adesione della Bulgaria, agendo nelle rispettive aree di competenza in conformità ai trattati e alla legislazione secondaria. Nel suo ruolo di autorità di vigilanza, e data la responsabilità condivisa in materia di politica macroprudenziale, la BCE sta seguendo attentamente l’attuazione degli impegni riguardanti il settore finanziario, ossia la legislazione in materia di insolvenza e il quadro normativo in materia di antiriciclaggio, a causa del potenziale impatto degli stessi sugli aspetti prudenziali. La Bulgaria sta attualmente lavorando per il completamento di tali impegni ed è incoraggiata ad accelerare gli sforzi tesi a realizzare gli elementi del piano che il Gruppo di azione finanziaria internazionale ha adottato dopo aver inserito il paese nella propria lista grigia nell’ottobre 2023. Nel periodo di riferimento il lev non ha evidenziato scostamenti dalla parità centrale.

Le valute non comprese negli AEC II sono state quotate nell’ambito di regimi di cambio flessibili o a fluttuazione controllata, registrando per la maggior parte una volatilità relativamente elevata. Il leu rumeno, per il quale vige un regime di cambio a fluttuazione controllata, ha evidenziato un basso grado di volatilità. Le altre valute non comprese negli AEC II sono state quotate nell’ambito di regimi di cambio flessibili, mostrando una volatilità relativamente elevata. A giugno 2024 la corona ceca, il leu rumeno e la corona svedese si erano indeboliti nei confronti dell’euro rispetto a giugno 2022. Allo stesso tempo, il fiorino ungherese è stato scambiato a un livello pressoché invariato, mentre lo zloty polacco risultava rafforzato.

3.4 Criterio del tasso di interesse a lungo termine

Nel periodo in rassegna, tre dei sei paesi analizzati hanno registrato un tasso di interesse medio a lungo termine superiore al valore di riferimento del 4,8 per cento. I paesi che hanno rilevato i livelli più bassi sono stati Svezia e Bulgaria, con il 2,5 e il 4,0 per cento rispettivamente. Anche la Repubblica Ceca ha registrato un tasso di interesse medio inferiore al parametro, al 4,2 per cento, mentre la Polonia e la Romania si sono mantenute su livelli superiori, al 5,6 e al 6,4 per cento rispettivamente. Il tasso d’interesse medio a lungo termine più elevato è stato osservato in Ungheria, al 6,8 per cento. Nel 2022 le medie sui dodici mesi dei tassi di interesse a lungo termine hanno continuato ad aumentare per effetto delle crescenti pressioni inflazionistiche che hanno fatto seguito allo shock iniziale connesso all’impatto dell’invasione russa dell’Ucraina. Dagli inizi del 2023 i tassi di interesse a lungo termine in tutti i paesi sembrano essersi stabilizzati, o persino in certa misura ridotti, pur mantenendosi ancora su livelli elevati quasi ovunque.

Dal precedente rapporto sulla convergenza i differenziali di interesse a lungo termine rispetto alla media dell’area dell’euro si sono ridotti in tutti i paesi considerati, tranne la Bulgaria. Nondimeno, persiste un grado di eterogeneità significativo nei differenziali di interesse a lungo termine tra i paesi esaminati, di riflesso alle differenze sia nelle posizioni dei singoli paesi nel ciclo economico sia nelle valutazioni dei mercati finanziari circa le loro vulnerabilità esterne e interne, compresi gli andamenti di bilancio e le prospettive per una convergenza sostenibile. A maggio 2024 in Bulgaria il tasso di interesse a lungo termine era superiore di 60 punti base al livello dell’area dell’euro, il che rappresenta un incremento di 0,9 punti percentuali del differenziale rispetto a quanto osservato all’inizio del periodo considerato, ovvero maggio 2022. Tali andamenti sono presumibilmente connessi al rischio paese derivante dall’instabilità politica, poiché il sistema bancario della Bulgaria è in mano soprattutto a enti creditizi ubicati nell’area dell’euro e la banca centrale attua un regime di currency board che di fatto trasmette le condizioni monetarie presenti nell’area dell’euro. I paesi che nel periodo in rassegna hanno registrato il maggior calo del differenziale di interesse, compreso tra 1,8 e 2,9 punti percentuali, sono stati Ungheria, Polonia, Repubblica Ceca e Romania. In Svezia è stata osservata la diminuzione minore (0,8 punti percentuali).

3.5 Altri fattori rilevanti

Secondo la Commissione europea, i timori connessi alle pressioni dal lato della competitività di costo sono aumentati significativamente. Nella sua relazione 2024 sul meccanismo di allerta la Commissione europea si riferisce, in particolare, al significativo aumento del costo nominale del lavoro per unità di prodotto nei paesi dell’Europa centrale e orientale considerati, nel contesto degli ampi differenziali di inflazione cumulati e delle condizioni tese nei mercati del lavoro. La Commissione ha ritenuto necessario un esame approfondito per Ungheria, Romania e Svezia. Per quanto riguarda l’Ungheria, la Commissione ha constatato che permangono timori connessi alle forti pressioni dal lato dei prezzi e dei costi, al fabbisogno di finanziamento esterno e del settore pubblico e ai prezzi delle abitazioni. Per la Romania, ha rilevato che le preoccupazioni relative alla competitività di costo, alla sostenibilità esterna e al disavanzo pubblico restano notevoli. Nel caso della Svezia, la Commissione ha osservato il perdurare di preoccupazioni relative ai prezzi degli immobili residenziali, agli elevati livelli di indebitamento delle famiglie e al debito delle imprese. Sebbene la Commissione abbia classificato gli altri paesi considerati nel presente rapporto come privi di squilibri, anch’essi si trovano a dover affrontare diverse sfide. Nel suo pacchetto semestrale di primavera per il 2024, la Commissione ha confermato che l’Ungheria e la Svezia continuano a presentare squilibri, mentre la Romania presentava sbilanciamenti eccessivi che hanno fatto seguito a squilibri registrati fino al 2023, in quanto permangono vulnerabilità connesse ai conti con l’estero, principalmente riferite a disavanzi pubblici elevati e in aumento, mentre le notevoli pressioni su prezzi e costi sono aumentate, e l’azione politica è stata debole.

La posizione sull’estero della maggior parte dei paesi esaminati si è deteriorata negli ultimi anni. Dal quadro di valutazione della procedura per gli squilibri macroeconomici (PSM) emerge che nel 2023 le medie a tre anni dei saldi di conto corrente si sono addentrate ulteriormente in territorio negativo nella maggioranza dei paesi analizzati (cfr. la tavola 3.2). L’ampliamento dei disavanzi ha riflesso i forti rincari delle materie prime, con il conseguente peggioramento delle ragioni di scambio, oltre che la tenuta della domanda interna e la debolezza della domanda di importazioni nei principali partner commerciali. Nel 2023 la media a tre anni del saldo di conto corrente ha superato il limite inferiore del −4,0 per cento del PIL fissato per la soglia indicativa in Romania ed è risultata pari a −4,0 per cento in Ungheria, mentre si è collocata al di sopra del limite superiore del 6,0 per cento della soglia in Svezia.

Malgrado un ridimensionamento, la posizione patrimoniale netta sull’estero, in percentuale del PIL, si è mantenuta su livelli negativi elevati in gran parte dei paesi esaminati. Le passività nette sull’estero dei paesi dell’Europa centrale e orientale consistono soprattutto in investimenti diretti esteri, che sono ritenuti una forma più stabile di finanziamento. Nel 2023 la posizione patrimoniale netta sull’estero ha superato la soglia indicativa del −35 per cento del PIL in Ungheria e Romania. Le passività nette sull’estero sono state minori in Polonia (31,5 per cento del PIL), Repubblica Ceca (13,2 per cento) e Bulgaria (7,6 per cento), mentre la Svezia ha rilevato una posizione patrimoniale netta sull’estero positiva (33,2 per cento del PIL).

In termini di competitività di prezzo e di costo, tra il 2021 e il 2023 i tassi di cambio effettivi reali deflazionati con lo IAPC si sono apprezzati, in varia misura, in molti paesi esaminati, con l’unica eccezione della Svezia. Il tasso di crescita su tre anni del costo del lavoro per unità di prodotto è stato molto elevato in quasi tutti i paesi e ha oltrepassato la soglia indicativa del 12 per cento ovunque tranne che in Svezia nel 2023, aumentando di oltre il doppio della soglia in Bulgaria, Ungheria e Romania. Nonostante il deterioramento della competitività di prezzo e di costo, le quote di mercato delle esportazioni sono in certa misura migliorate in tutti i paesi nel 2023 e anche su un orizzonte pluriennale (per effetto, ad esempio, dell’espansione della capacità di produzione destinata all’esportazione).

Le economie dei paesi in esame rimangono ben integrate con l’area dell’euro attraverso i legami commerciali e finanziari. L’area dell’euro è il principale partner commerciale e finanziario di tutti i paesi analizzati (cfr. il grafico 3.9). Nel 2023 la quota delle esportazioni di beni verso l’area dell’euro sulle esportazioni totali era compresa fra il 40,7 per cento in Svezia e il 62,4 per cento nella Repubblica Ceca, mentre l’incidenza delle importazioni dall’area sulle importazioni totali si è collocata fra il 41,8 per cento in Bulgaria e il 55,8 per cento in Polonia. Per quanto concerne gli investimenti finanziari, la quota dell’area dell’euro sullo stock di investimenti diretti in entrata è risultata superiore al 70 per cento nella Repubblica Ceca, in Romania e in Polonia, mentre l’incidenza dell’area sulle consistenze in essere di passività per investimenti di portafoglio si collocava al di sopra di tale soglia in Bulgaria. Per gli investimenti sia diretti sia di portafoglio, la quota maggiore dello stock di attività sull’estero investita nell’area dell’euro è stata osservata in Romania, seguita dalla Repubblica Ceca. Inoltre le banche di proprietà di istituzioni finanziarie domiciliate nell’area dell’euro svolgono un ruolo importante nei sistemi bancari dei paesi dell’Europa centrale e orientale considerati, specialmente in Bulgaria, nella Repubblica Ceca e in Romania. Nell’insieme, i cicli economici di tutti i paesi analizzati rimangono altamente sincronizzati con quello dell’area dell’euro.

Grafico 3.9

Legami commerciali e finanziari con l’area dell’euro

a) Quota di interscambio di beni con l’area dell’euro

b) Posizione patrimoniale nei confronti dell’area dell’euro

(in percentuale del totale)

(in percentuale del totale)

Fonti: Eurostat e BCE.
Nota: i dati sono relativi al 2023

Dal 2022 i prezzi delle abitazioni hanno subito un rallentamento in tutti i paesi considerati. Nel periodo 2021‑2022 i prezzi delle abitazioni sono aumentati a tassi che non si osservano da prima della crisi finanziaria mondiale in gran parte dei paesi analizzati. Dal 2022 la forte ascesa dei costi di indebitamento, assieme al deterioramento del clima di fiducia dei consumatori, ha esercitato un impatto frenante sui crediti ipotecari e sui prezzi degli immobili residenziali, seppur in misura diversa nei vari paesi (cfr. il pannello a) del grafico 3.10). In Bulgaria e Polonia la correzione del mercato dell’edilizia residenziale è stata relativamente moderata, mentre in Svezia – dove i rischi rimangono elevati a causa degli alti livelli di indebitamento delle famiglie e dell’ampia esposizione del settore bancario a quello immobiliare – i prezzi degli immobili hanno subito una netta contrazione. L’aumento dei tassi di interesse ha accresciuto i costi di servizio del debito, particolarmente in paesi come la Polonia, la Romania e la Svezia nei quali la quota di mutui a tasso variabile è storicamente elevata (cfr. il pannello b) del grafico 3.10). In prospettiva la capacità di rimborso del debito delle famiglie potrebbe ridursi ulteriormente qualora i prezzi dell’energia dovessero tornare a far registrare forti rialzi, i tassi di interesse si mantenessero più elevati per un periodo maggiormente lungo o le condizioni nel mercato del lavoro subissero un deterioramento significativo.

Grafico 3.10

Prezzi delle abitazioni e quota di mutui ipotecari a tasso variabile

a) Prezzi degli immobili residenziali

b) Quota di prestiti a tasso variabile per l’acquisto di abitazioni

(variazioni percentuali sul periodo corrispondente)

(in percentuale del totale, media del periodo 2014‑2024)

Fonti: Eurostat, BCE ed elaborazioni della BCE.
Note: nel pannello a) prezzi degli immobili residenziali in termini nominali; nel pannello b) quota di prestiti a tasso variabile o con periodi di determinazione iniziale del tasso fino a un anno sul totale di nuovi prestiti alle famiglie per l’acquisto di abitazioni. Media del periodo compreso tra gennaio 2014 e aprile 2024.

L’esposizione al rischio di cambio è aumentata in gran parte dei paesi considerati, mentre il settore bancario ha mostrato nel complesso una buona capacità di tenuta. Dal 2022 la quota di prestiti alle imprese denominata in euro è aumentata significativamente (cfr. il pannello a) del grafico 3.11), soprattutto nella Repubblica Ceca, in Ungheria e in Romania, di riflesso all’ampliamento dei differenziali di tasso di interesse rispetto all’area dell’euro. Per contro, i prestiti alle famiglie denominati in euro sono rimasti su livelli relativamente bassi in tutti i paesi esaminati. Oltre a ridurre potenzialmente l’efficacia della politica monetaria interna, un livello elevato di eurizzazione accresce la vulnerabilità del sistema finanziario alle oscillazioni dei tassi di cambio poiché potrebbe determinare disallineamenti valutari nei bilanci del settore privato. I rischi per la stabilità finanziaria associati all’aumento delle esposizioni in valuta, ai tassi di interesse più alti e alla correzione in atto nei mercati degli immobili residenziali sono attenuati dalla capacità di tenuta dei settori bancari, che hanno continuato a evidenziare solide posizioni patrimoniali e riserve di liquidità, accesso stabile al finanziamento e redditività adeguata in tutti i paesi analizzati. Inoltre la quota di crediti deteriorati è scesa ulteriormente fino a raggiungere livelli corrispondenti o prossimi ai minimi storici del 2023 (cfr. il pannello b) del grafico 3.11), pur mantenendosi al di sopra del livello dell’area dell’euro in gran parte dei paesi considerati.

Grafico 3.11

Prestiti denominati in euro e crediti deteriorati

a) Prestiti alle SNF denominati in euro

b) Crediti deteriorati

(in percentuale del totale)

(in percentuale del totale)

Fonti: BCE ed elaborazioni della BCE.
Nota: pannello a): in base agli importi in essere.

Nei paesi analizzati le politiche per il settore finanziario dovrebbero puntare ad assicurare che tale comparto fornisca un valido contributo a una crescita economica sostenibile e alla stabilità dei prezzi, mentre le politiche di vigilanza dovrebbero essere orientate a garantire un sistema bancario resiliente e finanziariamente solido, aspetto che rappresenta uno dei presupposti per la partecipazione al Meccanismo di vigilanza unico (MVU). Per sostenere ulteriormente la fiducia nel sistema finanziario, le autorità nazionali competenti dovrebbero continuare a migliorare le proprie prassi di vigilanza, anche dando seguito alle raccomandazioni applicabili degli organismi internazionali ed europei pertinenti e operando in stretta collaborazione con le autorità nazionali di vigilanza degli altri Stati membri dell’UE nell’ambito dei collegi di vigilanza. Con l’entrata in vigore del quadro di cooperazione stretta con la Българска народна банка (Banca nazionale di Bulgaria) nel 2020, la BCE ha assunto la responsabilità in materia di: (a) vigilanza diretta degli enti significativi in Bulgaria; (b) procedure comuni per tutti i soggetti vigilati; (c) sorveglianza degli enti meno significativi, che continuano a essere vigilati dall’autorità nazionale competente. In seguito all’instaurazione di una cooperazione stretta, la BCE ha collaborato assiduamente con la Българска народна банка (Banca nazionale di Bulgaria) per assicurarne l’ordinata integrazione nell’MVU.

Le condizioni nei mercati del lavoro sono rimaste tese in gran parte dei paesi considerati. Dalla pubblicazione del rapporto sulla convergenza del 2022 il tasso di disoccupazione è in certa misura aumentato in gran parte dei paesi analizzati, pur mantenendosi prossimo ai minimi storici e inferiore al livello osservato nell’area dell’euro (cfr. il pannello a) del grafico 3.12). La maggior parte dei paesi ha continuato ad affrontare carenze di manodopera in determinati segmenti del mercato del lavoro, che hanno accentuato le forti pressioni salariali. Tali carenze risultano da andamenti meno favorevoli delle forze di lavoro e della popolazione in età lavorativa nei paesi dell’Europa centrale e orientale in esame rispetto all’area dell’euro (cfr. il pannello b) del grafico 3.12), che sono da ricondurre all’emigrazione di persone altamente qualificate e al rapido invecchiamento demografico. Altre sfide strutturali nei mercati del lavoro di alcuni paesi analizzati includono il basso tasso di partecipazione alle forze di lavoro (specialmente tra le donne) e il significativo disallineamento tra qualifiche richieste e offerte. Anche se le condizioni tese nei mercati del lavoro rappresentano un rischio al rialzo per le prospettive salariali e inflazionistiche nel breve periodo, i rischi di una spirale salari‑prezzi sembrano contenuti a causa di aspettative di inflazione a più lungo termine sostanzialmente ancorate, che riflettono la fiducia dei mercati nell’impegno delle banche centrali a preservare la stabilità dei prezzi. Nel medio periodo gli andamenti demografici sfavorevoli e i problemi strutturali nei mercati del lavoro rappresentano una sfida importante per i paesi dell’Europa centrale e orientale nel perseguimento di un’ulteriore riduzione del divario con l’area dell’euro. I rischi sono particolarmente pronunciati in Bulgaria e in Romania, dove ci si attende che la popolazione continui a ridursi rapidamente nel decennio a venire.

Grafico 3.12

Indicatori del mercato del lavoro

a) Tasso di disoccupazione

b) Popolazione in età lavorativa

(percentuale delle forze di lavoro)

(variazioni percentuali)

Fonti: Eurostat ed elaborazioni della BCE.
Nota: pannello b): variazioni percentuali tra il primo trimestre del 2014 e il quarto trimestre del 2023 (barre blu dell’istogramma) e variazioni percentuali tra il primo trimestre del 2022 e il quarto trimestre del 2023 (barre gialle).

La solidità del quadro istituzionale costituisce un altro importante fattore nell’analisi della sostenibilità dell’integrazione e della convergenza economica. La bassa qualità delle istituzioni e una governance carente possono essere, ad esempio, associate a debolezze del contesto economico, inefficienze della pubblica amministrazione, evasione fiscale, corruzione, mancanza di inclusione sociale, di trasparenza e di indipendenza del sistema giudiziario e/o uno scarso accesso ai servizi online. In gran parte dei paesi considerati, migliorare la qualità istituzionale contribuirebbe a eliminare le rigidità e gli ostacoli esistenti per un’allocazione e un utilizzo efficienti dei fattori di produzione, rafforzando pertanto la capacità di crescita a lungo termine. Contrastando la crescita del prodotto potenziale, un quadro istituzionale debole può anche minare la capacità di un paese di assicurare il servizio del debito e rendere più arduo il processo di aggiustamento economico. Potrebbe inoltre influire sulla sua capacità di attuare le necessarie misure sul piano delle politiche.

La qualità delle istituzioni e della governance è relativamente carente in tutti i paesi dell’Europa centrale e orientale esaminati, soprattutto in Bulgaria, Romania e Ungheria. Questo aspetto può comportare rischi per la capacità di tenuta dell’economia e la sostenibilità della convergenza. Specifici indicatori istituzionali confermano sostanzialmente un quadro generale caratterizzato da una qualità delle istituzioni e della governance insufficiente nella maggior parte dei paesi, anche se alcuni hanno registrato un miglioramento negli ultimi decenni (cfr. il grafico 3.13)[151]. Sotto questo punto di vista, Bulgaria, Romania e Ungheria sono fra i paesi che devono affrontare le maggiori sfide nell’ambito dell’UE. L’attuazione delle riforme indicate nei rispettivi piani per la ripresa e la resilienza contribuirebbe a rafforzare lo Stato di diritto e la governance in questi paesi.

Grafico 3.13

Posizionamento degli Stati membri dell’UE in termini di qualità istituzionale

a) Worldwide Governance Indicators

b) Corruption Perceptions Index

(indice; asse delle ascisse: livello nel 2000; asse delle ordinate: livello nel 2022)

(indice; asse delle ascisse: livello nel 1999; asse delle ordinate: livello nel 2023)

Fonti: Worldwide Governance Indicators 2023 (Banca mondiale), Transparency International ed elaborazioni della BCE.
Note: nel pannello a) l’indice è calcolato come media dei punteggi percentili (rispetto alla scala) dei World Governance Indicators relativi a voice e accountability, stabilità politica e assenza di violenza/terrorismo, efficacia delle amministrazioni pubbliche, qualità del quadro regolatorio, Stato di diritto e contrasto alla corruzione. Nel pannello b) il Corruption Perceptions Index classifica i paesi in base al livello di corruzione percepita del settore pubblico su una scala che va da 0 (altamente corrotto) a 100 (altamente integro). Gli anni di riferimento di tale indice per Cipro e Malta sono rispettivamente il 2003 e il 2004. I punti rossi indicano i paesi considerati, i punti verdi i paesi che hanno aderito all’area dell’euro a partire dal 2003 e i punti azzurri i paesi che sono entrati a far parte dell’area prima del 2003; il punto grigio rappresenta la Danimarca.

Nella maggior parte dei paesi analizzati sono necessarie riforme strutturali di ampio respiro per rafforzare la crescita economica e la competitività. Il miglioramento delle istituzioni, della governance e del contesto economico a livello nazionale, insieme a ulteriori progressi nella riforma e nella privatizzazione delle imprese statali e all’efficiente assorbimento dei fondi dell’UE, concorrerebbe a incrementare i guadagni di produttività. Ciò a sua volta contribuirebbe ad aumentare la concorrenza nei principali settori regolamentati (quali l’energia e i trasporti), abbassando le barriere all’ingresso e incoraggiando gli indispensabili investimenti privati.

Tavola 3.2

Quadro di valutazione per la sorveglianza degli squilibri macroeconomici

Tavola 3.2a – Indicatori degli squilibri esterni e della competitività

Saldo delle partite correnti1

Posizione patrimoniale netta sull’estero2

Tasso di cambio effettivo reale (deflatore: IAPC)3

Quota di mercato delle esportazioni4

Costo nominale del lavoro per unità di prodotto5

Bulgaria

2020

1,0

−25,6

7,0

15,4

19,9

2021

0,1

−18,6

3,7

10,9

16,4

2022

−1,0

−12,9

5,6

14,7

23,6

2023

−1,1

−7,6

8,6

15,9

27,4

Repubblica Ceca

2020

0,9

−16,3

5,5

7,8

18,7

2021

−0,1

−14,5

5,0

−2,0

13,9

2022

−1,9

−18,7

13,3

−7,5

14,8

2023

−2,4

−13,2

24,1

0,6

15,8

Ungheria

2020

−0,5

−52,5

−5,1

7,1

13,6

2021

−2,0

−53,6

−4,2

−3,0

12,5

2022

−4,5

−52,1

−8,9

−5,2

24,0

2023

−4,0

−46,6

10,3

4,4

34,0

Polonia

2020

0,1

−43,9

0,8

33,3

14,0

2021

0,3

−39,8

−0,7

23,3

12,1

2022

−0,4

−33,3

−0,5

15,8

15,7

2023

−0,7

−31,4

9,3

23,0

22,0

Romania

2020

−4,8

−47,6

3,4

19,5

20,7

2021

−5,7

−47,0

1,1

9,2

14,7

2022

−7,1

−40,8

2,5

6,0

16,9

2023

−7,8

−39,8

6,7

10,6

26,7

Svezia

2020

4,6

7,4

−4,8

2,8

8,1

2021

6,1

19,1

2,2

0,6

4,5

2022

6,2

31,6

−1,6

−3,2

7,8

2023

6,5

33,7

−7,3

3,7

11,1

Soglia

−4,0/+6,0

−35,0

+/−11,0

−6,0

+12,0


Tavola 3.2b – Indicatori degli squilibri interni e della disoccupazione

Squilibri interni

Indicatori della disoccupazione

Prezzi delle abitazioni (deflatore: consumi)6

Flussi di credito al settore privato (dati consolidati)2

Debito del settore privato (dati consolidati)2

Passività del settore finanziario6

Debito pubblico2

Tasso di disoccupazione7

Tasso di attività8

Disoccupazione di lunga durata8

Disoccupazione giovanile8

Bulgaria

2020

5,2

4,2

92,1

10,5

24,6

5,8

0,9

−1,2

1,3

2021

2,5

4,9

84,0

10,4

23,9

5,5

0,6

−1,0

−0,1

2022

−2,1

5,9

74,6

11,8

22,6

5,2

0,6

−0,7

−1,5

2023

2,7

.

.

.

23,1

4,6

1,8

−0,4

−5,3

Repubblica Ceca

2020

5,4

0,6

81,7

4,8

37,7

2,3

0,5

−0,4

0,1

2021

16,4

2,9

78,8

8,2

42,0

2,5

0,0

0,1

1,5

2022

1,6

4,5

76,0

3,2

44,2

2,5

0,5

0,0

1,2

2023

−10,0

.

.

.

44,0

2,5

0,7

0,2

0,3

Ungheria

2020

1,5

8,2

76,9

54,9

79,3

3,7

2,0

−0,5

2,0

2021

9,6

12,9

80,9

16,9

76,7

3,8

2,1

−0,1

3,6

2022

5,2

9,2

79,0

8,7

74,1

3,9

2,5

0,1

−0,6

2023

−7,7

.

.

.

73,5

3,9

2,9

0,3

0,3

Polonia

2020

6,7

1,7

76,0

11,7

57,2

3,5

1,5

−0,9

−4,1

2021

3,5

3,7

71,2

12,9

53,6

3,3

3,5

−0,1

0,1

2022

−1,9

3,0

63,4

3,0

49,2

3,2

3,5

0,2

1,1

2023

−1,9

0,9

57,0

10,9

49,6

3,0

4,3

0,2

0,6

Romania

2020

2,3

1,3

48,1

13,4

46,7

5,4

2,3

−0,6

−1,4

2021

−0,2

3,8

47,9

14,3

48,5

5,5

3,2

−0,2

0,5

2022

−6,4

3,3

43,7

8,2

47,5

5,8

3,5

0,2

1,8

2023

−5,9

2,0

40,4

16,7

48,8

5,6

2,7

0,4

0,2

Svezia

2020

3,3

14,5

212,7

10,4

40,2

7,3

−0,1

−0,1

6,5

2021

8,1

16,2

213,5

11,2

36,7

8,1

0,1

0,9

7,9

2022

−3,0

10,4

208,0

3,0

33,2

8,3

0,7

1,1

2,4

2023

−10,9

.

.

.

31,2

8,0

1,9

0,6

−1,5

Soglia

+6,0

+14,0

+133,0

+16,5

+60,0

+10,0

−0,2

0,5

2,0

Fonti: Commissione europea (Eurostat, Direzione generale degli Affari economici e finanziari) e SEBC.
Note: la tavola include i dati disponibili al 19 giugno 2024 (data di chiusura delle statistiche del presente rapporto) e pertanto differisce dal quadro di valutazione della relazione 2024 sul meccanismo di allerta pubblicata a novembre 2023.
1) In percentuale del PIL, media a tre anni.
2) In percentuale del PIL.
3) Variazione percentuale su tre anni rispetto ad altri 41 paesi industrializzati. Un valore positivo indica una perdita di competitività.
4) Variazione percentuale su cinque anni.
5) Variazione percentuale su tre anni.
6) Variazione percentuale sul periodo corrispondente.
7) Media a tre anni.
8) Variazione su tre anni in punti percentuali.

4 Sintesi per paese

4.1 Bulgaria

A maggio 2024 il tasso medio di inflazione sui dodici mesi misurato sullo IAPC si è collocato in Bulgaria al 5,1 per cento, ben al di sopra del valore di riferimento del 3,3 per cento fissato per il criterio della stabilità dei prezzi. Ci si attende che tale tasso diminuisca gradualmente nei prossimi mesi, a fronte del continuo attenuarsi delle pressioni inflazionistiche e delle strozzature dal lato dell’offerta. L’inflazione di fondo dovrebbe rimanere persistentemente elevata, principalmente per effetto delle forti pressioni salariali in presenza di condizioni tese nei mercati del lavoro. Il costo del lavoro per unità di prodotto è aumentato del 27,4 per cento nel periodo compreso tra il 2020 e il 2023, ben al di sopra del 9,5 per cento registrato nell’area dell’euro. Desta timori la sostenibilità della convergenza dell’inflazione in Bulgaria a più lungo termine. È probabile che il processo di recupero del divario nello sviluppo economico determini differenziali di inflazione positivi nei confronti dell’area dell’euro, poiché il PIL pro capite e il livello dei prezzi sono ancora significativamente inferiori in Bulgaria rispetto all’area.

La Bulgaria non è al momento oggetto di una decisione del Consiglio sull’esistenza di un disavanzo eccessivo. In Bulgaria il disavanzo delle amministrazioni pubbliche è stato pari all’1,9 per cento del PIL nel 2023, ben al di sotto del valore di riferimento del 3 per cento, e il rapporto debito/PIL si è collocato al 23,1 per cento, ampiamente al di sotto del valore di riferimento del 60 per cento.

Il lev bulgaro ha partecipato agli AEC II nel periodo di riferimento di due anni compreso tra il 20 giugno 2022 e il 19 giugno 2024. Nel periodo di riferimento il lev non ha evidenziato scostamenti rispetto alla parità centrale. L’accordo per la partecipazione agli AEC II si è basato su una serie di impegni assunti dalle autorità nazionali. La Bulgaria sta attualmente lavorando al perfezionamento di questi impegni post-adesione ed è incoraggiata ad accelerare gli sforzi per l’esecuzione dei punti del programma che il Gruppo di azione finanziaria internazionale (GAFI) ha adottato dopo aver inserito il paese nella propria “lista grigia” di giurisdizioni sottoposte a maggiore monitoraggio nell’ottobre 2023.

Nel periodo in rassegna (giugno 2023 - maggio 2024) i tassi di interesse a lungo termine della Bulgaria si sono collocati in media al 4,0 per cento, un livello inferiore al valore di riferimento del 4,8 per cento fissato per questo criterio di convergenza. Il differenziale tra i tassi di interesse a lungo termine in Bulgaria e il tasso di interesse (ponderato per il PIL) dell’area dell’euro è lievemente diminuito, collocandosi a 0,9 punti percentuali alla fine del periodo di riferimento. In Bulgaria i mercati dei capitali restano di dimensioni inferiori e molto meno sviluppati rispetto a quelli dell’area dell’euro.

La legislazione bulgara è compatibile con i trattati e con lo Statuto del SEBC, come richiesto dall’articolo 131 del Trattato, subordinatamente alle condizioni e alle interpretazioni di cui alla Sezione 7.1.

4.2 Repubblica Ceca

A maggio 2024 il tasso medio di inflazione sui dodici mesi misurato sullo IAPC si è collocato nella Repubblica Ceca al 6,3 per cento, ben al di sopra del valore di riferimento del 3,3 per cento fissato per il criterio della stabilità dei prezzi. Ci si attende che tale tasso diminuisca gradualmente nei prossimi mesi, per effetto del passato inasprimento della politica monetaria e della perdurante attenuazione delle spinte inflazionistiche e delle strozzature dal lato dell’offerta. Allo stesso tempo, le condizioni molto tese del mercato del lavoro continueranno a esercitare pressioni al rialzo sull’inflazione. Desta timori la sostenibilità della convergenza dell’inflazione nella Repubblica Ceca a più lungo termine. Sempre che non sia controbilanciato da un apprezzamento del tasso di cambio nominale, il processo di recupero del divario nello sviluppo economico potrebbe determinare differenziali di inflazione positivi nei confronti dell’area dell’euro, poiché il PIL pro capite e il livello dei prezzi nella Repubblica Ceca sono ancora relativamente inferiori rispetto all’area.

La Repubblica Ceca non è attualmente oggetto di una decisione del Consiglio sull’esistenza di un disavanzo eccessivo. Nella Repubblica Ceca il disavanzo delle amministrazioni pubbliche è stato pari al 3,7 per cento del PIL nel 2023, valore superiore al parametro di riferimento del 3 per cento, e il rapporto debito/PIL si è collocato al 44,0 per cento, al di sotto del valore di riferimento del 60 per cento. A giugno 2024 la Commissione europea ha valutato il disavanzo eccessivo come temporaneo, poiché si prevedeva che i disavanzi del 2024 e del 2025 non avrebbero superato il valore di riferimento. Dopo aver considerato i fattori rilevanti, ha ritenuto soddisfatto il criterio del disavanzo previsto dal Patto di stabilità e crescita.

Nel periodo di riferimento di due anni (20 giugno 2022 - 19 giugno 2024) la Repubblica Ceca non ha partecipato agli AEC II, ma ha mantenuto un regime di cambio flessibile. Il cambio della corona ceca rispetto all’euro ha mostrato, in media, un grado di volatilità relativamente elevato nel periodo in esame. Il 19 giugno 2024 il tasso di cambio era pari a 24,9100 corone per euro, un livello inferiore dello 0,8 per cento rispetto alla media di giugno 2022.

Nel periodo in rassegna (giugno 2023 - maggio 2024) i tassi di interesse a lungo termine della Repubblica Ceca si sono collocati in media al 4,2 per cento, al di sotto del valore di riferimento del 4,8 per cento fissato per questo criterio di convergenza. Il differenziale tra i tassi di interesse a lungo termine nella Repubblica Ceca e il tasso di interesse (ponderato per il PIL) dell’area dell’euro è diminuito lievemente, portandosi a 1,1 punti percentuali alla fine del periodo di riferimento. Nella Repubblica Ceca i mercati dei capitali hanno dimensioni ridotte e un livello di sviluppo molto inferiore rispetto a quelli dell’area dell’euro.

La legislazione ceca non soddisfa tutti i requisiti relativi all’indipendenza della banca centrale, al divieto di finanziamento monetario e all’integrazione nell’Eurosistema sul piano giuridico. La Repubblica Ceca è uno Stato membro dell’UE con deroga ed è pertanto tenuta ad adempiere tutti gli obblighi di adeguamento legale previsti all’articolo 131 del Trattato.

4.3 Ungheria

A maggio 2024 il tasso medio di inflazione sui dodici mesi misurato sullo IAPC si è collocato in Ungheria all’8,4 per cento, notevolmente al di sopra del valore di riferimento del 3,3 per cento fissato per il criterio della stabilità dei prezzi. Ci si attende che tale tasso diminuisca gradualmente nei prossimi mesi, per effetto del passato inasprimento della politica monetaria e della perdurante attenuazione delle spinte inflazionistiche e delle strozzature dal lato dell’offerta. Allo stesso tempo, le condizioni tese del mercato del lavoro e la forte rivalutazione dei prezzi nel settore dei servizi continueranno a esercitare pressioni al rialzo sull’inflazione. Il costo del lavoro per unità di prodotto è aumentato del 34,0 per cento nel periodo compreso tra il 2020 e il 2023, ben al di sopra del 9,5 per cento registrato nell’area dell’euro. Desta timori la sostenibilità della convergenza dell’inflazione in Ungheria a più lungo termine. Sempre che non sia controbilanciato da un apprezzamento del tasso di cambio nominale, è probabile che il processo di recupero del divario nello sviluppo economico determini differenziali di inflazione positivi nei confronti dell’area dell’euro, poiché il PIL pro capite e il livello dei prezzi in Ungheria sono ancora inferiori rispetto all’area.

La Commissione europea ha osservato nel giugno 2024 che l’Ungheria non soddisfaceva il criterio del disavanzo previsto dal Patto di stabilità e crescita. In Ungheria il disavanzo delle amministrazioni pubbliche è stato pari al 6,7 per cento del PIL nel 2023, significativamente al di sopra del valore di riferimento del 3 per cento, e il rapporto debito/PIL si è collocato al 73,5 per cento, al di sopra del valore di riferimento del 60 per cento. A giugno 2024 la Commissione ha constatato che l’Ungheria non soddisfaceva il criterio del disavanzo previsto dal Patto di stabilità e crescita e ha annunciato l’intenzione di proporre al Consiglio, nel mese di luglio, l’adozione di una decisione a norma dell’articolo 126, paragrafo 6, che accerti l’esistenza di un disavanzo eccessivo in Ungheria.

Nel periodo di riferimento di due anni (20 giugno 2022 - 19 giugno 2024) l’Ungheria non ha partecipato agli AEC II, ma ha mantenuto un regime di cambio flessibile. Il cambio del fiorino rispetto all’euro ha mostrato, in media, un grado di volatilità molto elevato nel periodo in esame. Il 19 giugno 2024 il tasso di cambio era pari a 396,3400 fiorini per euro, a indicare che il fiorino è stato scambiato quasi allo stesso livello (0,1 per cento) rispetto alla media di giugno 2022. La Magyar Nemzeti Bank ha concluso a giugno 2020 un accordo con la BCE per la creazione di una linea di operazioni pronti contro termine che consente di prendere in prestito fino a 4 miliardi di euro a fronte di garanzie di qualità elevata denominate in euro per fornire alle istituzioni finanziarie ungheresi liquidità in euro. L’accordo è rimasto in vigore nel periodo di riferimento in quanto prorogato nuovamente a gennaio 2024.

Nel periodo in rassegna (giugno 2023 - maggio 2024) i tassi di interesse a lungo termine dell’Ungheria si sono collocati in media al 6,8 per cento, al di sopra del valore di riferimento del 4,8 per cento fissato per questo criterio di convergenza. Il differenziale tra i tassi di interesse a lungo termine in Ungheria e il tasso di interesse (ponderato per il PIL) dell’area dell’euro è diminuito considerevolmente, collocandosi a 3,7 punti percentuali alla fine del periodo di riferimento. In Ungheria i mercati dei capitali hanno dimensioni ridotte e un livello di sviluppo molto inferiore rispetto a quelli dell’area dell’euro.

La legislazione ungherese non soddisfa tutti i requisiti concernenti l’indipendenza della banca centrale, il divieto di finanziamento monetario, l’ortografia comune dell’euro e l’integrazione nell’Eurosistema sul piano giuridico. L’Ungheria è uno Stato membro dell’UE con deroga ed è pertanto tenuta ad adempiere tutti gli obblighi di adeguamento legale previsti all’articolo 131 del Trattato.

4.4 Polonia

A maggio 2024 il tasso medio di inflazione sui dodici mesi misurato sullo IAPC si è collocato in Polonia al 6,1 per cento, ben al di sopra del valore di riferimento del 3,3 per cento fissato per il criterio della stabilità dei prezzi. Ci si attende che tale tasso diminuisca gradualmente nei prossimi mesi, per effetto del passato inasprimento della politica monetaria e della perdurante attenuazione delle spinte inflazionistiche e delle strozzature dal lato dell’offerta. Allo stesso tempo, le condizioni tese del mercato del lavoro continueranno a esercitare pressioni al rialzo sull’inflazione. Il costo del lavoro per unità di prodotto è aumentato del 22,0 per cento nel periodo compreso tra il 2020 e il 2023, ben al di sopra del 9,5 per cento registrato nell’area dell’euro. Desta timori la sostenibilità della convergenza dell’inflazione in Polonia a più lungo termine. Sempre che non sia controbilanciato da un apprezzamento del tasso di cambio nominale, è probabile che il processo di recupero del divario nello sviluppo economico determini differenziali di inflazione positivi nei confronti dell’area dell’euro, poiché il PIL pro capite e il livello dei prezzi in Polonia sono ancora inferiori rispetto all’area.

La Commissione europea ha osservato a giugno 2024 che la Polonia non soddisfaceva il criterio del disavanzo previsto dal Patto di stabilità e crescita. In Polonia il disavanzo delle amministrazioni pubbliche è stato pari al 5,1 per cento del PIL nel 2023, ben al di sopra del valore di riferimento del 3 per cento, e il rapporto debito/PIL si è collocato al 49,6 per cento, al di sotto del valore di riferimento del 60 per cento. A giugno 2024 la Commissione ha constatato che la Polonia non soddisfaceva il criterio del disavanzo previsto dal Patto di stabilità e crescita e ha annunciato l’intenzione di proporre al Consiglio, nel mese di luglio, l’adozione di una decisione a norma dell’articolo 126, paragrafo 6, che accerti l’esistenza di un disavanzo eccessivo in Polonia.

Nel periodo di riferimento di due anni (20 giugno 2022 - 19 giugno 2024) la Polonia non ha partecipato agli AEC II, ma ha mantenuto un regime di cambio flessibile. Il cambio dello zloty rispetto all’euro ha mostrato, in media, un grado di volatilità relativamente elevato nel periodo in esame. Il 19 giugno 2024 il tasso di cambio era pari a 4,3300 zloty per euro, un livello superiore del 6,8 per cento rispetto alla media di giugno 2022. Tra marzo 2022 e la metà di gennaio 2024 la Narodowy Bank Polski ha beneficiato di un accordo con la BCE per la creazione di una linea di swap che consentiva di prendere in prestito fino a 10 miliardi di euro in cambio di zloty per far fronte all’eventuale fabbisogno di liquidità in euro nel sistema finanziario polacco.

Nel periodo in rassegna (giugno 2023 - maggio 2024) i tassi di interesse a lungo termine della Polonia si sono collocati in media al 5,6 per cento, al di sopra del valore di riferimento del 4,8 per cento fissato per questo criterio di convergenza. Il differenziale tra i tassi di interesse a lungo termine in Polonia e il tasso di interesse (ponderato per il PIL) dell’area dell’euro è leggermente diminuito, portandosi a 2,6 punti percentuali alla fine del periodo di riferimento. In Polonia i mercati dei capitali hanno dimensioni ridotte e un livello di sviluppo molto inferiore rispetto a quelli dell’area dell’euro.

La legislazione polacca non soddisfa tutti i requisiti relativi all’indipendenza della banca centrale, alla riservatezza, al divieto di finanziamento monetario e all’integrazione nell’Eurosistema sul piano giuridico. La Polonia è uno Stato membro dell’UE con deroga ed è pertanto tenuta ad adempiere tutti gli obblighi di adeguamento legale previsti all’articolo 131 del Trattato.

4.5 Romania

A maggio 2024 il tasso medio di inflazione sui dodici mesi misurato sullo IAPC si è collocato in Romania al 7,6 per cento, notevolmente al di sopra del valore di riferimento del 3,3 per cento fissato per il criterio della stabilità dei prezzi. Ci si attende che tale tasso diminuisca gradualmente nei prossimi mesi, per effetto del passato inasprimento della politica monetaria e della perdurante attenuazione delle spinte inflazionistiche e delle strozzature dal lato dell’offerta. Al tempo stesso, ci si attende che l’inflazione di fondo rimanga vischiosa, alimentata dalla forte dinamica salariale in un contesto caratterizzato da condizioni tese del mercato del lavoro. Il costo del lavoro per unità di prodotto è aumentato del 26,7 per cento nel periodo compreso tra il 2020 e il 2023, ben al di sopra del 9,5 per cento registrato nell’area dell’euro. Desta timori la sostenibilità della convergenza dell’inflazione in Romania a più lungo termine. Sempre che non sia controbilanciato da un apprezzamento del tasso di cambio nominale, è probabile che il processo di recupero del divario nello sviluppo economico determini differenziali di inflazione positivi nei confronti dell’area dell’euro, poiché il PIL pro capite e il livello dei prezzi in Romania sono ancora inferiori rispetto all’area.

La Romania è attualmente sottoposta alla procedura per i disavanzi eccessivi e la Commissione europea ha rilevato, a giugno 2024, l’assenza di azioni efficaci al riguardo. In Romania il disavanzo delle amministrazioni pubbliche è stato pari al 6,6 per cento nel 2023, significativamente al di sopra del valore di riferimento del 3 per cento, e il rapporto debito/PIL si è collocato al 48,8 per cento, al di sotto del valore di riferimento del 60 per cento. Dall’aprile 2020 la Romania è sottoposta alla procedura per i disavanzi eccessivi, poiché il suo disavanzo di bilancio era superiore al valore di riferimento del 3 per cento nel 2019. Il disavanzo complessivo del paese nel 2023 era di gran lunga superiore rispetto all’obiettivo raccomandato. A giugno 2024 la Commissione europea ha valutato che la risposta della Romania era stata insufficiente e ha raccomandato una decisione del Consiglio che stabilisse che il paese non aveva adottato misure efficaci per correggere il disavanzo eccessivo.

Nel periodo di riferimento (20 giugno 2022 - 19 giugno 2024) la Romania non ha partecipato agli AEC II, ma ha mantenuto un regime di cambio flessibile a fluttuazione controllata. Il cambio del leu rispetto all’euro ha mostrato, in media, un grado di volatilità contenuto nel periodo in esame. Il 19 giugno 2024 il tasso di cambio leu/euro era pari a 4,9768, un livello inferiore dello 0,7 per cento rispetto alla media di giugno 2022. Tra giugno 2020 e metà gennaio 2024 la Banca Naţională a României ha beneficiato di un accordo con la BCE per la creazione di una linea di operazioni pronti contro termine che consente di prendere in prestito fino a 4,5 miliardi di euro a fronte di garanzie di qualità elevata denominate in euro per fornire alle istituzioni finanziarie rumene liquidità in euro.

Nel periodo in rassegna (giugno 2023 - maggio 2024) i tassi di interesse a lungo termine della Romania si sono collocati in media al 6,4 per cento, al di sopra del valore di riferimento del 4,8 per cento fissato per questo criterio di convergenza. Il differenziale tra i tassi di interesse a lungo termine in Romania e il tasso di interesse (ponderato per il PIL) dell’area dell’euro è leggermente aumentato, portandosi a 3,2 punti percentuali alla fine del periodo di riferimento. I mercati dei capitali in Romania hanno dimensioni molto ridotte rispetto a quelli dell’area dell’euro e sono ancora poco sviluppati.

La legislazione rumena non soddisfa tutti i requisiti relativi all’indipendenza della banca centrale, al divieto di finanziamento monetario e all’integrazione nell’Eurosistema sul piano giuridico. La Romania è uno Stato membro dell’UE con deroga ed è pertanto tenuta ad adempiere tutti gli obblighi di adeguamento legale previsti all’articolo 131 del Trattato.

4.6 Svezia

A maggio 2024 il tasso medio di inflazione sui dodici mesi misurato sullo IAPC si è collocato in Svezia al 3,6 per cento, al di sopra del valore di riferimento del 3,3 per cento fissato per il criterio della stabilità dei prezzi. Ci si attende che tale tasso diminuisca gradualmente nei prossimi mesi, per effetto di un orientamento restrittivo della politica monetaria, del calo dei prezzi dell’energia e del perdurante allentamento delle pressioni inflazionistiche. Nel 2024 l’inflazione dei prezzi al consumo dovrebbe convergere verso l’obiettivo del 2 per cento fissato dalla Sveriges Riksbank e rimanere prossima a tale livello nel 2025. In prospettiva, la politica monetaria e l’assetto istituzionale orientato alla stabilità dovrebbero continuare a sostenere il raggiungimento della stabilità dei prezzi nel paese.

La Svezia non è al momento oggetto di una decisione del Consiglio sull’esistenza di un disavanzo eccessivo. In Svezia il disavanzo delle amministrazioni pubbliche è stato pari allo 0,6 per cento del PIL nel 2023, ben al di sotto del valore di riferimento del 3 per cento, e il rapporto debito/PIL si è collocato al 31,2 per cento, ampiamente al di sotto del valore di riferimento del 60 per cento. La Svezia non è mai stata sottoposta a una procedura per i disavanzi eccessivi.

Nel periodo di riferimento di due anni (20 giugno 2022 - 19 giugno 2024) la Svezia non ha partecipato agli AEC II, ma ha mantenuto un regime di cambio flessibile. Il tasso di cambio della corona rispetto all’euro ha mostrato, in media, un grado di volatilità elevato nel periodo di riferimento di due anni. Il 19 giugno 2024 il tasso di cambio corona/euro era pari a 11,2140, un livello inferiore del 5,8 per cento rispetto alla media di giugno 2022. Nel periodo in esame la Sveriges Riksbank ha mantenuto un accordo di swap con la BCE che consente di mutuare fino a 10 miliardi di euro in cambio di corone e che era stato stipulato il 20 dicembre 2007.

Nel periodo in rassegna (giugno 2023 - maggio 2024) i tassi di interesse a lungo termine della Svezia si sono collocati in media al 2,5 per cento, mantenendosi ben al di sotto del valore di riferimento del 4,8 per cento fissato per questo criterio di convergenza. Il differenziale tra i tassi di interesse a lungo termine in Svezia e il tasso di interesse (ponderato per il PIL) dell’area dell’euro è lievemente diminuito, collocandosi a −0,7 punti percentuali alla fine del periodo di riferimento. I mercati dei capitali svedesi sono molto sviluppati rispetto a quelli dell’area dell’euro.

La legislazione svedese non soddisfa tutti i requisiti relativi all’indipendenza della banca centrale, al divieto di finanziamento monetario e all’integrazione nell’Eurosistema sul piano giuridico. La Svezia è uno Stato membro dell’UE con deroga ed è pertanto tenuta ad adempiere tutti gli obblighi di adeguamento legale previsti all’articolo 131 del Trattato. Ai sensi del Trattato, il paese ha l’obbligo fin dal 1° giugno 1998 di adottare disposizioni normative nazionali in vista dell’integrazione nell’Eurosistema. Le autorità svedesi non hanno ancora varato alcun provvedimento legislativo volto a sanare le incompatibilità descritte nel presente rapporto e in quelli pubblicati in precedenza.

Ringraziamenti

Il presente rapporto è stato coordinato e predisposto dalla Direzione Generale Analisi economica della BCE e ha beneficiato dei contributi, commenti e suggerimenti di altre aree operative della BCE, in particolare le Direzioni Generali Servizi legali, Politica monetaria e Statistiche. Un sentito ringraziamento va alle banche centrali nazionali dell’UE e, specialmente, ai partecipanti del gruppo editoriale del Rapporto sulla convergenza di giugno 2024 per i loro commenti.

Il rapporto è stato approvato dal Consiglio generale della BCE il 21 giugno 2024.

Le parti economiche sono state preparate da Ursel Baumann, Martin Bijsterbosch, Alexandra Olivia Coldea, Matteo Falagiarda, Christine Gartner, Nadine Leiner-Killinger, Christophe Madaschi, Klaus Masuch, Steffen Osterloh, Gábor Vinzce, Giovanni Vitale e Caroline Willeke.

Ulteriori contributi sono stati forniti da Miguel Ampudia, Ana Bairrao, Krzysztof Bankowski, Nicolai Benalal, Francesco Chiacchio, Mar Delgado Téllez, Roberta De Stefani, Juan Luis Diaz del Hoyo, Martin Eiglsperger, Michael Fidora, Nina Furbach, Flavio Fusero, Patrick Grussenmeyer, Stephan Haroutunian, Jürgen Herr, Miska Taneli Jokinen, Jarkko Juhani Kaunisto, Linda Kezbere, Stanimira Kosekova, Eduardo Leite Kropiwiec Filho, Antonio Moreno, Jerzy Niemczyk, Matteo Paolo Pirone, Elvira Rosati ed Ulla Neumann.

Le parti giuridiche sono state elaborate da Axel-Johannes Korb, Christian Kroppenstedt, Justyna Kurzela, Frederik Malfrère e Chiara Zilioli.

Ulteriori contributi sono stati forniti da David Baez Seara, Viktória Bíró, Alina Grosu, Michael Ioannidis, Karen Kaiser, Asen Lefterov, Sarah Levy, Jorge Ruiz Jiménez, Marek Svoboda, Marta Szablewska e Fabian von Lindeiner.

© Banca centrale europea, 2024

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Tutti i diritti riservati. È consentita la riproduzione a fini didattici e non commerciali, a condizione che venga citata la fonte.

Per la terminologia tecnica, è disponibile sul sito della BCE un glossario.

HTML ISBN 978-92-899-6729-7, ISSN 1725-9541, doi:10.2866/778838, QB-AD-24-001-IT-Q

Segni convenzionali utilizzati nelle tavole

“-” dati inesistenti
“.” dati non ancora disponibili


  1. Salvo diversa indicazione, nel presente rapporto con il termine “Trattato” si intende il Trattato sul funzionamento dell’Unione europea; i riferimenti agli articoli riflettono la numerazione vigente dal 1° dicembre 2009. Il termine “trattati” designa sia il Trattato sull’Unione europea sia il Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, salvo diversa indicazione. Questi termini sono illustrati nel glossario della BCE.

  2. Quando fu concluso il Trattato di Maastricht, nel 1992, alla Danimarca fu concessa una clausola di esenzione, in base alla quale non è tenuta a partecipare alla Terza fase dell’UEM e quindi a introdurre l’euro.

  3. Il 4 novembre 2014 la BCE ha assunto i compiti assegnati dal Regolamento (UE) n. 1024/2013 del Consiglio, del 15 ottobre 2013, che attribuisce alla Banca centrale europea compiti specifici in merito alle politiche in materia di vigilanza prudenziale degli enti creditizi (GU L 287 del 29.10.2013, pag. 63). Cfr. l’articolo 33, paragrafo 2, del regolamento.

  4. Cfr. il considerando 10 del Regolamento (UE) n. 468/2014 della Banca centrale europea, del 16 aprile 2014, che istituisce il quadro di cooperazione nell’ambito del Meccanismo di vigilanza unico tra la Banca centrale europea e le autorità nazionali competenti e con le autorità nazionali designate (regolamento quadro sull’MVU) (BCE/2014/17) (GU L 141 del 14.5.2014, pag. 1).

  5. Cfr. la Decisione (UE) 2020/1015 della Banca centrale europea, del 24 giugno 2020, sull’instaurazione di una cooperazione stretta tra la Banca centrale europea e la Българска народна банка (Banca nazionale di Bulgaria) (BCE/2020/30) (GU L 224I del 13.7.2020, pag. 1).

  6. Cfr. il Rapporto annuale della BCE sulle attività di vigilanza 2020, in particolare la sezione 4.1 “Espansione dell’MVU attraverso i regimi di cooperazione stretta”.

  7. Regolamento (CE) n. 1467/97 del Consiglio, del 7 luglio 1997, per l’accelerazione e il chiarimento delle modalità di attuazione della procedura per i disavanzi eccessivi (GU L 209 del 2.8.1997, pag. 6).

  8. Regolamento (UE) n. 1177/2011 del Consiglio, dell’8 novembre 2011, che modifica il Regolamento (CE) n. 1467/97 per l’accelerazione e il chiarimento delle modalità di attuazione della procedura per i disavanzi eccessivi (GU L 306 del 23.11.2011, pag. 33).

  9. Regolamento (UE) n. 2024/1264 del Consiglio, del 29 aprile 2024, recante modifica del Regolamento (CE) n. 1467/97 per l’accelerazione e il chiarimento delle modalità di attuazione della procedura per i disavanzi eccessivi (GU L 2024/1264 del 30.4.2024).

  10. Regolamento (CE) n. 1466/97 del Consiglio, del 7 luglio 1997, per il rafforzamento della sorveglianza delle posizioni di bilancio nonché della sorveglianza e del coordinamento delle politiche economiche (GU L 209 del 2.8.1997, pag. 1).

  11. Direttiva 2011/85/UE del Consiglio, dell’8 novembre 2011, relativa ai requisiti per i quadri di bilancio degli Stati membri (GU L 306 del 23.11.2011, pag. 41).

  12. Cfr. il parere della Banca centrale europea, del 5 luglio 2023, su una proposta di riforma della governance economica nell’Unione (CON/2023/20).

  13. I tassi di interesse a lungo termine sono stati misurati utilizzando, ove disponibili, le relative statistiche armonizzate elaborate per l’esame della convergenza (cfr. il capitolo 6).

  14. Cfr. il considerando 2 del Regolamento (UE) n. 1176/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 novembre 2011, sulla prevenzione e la correzione degli squilibri macroeconomici (GU L 306 del 23.11.2011, pag. 25).

  15. Pareri CON/2010/37 e CON/2010/91. Tutti i pareri della BCE sono disponibili su EUR-Lex.

  16. Decisione del Consiglio 98/317/CE, del 3 maggio 1998, in conformità all’articolo 109 J, paragrafo 4, del Trattato (GU L 139 dell’11.5.1998, pag. 30). Nota: il titolo della Decisione 98/317/CE si riferisce al Trattato che istituisce la Comunità europea (prima della rinumerazione degli articoli di tale trattato, in conformità all’articolo 12 del Trattato di Amsterdam); tale disposizione è stata abrogata dal Trattato di Lisbona.

  17. Atto relativo alle condizioni di adesione della Repubblica Ceca, della Repubblica di Estonia, della Repubblica di Cipro, della Repubblica di Lettonia, della Repubblica di Lituania, della Repubblica di Ungheria, della Repubblica di Malta, della Repubblica di Polonia, della Repubblica di Slovenia e della Repubblica slovacca e agli adattamenti dei trattati sui quali si fonda l’Unione europea (GU L 236 del 23.9.2003, pag. 33).

  18. Per la Bulgaria e la Romania cfr. l’articolo 5 dell’Atto relativo alle condizioni di adesione della Repubblica di Bulgaria e della Romania e agli adattamenti dei trattati sui quali si fonda l’Unione europea (GU L 157 del 21.6.2005, pag. 203). Per la Croazia cfr. l’articolo 5 dell’Atto relativo alle condizioni di adesione della Repubblica di Croazia e agli adattamenti del trattato sull’Unione europea, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea e del trattato che istituisce la Comunità europea dell’energia atomica (GU L 112 del 24.4.2012, pag. 21).

  19. In particolare i rapporti sulla convergenza della BCE del giugno 2022 (relativo a Bulgaria, Repubblica Ceca, Croazia, Ungheria, Polonia, Romania e Svezia), del giugno 2020 (relativo a Bulgaria, Repubblica Ceca, Croazia, Ungheria, Polonia, Romania e Svezia), del maggio 2018 (relativo a Bulgaria, Repubblica Ceca, Croazia, Ungheria, Polonia, Romania e Svezia), del giugno 2016 (relativo a Bulgaria, Repubblica Ceca, Croazia, Ungheria, Polonia, Romania e Svezia), del giugno 2014 (relativo a Bulgaria, Repubblica Ceca, Croazia, Lituania, Ungheria, Polonia, Romania e Svezia), del giugno 2013 (relativo alla Lituania), del maggio 2012 (relativo a Bulgaria, Repubblica Ceca, Lettonia, Lituania, Ungheria, Polonia, Romania e Svezia), del maggio 2010 (relativo a Bulgaria, Repubblica Ceca, Estonia, Lettonia, Lituania, Ungheria, Polonia, Romania e Svezia), del maggio 2008 (relativo a Bulgaria, Repubblica Ceca, Estonia, Lettonia, Lituania, Ungheria, Polonia, Romania, Slovacchia e Svezia), del maggio 2007 (relativo a Cipro e Malta), del dicembre 2006 (relativo a Repubblica Ceca, Estonia, Cipro, Lettonia, Ungheria, Malta, Polonia, Slovacchia e Svezia), del maggio 2006 (relativo a Lituania e Slovenia), dell’ottobre 2004 (relativo a Repubblica Ceca, Estonia, Cipro, Lettonia, Lituania, Ungheria, Malta, Polonia, Slovenia, Slovacchia e Svezia), del maggio 2002 (relativo alla Svezia) e dell’aprile 2000 (relativo a Grecia e Svezia) e in quello prodotto dall’IME nel marzo 1998.

  20. Per quanto riguarda i compiti e i poteri conferiti in parte alla BCE, qualsiasi normativa nazionale non deve pregiudicare i compiti e i poteri conferiti alla BCE. Cfr. il parere CON/2020/15.

  21. Cfr., tra l’altro, Commissione delle Comunità europee/Repubblica francese, C-265/95, EU:C:1997:595.

  22. Cfr. il paragrafo 12 del parere CON/2005/21, il paragrafo 2.4 del parere CON/2022/15 e il paragrafo 2.6 del parere CON/2023/27.

  23. Sentenza della Corte di giustizia del 7 febbraio 1973, Commissione/Italia, C-39/72, EU:C:1973:13, punti 16 e 17; Sentenza della Corte di giustizia del 10 ottobre 1973, Variola, C-34/73, EU:C:1973:101, punti 9‑11; Sentenza della Corte di giustizia del 2 febbraio 1977, Amsterdam Bulb, C-50/76, EU:C:1977:13, punti 5‑8. Cfr. inoltre il paragrafo 12 del parere CON/2005/21, il paragrafo 2.1 del parere CON/2006/10, il paragrafo 2.4 del parere CON/2006/29, il paragrafo 2.1 del parere CON/2007/1, il paragrafo 2.2 del parere CON/2007/43, il paragrafo 2.3 del parere CON/2022/15 e il paragrafo 2.3 del parere CON/2023/27.

  24. Ad esempio, in base alle rilevanti disposizioni del Regolamento (CE) n. 974/98 del Consiglio, del 3 maggio 1998, relativo all’introduzione dell’euro (GU L 139 dell’11.5.1998, pag. 1) o ad altre disposizioni del diritto dell’Unione.

  25. Sentenza della Corte di giustizia del 26 gennaio 2021, Hessischer Rundfunk, C-422/19 e C-423/19, EU:C:2021:63, punti 38 e 39; Sentenza della Corte di giustizia del 20 aprile 2023, Brink’s Lithuania, C‑772/21, EU:C:2023:305, punti 56 e 57.

  26. Cfr. il paragrafo 2.2 (nota 6 a piè di pagina) del parere CON/2007/43, il paragrafo 2.4 del parere CON/2022/15 e il paragrafo 2.6 del parere CON/2023/27.

  27. Cfr. il paragrafo 13 del parere CON/2005/21, i paragrafi 2.2 e 3.2 del parere CON/2006/10, il paragrafo 2.4 del parere CON/2022/15 e il paragrafo 2.6 del parere CON/2023/27.

  28. Cfr. il paragrafo 2.6 del parere CON/2023/27.

  29. GU L 189 del 3.7.1998, pag. 42.

  30. Ciò si applica altresì al regime di riservatezza del SEBC; cfr. la sezione 2.2.4 del presente Rapporto sulla convergenza.

  31. Parere CON/2011/104.

  32. Cfr. il paragrafo 2.3 del parere CON/2019/15 e Commissione/Banca centrale europea, C-11/00, EU:C:2003:395, punti 134‑136.

  33. Parere CON/2019/23.

  34. Cfr. il paragrafo 2.2 del parere CON/2011/104 e il paragrafo 3.2.2 del parere CON/2017/34.

  35. Cfr. il paragrafo 2.2 del parere CON/2021/35.

  36. Parere CON/2010/31.

  37. Parere CON/2009/93.

  38. Parere CON/2010/94.

  39. Parere CON/2016/33.

  40. Per quanto riguarda il voto in generale, la segretezza del voto può contribuire a salvaguardare l'indipendenza degli organi decisionali di una BCN. Tuttavia, il principio dell'indipendenza istituzionale non esclude la possibilità del voto palese (cfr. Il paragrafo 2.3 del parere CON/2022/10).

  41. Pareri CON/2014/25 e CON/2015/57.

  42. Parere CON/2018/17.

  43. Cfr. LR Ģenerālprokuratūra, C-3/20, ECLI:EU:C:2021:969, punto 43.

  44. Cfr. Rimšēvičs e BCE/Lettonia, C-202/18 e C-238/18, EU:C:2019:139, punto 76.

  45. Cfr. Rimšēvičs e BCE/Lettonia, C-202/18 e C‑238/18, EU:C:2019:139, punto 52, e il paragrafo 3.7 del parere CON/2011/9.

  46. Cfr., ad esempio, i pareri CON/2010/56, CON/2010/80, CON/2011/104, CON/2011/106 e CON/2021/9.

  47. Parere CON/2018/23.

  48. Parere CON/2012/89.

  49. Pareri CON/2018/17, CON/2019/19 e CON/2019/36.

  50. Parere CON/2018/53.

  51. Cfr. il parere CON/2019/36 e le Conclusioni dell’avvocato generale Kokott nella causa Rimšēvičs e BCE/Lettonia (cause riunite C-202/18 e C-238/18, EU:C:2018:1030, punto 77).

  52. Cfr. Rimšēvičs e BCE/Lettonia, cause riunite C-202/18 e C-238/18, EU:C:2019:139, punto 92: “[…] spetta, invece, alla Corte, nell’ambito delle competenze che le sono attribuite dall’articolo 14.2, secondo comma, dello statuto del SEBC e della BCE, accertare se un divieto provvisorio, imposto al governatore interessato, di esercitare l’incarico sia adottato solo se sussistono indizi sufficienti del fatto che quest’ultimo ha commesso gravi mancanze tali da giustificare siffatta misura”.

  53. Pareri CON/2004/35, CON/2005/26, CON/2006/32, CON/2006/44, CON/2007/6, CON/2019/19 e CON/2019/24.

  54. Parere CON/2022/45.

  55. A tale proposito, gli Stati membri sono liberi di stabilire le condizioni richieste per la nomina dei membri degli organi decisionali delle loro BCN, ammesso che queste non confliggano con gli aspetti che compongono il concetto di indipendenza della banca centrale derivanti dai trattati. Cfr. i pareri CON/2018/23, CON/2020/19 e CON/2021/9.

  56. Pareri CON/2021/7 e CON/2023/17.

  57. Pareri CON/2014/24, CON/2014/27, CON/2014/56 e CON/2017/17.

  58. Pareri CON/2023/17 e CON/2023/44. Cfr. altresì sentenza della Corte, del 13 settembre 2022, Banka Slovenije (causa C-45/21, EU:C:2022:670, punto 105).

  59. L’articolo 30.4 dello Statuto si applica solo all’interno dell’Eurosistema.

  60. L’articolo 33.2 dello Statuto si applica solo all’interno dell’Eurosistema.

  61. Pareri CON/2018/17, CON/2020/13, CON/2022/37, CON/2023/17 e CON/2023/24.

  62. GU L 115 del 16.5.2000, pag. 1.

  63. Decisione BCE/2010/26, del 13 dicembre 2010, relativa all’aumento di capitale della BCE (GU L 11 del 15.1.2011, pag. 53).

  64. I pareri della BCE più significativi al riguardo sono: pareri CON/2002/16, CON/2003/22, CON/2003/27, CON/2004/1, CON/2006/38, CON/2006/47, CON/2007/8, CON/2008/13, CON/2008/68 e CON/2009/32.

  65. Parere CON/2019/12.

  66. Parere CON/2019/19.

  67. Per le attività dei revisori esterni indipendenti delle BCN cfr. l’articolo 27.1 dello Statuto.

  68. Pareri CON/2011/9, CON/2011/53, CON/2015/57 e CON/2018/17.

  69. Pareri CON/2015/8, CON/2015/57, CON/2016/24, CON/2016/59 e CON/2018/17.

  70. Pareri CON/2017/17 e CON/2018/17.

  71. Pareri CON/2009/85, CON/2017/17, CON/2022/37 e CON/2023/24.

  72. Pareri CON/2009/26 e CON/2013/15.

  73. Pareri CON/2009/59 e CON/2009/63.

  74. Pareri CON/2009/53, CON/2009/83 e CON/2019/21.

  75. Pareri CON/2009/26, CON/2012/69 e CON/2020/13.

  76. Parere CON/2021/7.

  77. Parere CON/2019/19.

  78. Pareri CON/2008/9, CON/2008/10, CON/2012/89 e CON/2023/37.

  79. Parere CON/2019/19.

  80. Pareri CON/2010/42, CON/2010/51, CON/2010/56, CON/2010/69, CON/2010/80, CON/2011/104, CON/2011/106, CON/2012/6, CON/2012/86, CON/2014/7 e CON/2023/37.

  81. Parere CON/2014/38.

  82. Parere CON/2021/16.

  83. Pareri CON/2015/8 e CON/2015/57.

  84. GU L 332 del 31.12.1993, pag. 1. Gli articoli 104 e 104 B, paragrafo 1, del Trattato che istituisce la Comunità europea sono ora gli articoli 123 e 125, paragrafo 1, del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea.

  85. Peter Gauweiler e altri, C-62/14, EU:C:2015:400, punto 100. L'articolo 123 del Trattato persegue altresì l’obiettivo di mantenere la stabilità dei prezzi e rafforza l'indipendenza della banca centrale.

  86. Cfr. il Rapporto sulla convergenza del 2008, nota 13 a piè di pagina, che contiene una lista di pareri IME/BCE rilevanti al riguardo adottati tra maggio 1995 e marzo 2008.

  87. Considerando 14 e articolo 7 del Regolamento (CE) n. 3603/93. Cfr., ad esempio, i pareri CON/2016/21, CON/2017/4, CON/2020/37 e CON/2021/23.

  88. Cfr. il parere CON/2021/39.

  89. Banka Slovenije, C-45/21, EU:C:2022:670, punti 53, 54, 57 e 97. Cfr., ad esempio, il paragrafo 2.2 del parere CON/2022/39, il paragrafo 2.2.1 del parere CON/2023/17 e il paragrafo 2.3 del parere CON/2023/44.

  90. Banka Slovenije, C-45/21, EU:C:2022:670, punti 67‑75 e 84. Cfr., ad esempio, il paragrafo 3.1 del parere CON/2022/39, il paragrafo 2.2.2 del parere CON/2023/17 e il paragrafo 3.1.1 del parere CON/2023/44.

  91. Pareri CON/2011/91 e CON/2011/99.

  92. Pareri CON/2009/59 e CON/2009/63.

  93. Parere CON/2013/56.

  94. Banka Slovenije, C-45/21, EU:C:2022:670, punto 71.

  95. Banka Slovenije, C-45/21, EU:C:2022:670, punto 75. Cfr. ad esempio il paragrafo 2.2.3 del parere CON/2023/17 e i paragrafi 3.1.2 e 3.1.3 del parere CON/2023/44.

  96. Pareri CON/2012/50, CON/2012/64 e CON/2012/71.

  97. Parere CON/2012/4, nota 42 a piè di pagina, che rinvia a ulteriori pareri rilevanti in materia. Cfr. anche i pareri CON/2016/55 e CON/2017/1.

  98. Pareri CON/2020/24 e CON/2021/17.

  99. Pareri CON/2015/22, CON/2016/28 e CON/2019/16.

  100. Pareri CON/2011/103, CON/2012/99, CON/2015/3 e CON/2015/22.

  101. Pareri CON/2015/33, CON/2015/35 e CON/2016/60.

  102. Considerando 27 della Direttiva 2014/49/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 aprile 2014, relativa ai sistemi di garanzia dei depositi (GU L 173 del 12.6.2014, pag. 149).

  103. Considerando 23 della Direttiva 97/9/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 3 marzo 1997, relativa ai sistemi di indennizzo degli investitori (GU L 84 del 26.3.1997, pag. 22).

  104. Pareri CON/2020/24 e CON/2021/17.

  105. Parere CON/2011/84.

  106. Articolo 4 del Regolamento (CE) n. 3603/93 e il parere CON/2013/2.

  107. Articolo 5 del Regolamento (CE) n. 3603/93.

  108. Articolo 6 del Regolamento (CE) n. 3603/93.

  109. Parere CON/2013/3.

  110. Pareri CON/2009/23, CON/2009/67 e CON/2012/9.

  111. Cfr., tra gli altri, i pareri CON/2010/54, CON/2010/55 e CON/2013/62.

  112. Parere CON/2012/9.

  113. Cfr., in tal senso, Smaranda Bara e altri/Casa Naţională de Asigurări de Sănătate e altri, C-201/14, EU:C:2015:638, punto 22, e Peter Gauweiler e altri, C-62/14, EU:C:2015:400, punto 100.

  114. Regolamento (CE) n. 3604/93 del Consiglio, del 13 dicembre 1993, che precisa le definizioni ai fini dell’applicazione del divieto di accesso privilegiato di cui all’articolo 104 A del Trattato [che istituisce la Comunità europea] (GU L 332 del 31.12.1993, pag. 4). L’articolo 104 A del Trattato che istituisce la Comunità europea è attualmente l’articolo 124 del Trattato.

  115. Articolo 3, paragrafo 2, e considerando 10 del Regolamento (CE) n. 3604/93.

  116. Conclusioni dell’avvocato generale Elmer nella causa Société civile immobilière Parodi/Banque H. Albert de Bary et Cie., C-222/95, EU:C:1997:345, punto 24.

  117. Regolamento (UE) n. 575/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, relativo ai requisiti prudenziali per gli enti creditizi e le imprese di investimento e che modifica il Regolamento (UE) n. 648/2012 (GU L 176 del 27.6.2013, pag.1) e Direttiva 2013/36/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, sull’accesso all’attività degli enti creditizi e sulla vigilanza prudenziale sugli enti creditizi e sulle imprese di investimento, che modifica la Direttiva 2002/87/CE e abroga le Direttive 2006/48/CE e 2006/49/CE (GU L 176 del 27.6.2013, pag. 338).

  118. Articolo 4, paragrafo 1, comma 1, del Regolamento (UE) n. 575/2013.

  119. Articolo 8 della Direttiva 2013/36/UE.

  120. L’assunto è corroborato dall’articolo 3, paragrafo 2 e dal considerando 9 del Regolamento (CE) n. 3604/93.

  121. Indirizzo (UE) 2015/510 della Banca centrale europea, del 19 dicembre 2014, sull’attuazione del quadro di riferimento della politica monetaria dell’Eurosistema (Indirizzo sulle caratteristiche generali) (BCE/2014/60) (GU L 91 del 2.4.2015, pag. 3).

  122. Tanto più è elevato l’obbligo di riserva, quanto minore è la capacità delle banche di fare credito con conseguente minor creazione di moneta.

  123. Cfr. l’articolo 19 dello Statuto; Regolamento (CE) n. 2531/98 del Consiglio, del 23 novembre 1998, sull’applicazione dell’obbligo di riserve minime da parte della Banca centrale europea (GU L 318 del 27.11.1998, pag.1); Regolamento (CE) n. 1745/2003 della Banca centrale europea, del 12 settembre 2003, sull’applicazione di riserve obbligatorie minime (BCE/2003/9) (GU L 250 del 2.10.2003, pag. 10); e Regolamento (UE) n. 1071/2013 della Banca centrale europea, del 24 settembre 2013, relativo al bilancio del settore delle istituzioni finanziarie monetarie (BCE/2013/33) (GU L 297 del 7.11.2013, pag. 1).

  124. La “Dichiarazione della Repubblica di Lettonia, della Repubblica di Ungheria e della Repubblica di Malta sull’ortografia della denominazione della moneta unica nei trattati” allegata ai trattati, stabilisce che “senza pregiudizio dell’ortografia unificata della denominazione della moneta unica dell’Unione europea cui si fa riferimento nei trattati e che figura sulle banconote e sulle monete, la Lettonia, l’Ungheria e Malta dichiarano che l’ortografia della denominazione della moneta unica, ivi compreso nelle forme declinate, figurante nelle versioni linguistiche lettone, maltese e ungherese del testo dei trattati non ha alcun effetto sulle vigenti regole delle lingue lettone, maltese e ungherese”.

  125. GU L 139 dell’11.5.1998, pag. 1.

  126. Parere CON/2012/87.

  127. Parere CON/2020/2.

  128. Pareri CON/2010/30 e CON/2010/48.

  129. Cfr., in particolare, gli articoli 127 e 128 del Trattato e gli articoli 3‑6 e 16 dello Statuto.

  130. Primo trattino dell’articolo 127, paragrafo 2, del Trattato.

  131. Pareri CON/2012/105, CON/2013/90 e CON/2013/91.

  132. A titolo esemplificativo le disposizioni legislative nazionali che traspongono la Direttiva 2011/85/UE del Consiglio, dell’8 novembre 2011, relativa ai requisiti per i quadri di bilancio degli Stati membri (GU L 306 del 23.11.2011, pag.41). Cfr. i pareri CON/2013/90 e CON/2013/91.

  133. Pareri CON/2009/99, CON/2011/79 e CON/2017/1.

  134. Parere CON/2010/8.

  135. Paragrafo 3.1 del parere CON/2024/1.

  136. Parere CON/2008/34.

  137. Terzo trattino dell’articolo 127, paragrafo 2, del Trattato.

  138. È fatta eccezione per i saldi operativi in valuta estera che i governi degli Stati membri possono detenere ai sensi dell’articolo 127, paragrafo 3, del Trattato.

  139. A tale riguardo, la legislazione nazionale dovrebbe garantire la coerenza con gli obblighi di segnalazione stabiliti dalla legislazione dell’Unione. Cfr. il parere CON/2020/29.

  140. Parere CON/2013/88.

  141. Pareri CON/2015/5 e CON/2015/24.

  142. Articolo 26 dello Statuto.

  143. Articolo 27 dello Statuto.

  144. Articolo 28 dello Statuto.

  145. Articolo 30 dello Statuto.

  146. Articolo 32 dello Statuto.

  147. Paragrafi 2.1 e 3.2‑3.4 del parere CON/2022/37, e i paragrafi 2.1, 2.2 e 3.1‑3.5 del parere CON/2023/24.

  148. Ai fini del presente rapporto i tassi di cambio sono riportati in unità della valuta nazionale per euro. Pertanto, una riduzione del tasso di cambio corrisponde a un apprezzamento della valuta nei confronti dell’euro e un aumento corrisponde a un deprezzamento, mentre le variazioni percentuali indicano il grado di apprezzamento o deprezzamento della valuta.

  149. Rapporto predisposto a norma dell’articolo 126, paragrafo 3, del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (COM (2024) 598 final).

  150. Commissione europea, Debt Sustainability Monitor 2023, European Economy Institutional Paper, n. 271, marzo 2024.

  151. La misurazione della qualità istituzionale è un compito impegnativo e implica inevitabilmente un certo grado di soggettività. Da un lato, gli indicatori di percezione possono offrire alcuni vantaggi rispetto ad altri indicatori. Uno dei vantaggi delle indagini basate sulla percezione è che esse hanno una natura onnicomprensiva, mentre misure più specifiche possono fornire informazioni fortemente distorte. Inoltre, sebbene il loro valore assoluto possa essere discutibile, gli indicatori di percezione sono utili per effettuare comparazioni a livello transfrontaliero, purché non vi sia un’evidente distorsione sistematica nei confronti di uno o più paesi in particolare. Un altro aspetto da considerare è che gli indicatori basati unicamente sul contenuto delle normative, ma non sulla dettagliata conoscenza della loro effettiva applicazione, possono risultare fuorvianti. Infine, poiché nessun modello istituzionale può ritenersi preferibile a priori, le indagini di percezione potrebbero evitare che emergano distorsioni nella misurazione diretta delle varie dimensioni della governance economica. D’altro canto, anche le indagini di percezione producono distorsioni. Possono, ad esempio, risentire pesantemente di un episodio recente o della carente formulazione delle domande. Inoltre, per quanto riguarda i paesi dell’UE, è soltanto in anni recenti che la prospettiva istituzionale ha assunto rilevanza sul piano analitico e delle politiche. In termini generali, vi è quindi ancora un ampio margine di miglioramento per quanto concerne la misurazione. Infine, i metodi adottati a livello transfrontaliero in relazione a una problematica complessa come la qualità istituzionale o la buona governance sono giocoforza alquanto inadeguati e vanno evidentemente integrati con valutazioni più specifiche per ciascun paese e di più lungo periodo. Al tempo stesso le difficoltà di misurazione non dovrebbero indurre a sottovalutare queste determinanti di fondamentale importanza della prosperità, dell’equità sociale e del benessere a lungo termine.