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Sintesi

L’economia dell’area dell’euro ha recuperato agli inizi del 2024 più di quanto atteso nelle proiezioni degli esperti della BCE dello scorso marzo, grazie al sostegno fornito dall’interscambio netto e dall’espansione della spesa delle famiglie. Le informazioni più recenti indicano il protrarsi della crescita nel breve periodo, a un ritmo superiore al previsto. Il reddito disponibile reale dovrebbe continuare a incrementarsi in presenza di una robusta dinamica salariale, del graduale aumento della fiducia e del miglioramento delle ragioni di scambio, dando luogo a una ripresa trainata dai consumi nel corso del 2024. Il sostegno offerto dall’interscambio netto agli inizi dell’anno riflette in parte condizioni di volatilità dopo un calo temporaneo alla fine del 2023. Ci si attende tuttavia che la domanda esterna continui a crescere, sorreggendo le esportazioni dell’area. A medio termine l’impatto negativo del passato inasprimento della politica monetaria si esaurirebbe gradualmente e l’attività sarebbe sostenuta dall’ipotizzato allentamento delle condizioni di finanziamento in linea con le aspettative di mercato riguardo all’evoluzione futura dei tassi di interesse. La crescita trarrebbe altresì beneficio dalla tenuta del mercato del lavoro in un contesto in cui il tasso di disoccupazione scende su livelli storicamente bassi nel prosieguo dell’orizzonte temporale di proiezione. Con il venir meno di alcuni dei fattori ciclici che hanno esercitato un impatto verso il basso nel passato recente, la produttività dovrebbe accelerare nel periodo considerato. Si prevede complessivamente che il tasso di incremento medio annuo del PIL in termini reali sia pari allo 0,9% nel 2024 e che salga all’1,4% nel 2025 e all’1,6% nel 2026. Rispetto alle proiezioni di marzo le prospettive per la crescita del PIL sono state riviste verso l’alto per il 2024, grazie alla dinamica più positiva del previsto agli inizi dell’anno e al miglioramento delle informazioni più recenti; per il 2025 hanno subito una lieve correzione al ribasso, mentre per il 2026 rimangono invariate[1].

L’inflazione complessiva non evidenzierebbe alcuna tendenza significativa nel breve periodo e successivamente dovrebbe moderarsi ulteriormente, portandosi su livelli prossimi all’obiettivo nel corso del 2025. Ciò riflette un’attenuazione delle pressioni dal lato dei costi, anche del lavoro, e la graduale trasmissione ai prezzi al consumo dell’impatto ritardato proveniente dal passato inasprimento della politica monetaria. L’inflazione complessiva misurata sull’indice armonizzato dei prezzi al consumo (IAPC) mostrerebbe una lieve volatilità nel resto del 2024 a causa di effetti base e dei rincari delle materie prime energetiche. A medio termine il tasso relativo alla componente dei beni energetici dovrebbe assestarsi su valori positivi contenuti, date le aspettative degli operatori riguardo al profilo futuro dei prezzi del petrolio e del gas e le previste misure di bilancio connesse al cambiamento climatico. L’inflazione per la componente dei beni alimentari è notevolmente diminuita negli ultimi trimestri, in un contesto in cui le pressioni inflazionistiche si sono allentate al calare dei prezzi dell’energia e delle materie prime alimentari, e ci si attende in prospettiva che oscilli intorno ai livelli attuali per poi moderarsi ulteriormente dalla fine del 2025. L’inflazione misurata sullo IAPC al netto dei beni energetici e alimentari (HICPX) dovrebbe mantenersi al di sopra di quella complessiva per gran parte dell’orizzonte temporale considerato, ma continuerebbe a scendere, sebbene a un ritmo lento e principalmente nel 2025 e nel 2026. Un elemento centrale in questa proiezione è l’attesa diminuzione graduale della crescita dei salari nominali rispetto a livelli inizialmente ancora elevati con il venir meno degli effetti al rialzo esercitati dalle pressioni legate alla compensazione per l’aumento dell’inflazione in un mercato del lavoro caratterizzato da condizioni tese. L’attesa accelerazione della produttività sorreggerebbe la moderazione delle pressioni dal lato del costo del lavoro. Inoltre, la dinamica dei profitti dovrebbe indebolirsi e attenuare in parte la trasmissione del costo del lavoro ai prezzi, specialmente nel 2024. Nell’insieme, l’inflazione complessiva misurata sullo IAPC scenderebbe in media d’anno dal 5,4% nel 2023 al 2,5% nel 2024, al 2,2% nel 2025 e all’1,9% nel 2026. Rispetto alle proiezioni dello scorso marzo, è stata rivista verso il basso di 0,2 punti percentuali nel 2024 e nel 2025 per motivi principalmente riconducibili al rincaro delle materie prime energetiche e a dati recenti lievemente superiori alle attese riguardanti il tasso misurato sull’HICPX. Ci si attende altresì che le pressioni dal lato del costo del lavoro siano lievemente maggiori per l’effetto congiunto dell’accelerazione dei salari e delle prospettive leggermente più prudenti per la crescita della produttività. Le prospettive per l’inflazione complessiva e per il tasso calcolato sull’HICPX nel 2026 non sono state oggetto di revisioni.

Tavola 1

Proiezioni per la crescita e per l’inflazione nell’area dell’euro

(variazioni percentuali annue, revisioni in punti percentuali)

Giugno 2024

Revisioni rispetto a marzo 2024

2023

2024

2025

2026

2023

2024

2025

2026

PIL in termini reali

0,6

0,9

1,4

1,6

0,1

0,3

-0,1

0,0

IAPC

5,4

2,5

2,2

1,9

0,0

0,2

0,2

0,0

IAPC al netto di energia e alimentari

4,9

2,8

2,2

2,0

0,0

0,2

0,1

0,0

Nota: le proiezioni riguardanti il PIL in termini reali si basano su medie annue di dati destagionalizzati e corretti per il numero di giornate lavorative. Le statistiche storiche possono divergere dalle pubblicazioni più recenti dell’Eurostat a causa della divulgazione dei dati oltre la data di chiusura delle proiezioni. È possibile scaricare statistiche, con frequenza anche trimestrale, dalla banca dati delle proiezioni macroeconomiche disponibile nel sito Internet della BCE.

1 Contesto internazionale

L’attività mondiale evidenzia segni di miglioramento, anche se permangono circostanze sfavorevoli per la crescita. Le statistiche recenti relative all’attività globale (esclusa l’area dell’euro) confermano un miglioramento molto graduale dagli inizi dell’anno in un contesto in cui i dati quantitativi sono sempre più in linea con il segnale positivo proveniente dai dati qualitativi[2]. Permangono tuttavia circostanze sfavorevoli per la crescita a livello internazionale che includono il graduale allentamento delle condizioni nei mercati del lavoro, l’ulteriore moderazione della dinamica dei salari nominali e il minore eccesso di risparmio nelle economie avanzate. Il passato inasprimento della politica monetaria e l’elevata incertezza economica in presenza di tensioni geopolitiche continuano altresì a esercitare un’azione di freno. In Cina la spesa per consumi rimane debole sullo sfondo delle difficoltà nel settore dell’edilizia residenziale, mentre l’attività manifatturiera e le esportazioni continuano a trainare la crescita. Le prospettive per l’economia mondiale sono sostanzialmente invariate rispetto alle proiezioni di marzo e collocano la crescita al 3,3% nel 2024 e nel 2025 e al 3,2% nel 2026, un ritmo lievemente inferiore a quanto osservato nell’ultimo decennio (tavola 2).

Tavola 2

Contesto internazionale

(variazioni percentuali annue, revisioni in punti percentuali)

Giugno 2024

Revisioni rispetto a marzo 2024

2023

2024

2025

2026

2023

2024

2025

2026

PIL mondiale in termini reali (esclusa l’area dell’euro)

3,5

3,3

3,3

3,2

0,0

-0,1

0,1

0,0

Commercio mondiale (esclusa l’area dell’euro)1)

1,0

2,6

3,3

3,3

-0,2

-0,2

0,2

0,1

Domanda esterna dell’area dell’euro2)

0,8

2,1

3,4

3,3

0,2

-0,3

0,3

0,1

IPC mondiale (esclusa l’area dell’euro)

5,0

4,2

3,3

2,9

0,1

0,1

0,1

0,1

Prezzi all’esportazione dei paesi concorrenti in valuta nazionale3)

-1,3

2,1

2,8

2,6

-0,6

-0,4

0,1

0,0

Nota: è possibile scaricare statistiche, con frequenza anche trimestrale, dalla banca dati delle proiezioni macroeconomiche disponibile nel sito Internet della BCE.
1) Calcolato come media ponderata delle importazioni.
2) Calcolata come media ponderata delle importazioni dei partner commerciali dell’area dell’euro.
3) Calcolati come media ponderata dei deflatori delle esportazioni dei partner commerciali dell’area dell’euro.

Il commercio internazionale (esclusa l’area dell’euro) dovrebbe recuperare quest’anno e successivamente espandersi più in linea con l’attività mondiale. Dopo un periodo contraddistinto da una dinamica debole nel 2023, nel contesto del riequilibrio della domanda a favore dei servizi e a scapito dei beni che ha fatto seguito alla pandemia, i dati più recenti confermano che la ripresa dell’interscambio globale prosegue senza interruzioni e che l’impatto delle turbative nell’operatività dei trasporti nel Mar Rosso rimane contenuto. Il ritmo di incremento delle importazioni mondiali sarebbe pari al 2,6% nel 2024 e successivamente salirebbe al 3,3% nel 2025 e nel 2026, senza subire variazioni di rilievo rispetto alle proiezioni precedenti. La domanda esterna dell’area dell’euro dovrebbe registrare una ripresa meno dinamica quest’anno, crescendo del 2,1%. Ciò riflette in larga misura l’indebolimento delle importazioni in alcuni dei principali partner commerciali dell’area dell’euro, quali il Regno Unito e i paesi dell’Europa centrale e orientale, nella seconda metà del 2023 e nel primo trimestre del 2024. Evidenziando tassi di variazione sul trimestre precedente confrontabili con quelli delle importazioni globali nel periodo considerato, la domanda esterna dell’area dell’euro crescerebbe del 3,4% nel 2025 e del 3,3% nel 2026.

L’inflazione a livello mondiale dovrebbe diminuire nell’orizzonte temporale di proiezione. L’inflazione complessiva misurata sull’indice dei prezzi al consumo (IPC) aggregato delle principali economie avanzate ed emergenti scenderebbe al 4,2% nel 2024, al 3,3% nel 2025 e al 2,9% nel 2026, per il venir meno dell’impatto esercitato dai passati shock dal lato dell’offerta e dall’intonazione restrittiva della politica monetaria. Benché queste prospettive siano sostanzialmente confrontabili con quanto indicato nelle proiezioni di marzo, l’inflazione negli Stati Uniti è stata corretta lievemente verso l’alto per quest’anno a causa di dati superiori al previsto nel primo trimestre. In Cina l’inflazione complessiva calcolata sull’IPC rimane modesta sullo sfondo del ristagno della domanda interna e, secondo le proiezioni, dovrebbe aumentare gradualmente nell’arco di tempo considerato. La crescita dei prezzi all’esportazione (in valuta nazionale e su base annua) dei paesi concorrenti dell’area dell’euro tornerebbe in territorio positivo quest’anno e si manterrebbe prossima alla media stimata di lungo periodo per il resto dell’orizzonte temporale di riferimento. Una revisione al ribasso per il 2024 rispetto alle proiezioni di marzo riflette tassi di incremento dei prezzi all’esportazione inferiori alle attese precedenti, i quali più che compensano l’impatto delle ipotesi di rialzo dei corsi delle materie prime formulate in questo esercizio previsivo.

Riquadro 1
Ipotesi tecniche

Rispetto alle proiezioni dello scorso marzo, le principali modifiche apportate alle ipotesi tecniche sono rappresentate da quotazioni delle materie prime più elevate, da un rafforzamento del tasso di cambio effettivo (pur in presenza di un lieve indebolimento nei confronti del dollaro) e da un leggero aumento dei tassi di interesse a breve termine. Le ipotesi concernenti i prezzi dell’energia, fondate sulle quotazioni dei contratti future, sono state riviste al rialzo (in media, nel periodo 2024-2026, del 4% per il petrolio e del 5% per il gas). Sulla base dei prezzi dei future si ipotizza che i corsi petroliferi continuino a seguire un andamento discendente, diminuendo di circa il 10% tra il 2024 e il 2026, mentre si assume che le quotazioni del gas salgano nel 2025 e successivamente scendano su livelli prossimi a quelli del 2024. Nell’insieme, il livello dei prezzi dell’energia alla fine del 2026 sarebbe superiore di circa il 30% rispetto a quanto osservato agli inizi del 2021. I prezzi delle quote di emissioni di carbonio negoziate nell’ambito del sistema dell’UE (EU Emissions Trading System, ETS) sono aumentati (di circa il 17%, in media, nel periodo 2024-2026). Le quotazioni delle materie prime non energetiche sono state oggetto di una considerevole revisione al rialzo sulla scia dell’aumento dei prezzi internazionali delle materie prime alimentari, in particolare per il cacao e il caffè. L’euro si è deprezzato lievemente (dello 0,3%) nei confronti del dollaro di riflesso all’attuale vigore dell’economia statunitense e alle revisioni al rialzo delle attese per il profilo dei tassi di interesse del Federal Open Market Committee. Tuttavia, in termini effettivi nominali l’euro si è apprezzato (dello 0,9%) grazie ai movimenti nei confronti dello yen giapponese, del franco svizzero, della corona svedese e, in misura inferiore, della sterlina britannica. Anche se l’inclinazione della curva dei tassi Euribor a termine rimane fortemente negativa, le ipotesi per i tassi di interesse a breve termine sono state corrette lievemente verso l’alto. Il profilo ipotizzato dei tassi a lungo termine è sostanzialmente invariato.

Tavola

Ipotesi tecniche

Giugno 2024

Revisioni rispetto a marzo 2024

2023

2024

2025

2026

2023

2024

2025

2026

Materie prime:

Prezzo del petrolio (USD al barile)

83,7

83,8

78,0

74,5

0,0

5,1

4,1

3,1

Prezzi del gas naturale (EUR per MWh)

40,6

30,8

35,4

29,9

0,0

2,8

10,4

1,3

Prezzi del mercato all’ingrosso dell’elettricità (EUR per MWh)

103,5

73,0

87,7

72,8

0,6

-1,9

12,0

2,1

Quote di emissione nell’EU ETS (EUR per tonnellata)

83,7

66,1

71,1

73,6

0,0

12,8

18,5

19,0

Prezzi delle materie prime non energetiche in USD (variazione percentuale annua)

-12,5

11,4

3,9

0,9

0,0

10,8

1,9

0,8

Tassi di cambio:

Tasso di cambio USD/EUR

1,08

1,08

1,08

1,08

0,0

-0,2

-0,3

-0,3

Tasso di cambio effettivo nominale dell’euro (TCE-41) (1° trim. 1999 = 100)

121,8

124,0

124,2

124,2

0,0

0,7

0,9

0,9

Ipotesi finanziarie:

Euribor a tre mesi (percentuale annua)

3,4

3,6

2,8

2,5

0,0

0,2

0,4

0,1

Rendimenti dei titoli di Stato a dieci anni (percentuale annua)

3,1

2,9

3,0

3,0

0,0

0,0

-0,1

-0,1

Nota: le ipotesi tecniche concernenti i tassi di interesse dell’area dell’euro e i prezzi delle materie prime sono basate sulle aspettative di mercato al 15 maggio 2024. Le ipotesi riguardanti i tassi di interesse a breve termine sono fondate sulle aspettative di mercato relative all’Euribor a tre mesi implicite nei tassi dei contratti future. Quelle formulate per i rendimenti nominali dei titoli di Stato a dieci anni dell’area dell’euro si basano sulla media dei rendimenti dei titoli a dieci anni dei vari paesi, ponderata per il PIL su base annua. Dove esistono i dati necessari, i rendimenti dei titoli di Stato a dieci anni dei diversi paesi sono definiti come i rendimenti dei titoli di riferimento a dieci anni estesi utilizzando il par yield a termine derivato, alla data di ultimazione delle ipotesi tecniche, dalle corrispondenti curve dei rendimenti dei vari paesi. Negli altri casi i rendimenti dei titoli di Stato a dieci anni dei diversi paesi sono definiti come il rendimento dei titoli di riferimento a dieci anni esteso utilizzando un differenziale costante (osservato alla data di aggiornamento delle ipotesi tecniche) rispetto all’ipotesi tecnica relativa al tasso di interesse a lungo termine privo di rischio dell’area dell’euro. Il profilo delle quotazioni internazionali delle materie prime si basa sui prezzi impliciti nei contratti future osservati nelle dieci giornate lavorative fino alla data di ultimazione delle ipotesi tecniche. I prezzi del petrolio si riferiscono ai prezzi a pronti e dei contratti future per il greggio di qualità Brent. Con prezzi del gas si intendono le quotazioni a pronti e dei contratti future per il gas TTF olandese. I prezzi dell’elettricità si riferiscono alle quotazioni medie a pronti e dei contratti future sui prezzi del mercato all’ingrosso dell’elettricità per i cinque maggiori paesi dell’area. Il prezzo “sintetico” dei contratti future sulle quote di emissione nell’EU ETS (EU Allowances, EUA) è ricavato come valore di fine mese ottenuto per interpolazione lineare dei prezzi dei due contratti future sulle EUA più prossimi negoziati sulla Borsa europea dell’energia. I prezzi mensili dei future sulle EUA sono poi utilizzati per costruire una media volta a ottenere un equivalente a frequenza annuale. Si ipotizza che i tassi di cambio bilaterali restino invariati nell’orizzonte temporale di proiezione sui livelli medi osservati nelle dieci giornate lavorative fino alla data di aggiornamento delle ipotesi tecniche. Le revisioni sono espresse in percentuale (per i livelli), in punti percentuali (per i tassi di crescita) e in percentuali annue.

2 Economia reale

L’attività economica nell’area dell’euro ha segnato una ripresa nel primo trimestre del 2024, dovuta in parte a fattori temporanei (grafico 1)[3]. La stima rapida dell’Eurostat colloca la crescita sul periodo precedente nel primo trimestre di quest’anno allo 0,3%. Si tratta di 0,2 punti percentuali in più rispetto alle proiezioni di marzo, mentre il dato relativo al quarto trimestre del 2023 è stato rivisto al ribasso di 0,1 punti percentuali. Il dato più positivo del previsto nel primo trimestre del 2024 è verosimilmente connesso al sostegno fornito dall’interscambio netto, dopo un calo temporaneo nel trimestre precedente. L’inverno insolitamente mite ha altresì fornito un sostegno temporaneo agli investimenti in abitazioni in alcuni paesi. Per quanto concerne i vari settori, nel primo trimestre di quest’anno il valore aggiunto è probabilmente diminuito nel settore industriale ed è invece aumentato in quello dei servizi.

Grafico 1

Crescita del PIL in termini reali dell’area dell’euro

(variazioni percentuali sul trimestre precedente, dati trimestrali destagionalizzati e corretti per il numero di giornate lavorative)

Nota: le statistiche storiche possono divergere dalle pubblicazioni più recenti dell’Eurostat. La linea verticale indica l’inizio dell’attuale orizzonte temporale di proiezione. Gli intervalli di valori delle proiezioni centrali forniscono una misura del grado di incertezza e sono simmetrici per definizione. Si basano sugli errori di proiezione passati, al netto della correzione per i valori anomali. Le bande, dalla più scura alla più chiara, descrivono una probabilità del 30%, del 60% e del 90% che il dato relativo alla crescita del PIL in termini reali rientri nei rispettivi intervalli. Per maggiori dettagli, cfr. il riquadro “Un’illustrazione dell’incertezza che caratterizza le proiezioni” delle Proiezioni macroeconomiche per l’area dell’euro formulate dagli esperti della BCE, marzo 2023.

Il PIL in termini reali si rafforzerebbe ulteriormente nel corso del 2024, sostenuto dall’aumento del reddito delle famiglie, dalla domanda esterna e da una lieve ripresa degli investimenti delle imprese. La perdurante espansione del reddito disponibile reale dovrebbe sorreggere i consumi privati, che passerebbero a rappresentare la determinante principale della crescita a partire dal secondo trimestre. Gli andamenti degli indicatori mensili – come il graduale miglioramento del clima di fiducia dei consumatori, l’ulteriore rafforzamento degli indici dei responsabili degli acquisti (Purchasing Managers’ Indices, PMI) relativi all’attività nel settore dei servizi e ai nuovi ordinativi fino a maggio e l’aumento di marzo dei volumi delle vendite al dettaglio – sono in linea con il previsto recupero della spesa delle famiglie. La robusta crescita dei salari reali, in un contesto di condizioni tese nel mercato del lavoro, sosterrebbe il potere d’acquisto delle famiglie per tutto l’anno, grazie all’atteso miglioramento del clima di fiducia. Gli investimenti delle imprese dovrebbero evidenziare un sostanziale ristagno in termini medi annui nel 2024, con una lieve ripresa osservabile nel corso dell’anno che rispecchierebbe soprattutto il parziale, ma non ancora totale, venir meno dell’effetto di freno esercitato dal precedente inasprimento della politica monetaria. Al tempo stesso sarebbero sostenuti dalla ripresa della domanda interna ed esterna, in un contesto in cui quest’ultima contribuirebbe positivamente anche all’espansione delle esportazioni. Le proiezioni indicano altresì che il contributo della normalizzazione del ciclo delle scorte alla crescita sarebbe neutro nella seconda metà del 2024, dopo essere risultato considerevolmente negativo al volgere dell’anno. Ci si attende infine che l’impatto delle attività delle multinazionali in Irlanda, dopo gli effetti negativi osservati nel corso del 2023, contribuisca al miglioramento delle prospettive a breve termine per la crescita del PIL in termini reali dell’area dell’euro.

Nel medio periodo l’espansione del PIL in termini reali sarebbe sostenuta dall’aumento dei redditi reali, dal rafforzamento della domanda esterna e dal venir meno dell’impatto esercitato dall’inasprirsi della politica monetaria. L’impatto massimo dell’inasprimento monetario si manifesterebbe nel 2024, nonostante le attese di una riduzione dei tassi di interesse. Il ritiro delle misure di sostegno di bilancio introdotte a partire dal 2022 per compensare il livello elevato dell’inflazione e dei prezzi dell’energia avrebbe nell’insieme un lieve impatto negativo sulla crescita nel periodo 2024-2026. Al tempo stesso, i consumi e gli investimenti delle amministrazioni pubbliche fornirebbero un contributo positivo.

Le condizioni di finanziamento, e specialmente i livelli elevati dei tassi di interesse, continuerebbero a esercitare un forte impatto negativo sulla crescita, che tuttavia verrebbe meno nell’arco di tempo considerato. L’impatto delle misure di politica monetaria adottate da dicembre 2021 seguita a trasmettersi all’economia reale e influisce sulle prospettive per la crescita, particolarmente per il 2024[4]. Sulla base delle aspettative di mercato in merito all’andamento futuro dei tassi di interesse (riquadro 1), ci si attende che l’impatto negativo della politica monetaria sulla crescita economica inizi a esaurirsi gradualmente nel corso del 2024. Tali effetti, unitamente al venir meno dell’impatto negativo dell’inasprimento dei criteri di concessione del credito osservato a partire dalla fine del 2022, sosterrebbero la ripresa economica.

Rispetto alle proiezioni dello scorso marzo, il tasso di incremento del PIL in termini reali è stato rivisto verso l’alto di 0,3 punti percentuali per il 2024 e verso il basso di 0,1 punti percentuali per il 2025, mentre rimane invariato per il 2026 (tavola 3 e grafico 2). Le revisioni per il 2024 riflettono il dato più positivo del previsto nel primo trimestre dell’anno ascrivibile all’interscambio netto e il miglioramento di alcuni indicatori prospettici basati sulle indagini, che hanno compensato effetti di trascinamento lievemente più negativi derivanti dalla minore crescita nel quarto trimestre del 2023. La lieve correzione al ribasso per il 2025 è connessa soprattutto a una revisione verso il basso dei consumi collettivi alla luce di un orientamento più restrittivo della politica di bilancio.

Grafico 2

PIL in termini reali dell’area dell’euro – scomposizione nelle principali componenti di spesa

a) Proiezioni degli esperti di giugno 2024

b) Revisioni rispetto alle proiezioni degli esperti di marzo 2024

(variazioni percentuali sul periodo corrispondente, contributi in punti percentuali)

(revisioni: punti percentuali e contributi in punti percentuali)

Nota: i dati sono destagionalizzati e corretti per il numero di giornate lavorative. Le statistiche storiche possono divergere dalle pubblicazioni più recenti dell’Eurostat a causa della divulgazione dei dati oltre la data di chiusura delle proiezioni. Le linee verticali indicano l’inizio dell’orizzonte temporale di proiezione.

Per quanto concerne le componenti del PIL in termini reali, ci si attende che i consumi privati reali costituiscano la determinante principale della crescita economica, sorretti dalla robusta dinamica del reddito reale sulla scia dell’aumento dei salari e del calo dell’inflazione, nonostante il livello relativamente elevato del saggio di risparmio. I consumi privati dovrebbero recuperare gradualmente nel corso del 2024 e crescere a tassi annui dell’1,6-1,7 % nel periodo 2025-2026, nettamente superiori alla media dell’1,2% antecedente la pandemia. Tale ripresa sarebbe trainata dall’aumento del reddito disponibile reale, riconducibile principalmente alla forte crescita dei salari e alla robusta dinamica dei redditi non da lavoro (ossia dei redditi derivanti da lavoro autonomo e da attività finanziarie). Il tasso di risparmio rimarrebbe relativamente elevato nel breve periodo in linea con i dati qualitativi ad alta frequenza sulle intenzioni di risparmio future, con livelli di incertezza economica ancora alti ma in calo, con tassi di interesse elevati e con condizioni di accesso al credito più restrittive. Inoltre, continuerebbe a essere sostenuto dal fatto che i redditi non da lavoro sono caratterizzati da una propensione al consumo tipicamente bassa. Nel medio periodo ci si attende una moderazione della crescita del reddito reale nel contesto del graduale rallentamento della ripresa dei salari reali, un andamento che sarebbe tuttavia ampiamente compensato dalla flessione del tasso di risparmio. Con l’ulteriore diminuzione dell’incertezza e delle spinte inflazionistiche e la graduale normalizzazione del comportamento di spesa dei consumatori, il tasso di risparmio dovrebbe iniziare a scendere dalla fine del 2024. Resterebbe tuttavia al di sopra del livello antecedente la pandemia nell’orizzonte temporale della proiezione, in quanto è verosimile che i più alti tassi di interesse continuino a incentivare il risparmio delle famiglie. Inoltre, anche gli effetti ricchezza dovrebbero sostenere la ripresa dei consumi privati.

Gli investimenti nell’edilizia residenziale diminuirebbero ulteriormente nel 2024, per poi segnare una lenta ripresa nel corso del 2025 in un contesto in cui si registra una graduale attenuazione degli effetti negativi esercitati dall’inasprirsi delle condizioni di finanziamento e prosegue la crescita robusta del reddito delle famiglie. Dopo avere evidenziato un calo per tre trimestri consecutivi, gli investimenti in abitazioni sono verosimilmente aumentati nel primo trimestre del 2024 grazie all’inverno insolitamente mite, specialmente in Germania. Nel secondo trimestre dovrebbero tornare a seguire un andamento discendente nel contesto del venir meno di questo effetto particolare e della perdurante debolezza della domanda di alloggi (esacerbata dalla scadenza di un considerevole incentivo fiscale in Italia). Si prevede tuttavia che inizino a recuperare dalla metà del 2025 con l’esaurirsi dell’impatto esercitato dai passati rialzi dei tassi di interesse sui mutui ipotecari, con la ripresa delle quotazioni immobiliari e con il robusto aumento del reddito delle famiglie. Nel complesso è probabile che gli investimenti nell’edilizia residenziale, dopo un’ulteriore diminuzione significativa nel 2024 e una lieve flessione nel 2025, registrino un aumento su base annua nel 2026, per la prima volta dal 2022.

Gli investimenti delle imprese dovrebbero recuperare nei prossimi trimestri in presenza di un miglioramento della domanda, del venir meno dell’azione frenante esercitata dalle condizioni di finanziamento sfavorevoli, degli effetti di attrazione derivanti dai fondi del programma Next Generation EU (NGEU) e dell’espansione degli investimenti per la transizione ecologica e la digitalizzazione. Gli investimenti delle imprese dell’area dell’euro (esclusa la componente volatile relativa ai prodotti di proprietà intellettuale in Irlanda) hanno subito una forte contrazione nella seconda metà del 2023 con il calo della fiducia, la diminuzione dell’arretrato di ordini inevasi, la riduzione delle fonti di finanziamento interne e l’inasprirsi delle condizioni di finanziamento. Una ripresa è prevista dagli inizi del 2024, in linea con le attese di un rafforzamento della domanda interna ed esterna. Vi contribuiranno gli effetti di attrazione esercitati dai fondi del programma NGEU (la cui erogazione in alcuni paesi è stata rinviata verso la fine dell’orizzonte temporale di proiezione) e le iniziative in corso nel settore privato per accrescere gli investimenti per la transizione ecologica e la digitalizzazione, oltre che il venir meno dell’azione di freno esercitata dalle condizioni di finanziamento sfavorevoli.

Dopo un periodo di crescita negativa, l’interscambio dell’area dell’euro dovrebbe registrare un miglioramento in un contesto in cui le esportazioni si espandono all’aumentare della domanda esterna. Le esportazioni reali dell’area avrebbero recuperato nel primo trimestre del 2024 secondo le stime, aumentando più di quanto atteso nelle proiezioni di marzo, e ci si aspetta che crescano sostanzialmente in linea con gli andamenti della domanda esterna nel periodo in esame. Rispetto all’esercizio previsivo di marzo, la quota di mercato delle esportazioni dell’area è stata rivista verso il basso nell’orizzonte temporale di riferimento e rimarrebbe ben al di sotto dei livelli antecedenti la pandemia. Ciò è dovuto ai problemi di competitività connessi al passato apprezzamento dell’euro e agli shock energetici pregressi, poiché l’area dell’euro risente dei rincari delle materie prime energetiche più dei suoi partner commerciali. Le importazioni dovrebbero recuperare a un ritmo lievemente superiore a quello della domanda interna nel contesto della ripresa delle componenti della domanda ad alta intensità di scambi quali gli investimenti. Nel complesso, l’interscambio netto fornirebbe un contributo neutro alla crescita nell’arco di tempo considerato. Le ragioni di scambio dovrebbero migliorare solo leggermente nel periodo in esame in quanto l’effetto dello shock sull’energia si è in larga parte esaurito. Dal 2024 il saldo delle partite correnti registrerebbe un recupero ulteriore, portandosi su livelli appena inferiori al 3% del PIL ma lievemente superiori alla media antecedente la pandemia (2,6%).

Tavola 3

Proiezioni per il PIL in termini reali, per il commercio e per i mercati del lavoro nell’area dell’euro

(variazioni percentuali annue, salvo diversa indicazione; revisioni in punti percentuali)

Giugno 2024

Revisioni rispetto a marzo 2024

2023

2024

2025

2026

2023

2024

2025

2026

PIL in termini reali

0,6

0,9

1,4

1,6

0,1

0,3

-0,1

0,0

Consumi privati

0,6

1,2

1,7

1,6

0,1

0,0

0,1

0,1

Consumi collettivi

0,8

1,2

1,1

1,1

0,6

-0,1

-0,3

-0,1

Investimenti

1,3

0,1

1,5

2,0

0,5

0,7

-0,1

-0,3

Esportazioni1)

-0,9

1,3

2,9

3,1

-0,2

0,3

0,0

-0,1

Importazioni1)

-1,4

0,5

3,2

3,3

-0,1

-0,5

0,1

0,1

Contributo al PIL fornito da:

Domanda interna

0,8

0,9

1,4

1,5

0,3

0,1

-0,1

0,0

Esportazioni nette

0,3

0,4

0,0

0,1

0,0

0,4

0,0

0,0

Variazioni delle scorte

-0,5

-0,5

0,0

0,0

-0,3

-0,3

0,0

0,0

Reddito disponibile reale

1,2

1,9

1,1

1,2

0,3

0,3

0,0

0,1

Saggio di risparmio delle famiglie (% del reddito disponibile)

14,5

15,0

14,5

14,2

0,1

0,2

0,1

0,1

Occupazione2)

1,4

0,8

0,4

0,5

0,0

0,3

0,1

0,1

Tasso di disoccupazione

6,5

6,5

6,5

6,3

0,0

-0,2

-0,1

-0,3

Partite correnti (% del PIL)

1,6

2,8

2,9

2,9

-0,2

-0,4

-0,3

-0,2

Nota: le proiezioni riguardanti il PIL in termini reali e le sue componenti si basano su dati destagionalizzati e corretti per il numero di giornate lavorative. Le statistiche storiche possono divergere dalle pubblicazioni più recenti dell’Eurostat a causa della divulgazione dei dati oltre la data di chiusura delle proiezioni. È possibile scaricare statistiche, con frequenza anche trimestrale, dalla banca dati delle proiezioni macroeconomiche disponibile nel sito Internet della BCE.
1) Incluso l’interscambio verso l’interno dell’area dell’euro.
2) Persone occupate.

Il mercato del lavoro continuerebbe a evidenziare una buona tenuta, anche se il ritmo di crescita dell’occupazione dovrebbe diminuire rispetto agli anni recenti. La crescita dell’occupazione è stata pari allo 0,3% nel primo trimestre del 2024 secondo la stima rapida dell’Eurostat, risultando nuovamente superiore al previsto (nelle proiezioni di marzo era attesa ancora stabile) e ci si attende che scenda dall’1,4% nel 2023 allo 0,8% nel 2024, per poi stabilizzarsi allo 0,4% e allo 0,5%, rispettivamente, nel 2025 e nel 2026. L’occupazione si colloca al momento al di sopra del livello desunto dalla legge di Okun dinamica, ma si prevede che converga verso il livello implicito nella relazione basata sulla legge di Okun nel corso del 2026 (grafico 3, pannello a). Tale profilo rispecchia attese di un graduale venir meno dei fattori ciclici (quali le strategie di mantenimento della manodopera e gli elevati profitti delle imprese) che hanno sostenuto l’occupazione in misura superiore al consueto nel passato recente[5]. La crescita dell’occupazione è stata rivista al rialzo per complessivi 0,5 punti percentuali nel periodo 2024-2026 rispetto alle proiezioni di marzo, riflettendo il dato superiore al previsto agli inizi del 2024 e il lieve miglioramento delle prospettive per l’evoluzione delle forze di lavoro come conseguenza di dati recenti positivi.

Grafico 3

Occupazione e produttività

a) Occupazione

b) Produttività (in termini di persone occupate)

(indice: 4° trim. 2019 = 100)

(indice: 4° trim. 2019 = 100)

Nota: nel pannello a), per legge di Okun si intende il livello di occupazione ottenuto usando un modello autoregressivo a ritardo distribuito, ARDL (1,1), con una variabile dummy per il secondo e il terzo trimestre del 2020 e le proiezioni di giugno 2024 per il PIL in termini reali. Nel pannello b), l’andamento tendenziale della produttività è calcolato utilizzando la media dei tassi di crescita trimestrali del campione 2000-2019. Le linee verticali indicano l’inizio dell’orizzonte temporale di proiezione.

Ci si attende che la produttività del lavoro acceleri nell’orizzonte temporale della proiezione, ma si ritiene che rimanga su livelli considerevolmente inferiori al trend lineare di lungo periodo nel 2026. L’accelerazione dell’occupazione in un contesto caratterizzato da un ritmo di espansione del PIL in termini reali relativamente modesto ha determinato una crescita contenuta della produttività nel periodo recente. Nell’arco temporale di riferimento, la produttività dovrebbe recuperare seguendo un percorso rivisto lievemente verso il basso rispetto alle proiezioni di marzo. L’aumento dell’1,0% e dell’1,1% previsto rispettivamente per il 2025 e il 2026 appare relativamente sostenuto, essendo quasi doppio rispetto alla media storica (2000-2019), ma dovrebbe essere considerato alla luce del tasso di variazione medio annuo particolarmente basso (-0,1%) osservato a partire dalla pandemia (2020-2023). Ciò si riflette altresì nel livello della produttività, che rimane considerevolmente inferiore a quello desumibile dai valori storici della crescita tendenziale utilizzando come riferimento il tasso di incremento medio annuo antecedente la pandemia, pari allo 0,6% (grafico 3, pannello b).

Il tasso di disoccupazione dovrebbe rimanere relativamente stabile sino alla fine del 2025 e poi diminuire ulteriormente fino a raggiungere un nuovo minimo storico nel 2026 (grafico 4). Nel 2024 e nel 2025 si attesterebbe attorno al 6,5% e nel 2026 scenderebbe su un minimo storico del 6,3%. Il tasso è stato rivisto al ribasso di 0,2 punti percentuali in media nel periodo considerato, per motivi parzialmente riconducibili ai dati recenti più positivi e a prospettive occupazionali lievemente più robuste.

Grafico 4

Tasso di disoccupazione

(percentuale delle forze di lavoro)

Nota: la linea verticale indica l’inizio dell’orizzonte temporale di proiezione. Le statistiche storiche possono divergere dalle pubblicazioni più recenti dell’Eurostat.

3 Prospettive per i conti pubblici

L’intonazione delle politiche di bilancio nell’area dell’euro dovrebbe diventare più restrittiva nell’orizzonte temporale di proiezione, in particolare nel 2024 (tavola 4)[6]. Il dato inferiore al previsto relativo al saldo di bilancio nel 2023 è ascrivibile soprattutto a un allentamento delle politiche fiscali di 0,3 punti percentuali del PIL rispetto alle stime incluse nelle proiezioni dello scorso marzo, dovuto in larga parte a una crescita della spesa superiore alle attese. L’orientamento di bilancio diventerebbe considerevolmente più restrittivo nel 2024, principalmente a causa del ritiro di un’ampia parte delle misure di sostegno connesse all’energia e all’inflazione. Per il periodo 2025-2026 le proiezioni indicano un inasprimento ulteriore, seppure molto più lento, sulla scia dell’ulteriore ridimensionamento dei restanti provvedimenti di sostegno legati all’energia nel 2025, della minore crescita delle sovvenzioni e degli altri trasferimenti fiscali, nonché di alcune misure dal lato delle entrate. Tali effetti dovrebbero essere parzialmente compensati da una limitata espansione degli investimenti del settore pubblico. A queste misure discrezionali di politica di bilancio si aggiungono fattori non discrezionali – comprese entrate superiori o inferiori alle attese – che eserciterebbero un impatto relativamente contenuto sull’orientamento delle politiche nell’orizzonte temporale di riferimento dopo le forti oscillazioni degli ultimi anni. Rispetto alle proiezioni dello scorso marzo, l’intonazione delle politiche fiscali nell’area dell’euro implica un lieve inasprimento ulteriore nel periodo 2025-2026, principalmente a causa della crescita meno dinamica della spesa, che riflette in parte la natura temporanea dello sconfinamento di bilancio nel 2023.

Tavola 4

Prospettive per le finanze pubbliche nell’area dell’euro

(in percentuale del PIL, revisioni in punti percentuali)

Giugno 2024

Revisioni rispetto a marzo 2024

2023

2024

2025

2026

2023

2024

2025

2026

Orientamento delle politiche di bilancio1)

-0,1

0,7

0,3

0,3

-0,3

0,0

0,2

0,2

Saldo di bilancio delle amministrazioni pubbliche

-3,6

-3,1

-2,8

-2,6

-0,4

-0,2

0,0

0,2

Saldo strutturale di bilancio2)

-3,6

-3,0

-2,7

-2,6

-0,4

-0,3

-0,2

0,1

Debito lordo delle amministrazioni pubbliche

88,5

88,4

88,6

88,6

0,2

-0,1

0,1

-0,1

1) Misurato come variazione del saldo primario di bilancio corretto per il ciclo, al netto del sostegno pubblico a favore del settore finanziario. I dati riportati sono altresì corretti per i sussidi a titolo del programma Next Generation EU (NGEU) dal lato delle entrate. Un valore negativo (positivo) implica un allentamento (inasprimento) delle politiche di bilancio.
2) Calcolato come saldo delle amministrazioni pubbliche al netto degli effetti transitori del ciclo economico e delle misure classificate come temporanee ai sensi della definizione del Sistema europeo di banche centrali.

Il saldo di bilancio dell’area dell’euro evidenzierebbe un miglioramento nell’arco di tempo considerato, mentre il rapporto debito/PIL dovrebbe sostanzialmente stabilizzarsi. Dopo essere risultato superiore alle attese nel 2023, il disavanzo dell’area dell’euro dovrebbe diminuire e portarsi al di sotto del valore di riferimento del 3% del PIL a partire dal 2025. Ciò è dovuto principalmente a un calo del disavanzo primario corretto per il ciclo nell’intero periodo in esame, e in particolare nel 2024, il quale dovrebbe più che compensare l’aumento della spesa per interessi. Nel confronto con l’esercizio previsivo dello scorso marzo, il saldo di bilancio è stato rivisto verso il basso per il 2024 (a indicare attese di un aumento del disavanzo) rispecchiando principalmente gli effetti base relativi al 2023. Per il 2026 ci si attende invece che risulti lievemente superiore a quanto previsto nelle proiezioni di marzo (ossia che mostri un disavanzo inferiore), di riflesso alla revisione verso l’alto del saldo primario corretto per il ciclo e al miglioramento della componente ciclica. Il rapporto debito/PIL dell’area dell’euro dovrebbe sostanzialmente stabilizzarsi nell’orizzonte temporale considerato poiché i perduranti (ancorché calanti) disavanzi primari e i raccordi disavanzo-debito positivi sono compensati dai differenziali favorevoli (negativi) fra tasso di interesse e tasso di crescita. Rispetto all’esercizio di marzo, il rapporto debito/PIL è lievemente inferiore per il 2024 in un contesto in cui l’effetto base sfavorevole relativo al 2023 è più che compensato da un differenziale fra tasso di interesse e tasso di crescita notevolmente più favorevole a causa delle revisioni al rialzo per la crescita del PIL in termini nominali. Per il 2026 il debito pubblico in rapporto al PIL è stato corretto lievemente al ribasso per motivi principalmente riconducibili al miglioramento del saldo primario.

4 Prezzi e costi

L’inflazione complessiva misurata sullo IAPC non evidenzierebbe alcuna tendenza significativa nel corso del 2024 e successivamente scenderebbe al 2,2% nel 2025 e all’1,9% nel 2026 (grafico 5). L’inflazione complessiva è scesa da una media del 5,4% nel 2023 al 2,4% ad aprile 2024 e ci si attende che si attesti attorno al 2½% nei prossimi trimestri in presenza di una lieve volatilità connessa principalmente a effetti base relativi ai prezzi dell’energia. Il tasso calcolato sull’HICPX dovrebbe moderarsi lentamente, senza evidenziare particolari variazioni nel resto del 2024. La persistenza dell’inflazione misurata sull’HICPX, che si manterrebbe superiore alla media storica nel periodo in esame, rispecchia soprattutto la lenta diminuzione del tasso di variazione dei prezzi nel settore dei servizi. Poiché l’inflazione per la componente dei beni alimentari dovrebbe altresì diminuire ulteriormente solo più avanti nell’orizzonte temporale della proiezione e quella dei beni energetici fornirebbe per la maggior parte un modesto contributo positivo all’inflazione complessiva misurata sullo IAPC, quest’ultima scenderebbe lentamente e raggiungerebbe l’obiettivo del 2% nel quarto trimestre del 2025 (con un trimestre di ritardo rispetto a quanto previsto nell’esercizio dello scorso marzo).

Grafico 5

IAPC dell’area dell’euro

(variazioni percentuali annue)

Nota: la linea verticale indica l’inizio dell’attuale orizzonte temporale di proiezione. Gli intervalli di valori delle proiezioni centrali forniscono una misura del grado di incertezza e sono simmetrici per definizione. Si basano sugli errori di proiezione passati, al netto della correzione per i valori anomali. Le bande, dalla più scura alla più chiara, descrivono una probabilità del 30%, del 60% e del 90% che il dato relativo all’inflazione misurata sullo IAPC rientri nei rispettivi intervalli. Per maggiori dettagli, cfr. il riquadro “Un’illustrazione dell’incertezza che caratterizza le proiezioni” delle Proiezioni macroeconomiche per l’area dell’euro formulate dagli esperti della BCE, marzo 2023.

Tavola 5

Andamenti dei prezzi e dei costi nell’area dell’euro

(variazioni percentuali annue, revisioni in punti percentuali)

Giugno 2024

Revisioni rispetto a marzo 2024

2023

2024

2025

2026

2023

2024

2025

2026

IAPC

5,4

2,5

2,2

1,9

0,0

0,2

0,2

0,0

IAPC al netto dell’energia

6,3

2,8

2,3

2,1

0,0

0,1

0,1

0,1

IAPC al netto di energia e alimentari

4,9

2,8

2,2

2,0

0,0

0,2

0,1

0,0

IAPC al netto di: energia, alimentari e variazioni delle imposte indirette

5,0

2,7

2,2

2,0

0,1

0,1

0,1

0,0

IAPC – energia

-2,0

-0,8

1,0

0,3

0,0

0,8

0,5

-0,3

IAPC – alimentari

10,9

3,0

2,7

2,2

0,0

-0,2

0,4

-0,1

Deflatore del PIL

6,0

3,3

2,4

2,0

0,1

0,4

0,1

0,1

Deflatore delle importazioni

-2,9

-0,2

2,0

1,9

0,1

0,2

-0,4

-0,3

Reddito per occupato

5,2

4,8

3,5

3,2

-0,1

0,3

-0,1

0,2

Produttività del lavoro per occupato

-0,9

0,1

1,0

1,1

-0,1

0,0

-0,2

-0,1

Costo unitario del lavoro

6,1

4,7

2,5

2,1

-0,1

0,3

0,2

0,4

Utili unitari1)

6,2

0,1

1,9

1,6

0,4

1,1

-0,1

-0,5

Nota: i deflatori del PIL e delle importazioni, il costo unitario del lavoro, il reddito per occupato e la produttività del lavoro si basano su dati destagionalizzati e corretti per il numero di giornate lavorative. Le statistiche storiche possono divergere dalle pubblicazioni più recenti dell’Eurostat a causa della divulgazione dei dati oltre la data di chiusura delle proiezioni. È possibile scaricare statistiche, con frequenza anche trimestrale, dalla banca dati delle proiezioni macroeconomiche disponibile nel sito Internet della BCE.
1) Gli utili unitari sono definiti come margine operativo lordo e reddito misto (corretto per il reddito dei lavoratori autonomi) per unità di PIL in termini reali.

Dopo una fase di lieve volatilità nei prossimi trimestri, il tasso di variazione dei prezzi dell’energia si manterrebbe modesto nel medio periodo poiché l’ipotizzato calo delle quotazioni delle materie prime energetiche sarebbe in parte compensato dalle misure di bilancio connesse al clima. L’inflazione dei beni energetici tornerebbe positiva nel secondo trimestre del 2024 a causa di effetti base al rialzo, del venir meno delle misure di compensazione legate all’energia adottate dai governi e dei recenti aumenti dei corsi del greggio. Tra aprile 2024 e marzo 2025 gli effetti base al rialzo sono all’origine di gran parte del diverso andamento atteso per questa componente. Si stima inoltre che il venir meno delle misure di bilancio volte a compensare l’aumento dei prezzi dell’energia e dell’inflazione tra dicembre 2023 e febbraio 2025 fornisca un contributo di 0,4 punti percentuali all’inflazione complessiva nel 2024 e di 0,1 punti percentuali nel 2025. Una volta esaurito l’impatto esercitato da questi effetti base e dal ritiro delle misure di bilancio connesse all’energia, l’inclinazione discendente delle curve dei prezzi dei contratti future sui corsi delle materie prime energetiche – in parte compensata da alcuni effetti al rialzo derivanti dai provvedimenti fiscali legati al clima – implica un contributo positivo solo molto modesto della componente energetica dello IAPC nel 2025 e nel 2026 (grafico 6)[7].

Grafico 6

Inflazione dell’area dell’euro misurata sullo IAPC – scomposizione nelle principali componenti

(variazioni percentuali sui dodici mesi, contributi in punti percentuali)

Nota: la linea verticale indica l’inizio dell’attuale orizzonte temporale di proiezione.

L’inflazione per la componente alimentare dovrebbe mantenersi sostanzialmente stabile nel breve periodo e registrare successivamente un ulteriore calo moderato a causa dell’attenuarsi delle pressioni inflazionistiche derivanti dagli aumenti passati dei costi degli input. Il tasso di variazione dei prezzi dei beni alimentari ha continuato a diminuire nei primi mesi di quest’anno e in aprile è risultato pari al 2,8%, in calo rispetto alla media del 10,9% nel 2023, grazie all’evoluzione degli alimentari sia freschi sia trasformati. In larga misura, tale andamento va ricondotto all’attenuazione delle spinte inflazionistiche dovuta ai ribassi delle materie prime energetiche e alimentari. Ci si attende che l’inflazione per la componente alimentare non evidenzi una tendenza significativa nel prosieguo di quest’anno e per gran parte del 2025, ma che registri un ulteriore calo lieve collocandosi su una media del 2,2% nel 2026 per l’impatto ritardato delle pressioni ancora elevate dal lato del costo del lavoro negli ultimi due anni dell’orizzonte temporale di riferimento.

L’inflazione misurata sull’HICPX scenderebbe gradualmente, collocandosi al 2,0% nel 2026, principalmente a causa della moderata diminuzione nella componente dei servizi (grafico 7). Il tasso di variazione dei prezzi dei beni industriali non energetici (non‑energy industrial goods, NEIG) è sceso da una media del 5,0% nel 2023 allo 0,9% ad aprile 2024, mentre quello relativo ai servizi ha registrato una flessione più moderata, passando dal 4,9% nel 2023 al 3,7% ad aprile 2024. Il calo dell’inflazione dei beni industriali non energetici dagli inizi del 2024 è imputabile al venir meno degli effetti al rialzo esercitati dalle strozzature dal lato dell’offerta, agli effetti indiretti dei passati rincari dei beni energetici e alimentari e al persistente impatto verso il basso proveniente dall’inasprirsi della politica monetaria. Le proiezioni includono effetti solo trascurabili sull’inflazione dei beni derivanti dalle tensioni geopolitiche in Medio Oriente (comprese le turbative del trasporto marittimo nel Mar Rosso), coerentemente con il fatto che i costi del trasporto via mare incidono in misura ridotta sul costo totale dei beni, hanno registrato finora un aumento relativamente contenuto e sono basati su contratti a più lungo termine. Nel medio periodo il calo dell’inflazione misurata sull’HICPX è principalmente connesso alla componente dei servizi in un contesto in cui vengono meno gli effetti della riapertura delle attività economiche successiva alla pandemia e prosegue la trasmissione dell’impatto verso il basso esercitato dall’inasprimento della politica monetaria. Si ritiene che una diminuzione più rapida dell’inflazione dei servizi sia ostacolata da pressioni verso l’alto calanti ma ancora elevate riconducibili agli andamenti del costo del lavoro.

Grafico 7

Inflazione nell’area dell’euro misurata sullo IAPC al netto dell’energia e dei beni alimentari

(variazioni percentuali annue)

Nota: la linea verticale indica l’inizio dell’attuale orizzonte temporale di proiezione. Gli intervalli di valori delle proiezioni centrali forniscono una misura del grado di incertezza e sono simmetrici per definizione. Si basano sugli errori di proiezione passati, al netto della correzione per i valori anomali. Le bande, dalla più scura alla più chiara, descrivono una probabilità del 30%, del 60% e del 90% che il dato relativo all’inflazione misurata sull’HICPX rientri nei rispettivi intervalli. Per maggiori dettagli, cfr. il riquadro “Un’illustrazione dell’incertezza che caratterizza le proiezioni” delle Proiezioni macroeconomiche per l’area dell’euro formulate dagli esperti della BCE, marzo 2023.

Da un confronto con l’esercizio previsivo dello scorso marzo emerge che le prospettive per l’inflazione complessiva misurata sullo IAPC sono state riviste verso l’alto di 0,2 punti percentuali per il 2024 e il 2025, principalmente a causa di correzioni al rialzo per la componente energetica e per il tasso calcolato sull’HICPX, mentre sono invariate per il 2026 (grafico 8). La revisione verso l’alto per la componente energetica nel 2024 è dovuta principalmente al rincaro delle materie prime energetiche e, in misura inferiore, a variazioni delle imposte e degli oneri di rete e di distribuzione. La correzione al rialzo del tasso calcolato sull’HICPX va ricondotta a dati diversi dal previsto negli ultimi mesi e principalmente a livelli di inflazione dei servizi superiori alle attese. Tali revisioni verso l’alto sono in parte compensate da una correzione al ribasso relativa alla componente alimentare, dovuta soprattutto a dati recenti inferiori al previsto. Per il 2025 l’inflazione dei beni alimentari è stata rivista al rialzo, rispecchiando spinte inflazionistiche dal lato dei costi dell’energia e del lavoro più intense di quanto atteso in precedenza. Nel prosieguo del periodo in esame la correzione verso l’alto del tasso misurato sull’HICPX riflette altresì la trasmissione dell’aumento del costo del lavoro per unità di prodotto. L’inflazione complessiva per il 2026 è stata mantenuta invariata come conseguenza del fatto che le modeste correzioni al rialzo del tasso calcolato sull’HICPX sono compensate dalle contenute revisioni al ribasso per le componenti alimentare ed energetica.

Grafico 8

Revisioni delle proiezioni per l’inflazione rispetto all’esercizio previsivo di marzo 2024

(contributi in punti percentuali)

La crescita dei salari nominali diminuirebbe gradualmente, ma rimarrebbe elevata, consentendo alle retribuzioni reali di risalire sui livelli antecedenti il forte aumento dell’inflazione (grafico 9). Il tasso di incremento sul periodo corrispondente del reddito per occupato è stato pari al 4,7% nel quarto trimestre del 2023 e si prevede che salga al 4,8%, in media, nel 2024 evidenziando una lieve volatilità in corso d’anno. Successivamente dovrebbe continuare a moderarsi nell’orizzonte temporale di riferimento pur mantenendosi superiore ai livelli storici a causa delle condizioni ancora tese nei mercati del lavoro, della compensazione per l’inflazione e degli aumenti dei salari minimi. Il contributo delle retribuzioni contrattuali e dell’inerzia salariale alla crescita del reddito per occupato sarebbe superiore rispetto al periodo antecedente la pandemia. Le retribuzioni contrattuali dovrebbero far osservare una lieve accelerazione nel 2024, per poi rallentare gradualmente, mentre le condizioni tese nei mercati del lavoro determinerebbero un contributo più persistente dell’inerzia salariale. Nel 2026 il reddito per occupato aumenterebbe del 3,2%, un tasso leggermente superiore alla somma delle proiezioni per l’aumento della produttività e per l’inflazione misurata sullo IAPC. Rispetto all’esercizio previsivo dello scorso marzo la crescita del reddito per occupato è stata rivista lievemente al rialzo per il 2024 e il 2026. Tale correzione verso l’alto rispecchia l’impatto dei dati più recenti, una posizione ciclica lievemente migliore e una maggiore inerzia salariale, ed è in linea con condizioni più tese nel mercato del lavoro, soprattutto verso la fine del periodo in esame. I salari reali tornerebbero sui livelli degli inizi del 2022 nel terzo trimestre del 2024, con un trimestre di anticipo rispetto a quanto prospettato nelle proiezioni di marzo.

Grafico 9

Reddito per occupato

(variazioni percentuali annue)

Nota: la linea verticale indica l’inizio dell’attuale orizzonte temporale di proiezione. Le statistiche storiche possono divergere dalle pubblicazioni più recenti dell’Eurostat.

La crescita del costo del lavoro per unità di prodotto dovrebbe ridursi considerevolmente. Il tasso di variazione del costo unitario del lavoro avrebbe raggiunto un massimo nel 2023, quando si è attestato in media al 6,1%, e ci si attende che scenda nettamente portandosi al 2,1% nel 2026. Pur beneficiando della prevista accelerazione della produttività unitamente alla minore dinamica salariale, rimarrebbe considerevolmente superiore alla media pre-pandemica dell’1,5%. Rispetto alle proiezioni di marzo, il tasso di incremento del costo del lavoro per unità di prodotto è stato rivisto al rialzo, specialmente per il 2025 e il 2026. Ciò riflette la correzione verso l’alto del reddito per occupato e la revisione verso il basso della crescita della produttività.

Le pressioni interne sui prezzi, misurate dalla crescita del deflatore del PIL, dovrebbero continuare a diminuire in un contesto in cui l’aumento dei profitti inizialmente attenua le elevate pressioni dal lato del costo del lavoro e successivamente evidenzia un recupero (grafico 10). Il tasso di variazione annua del deflatore del PIL continuerebbe a scendere rapidamente nel corso del 2024, collocandosi al 3,3% in media d’anno; successivamente evidenzierebbe un calo più graduale, portandosi su una media del 2,0% nel 2026. La crescita dei profitti per unità di prodotto ha raggiunto un massimo agli inizi del 2023 e si è poi moderata, risultando nel quarto trimestre dell’anno al di sotto del livello atteso nelle proiezioni di marzo. Per tutto il 2024 rimarrebbe considerevolmente inferiore all’espansione del costo del lavoro per unità di prodotto, a implicare che i margini di profitto attenuano l’impatto della dinamica relativamente vigorosa del costo del lavoro. Con la moderazione del tasso di incremento del costo del lavoro per unità di prodotto, i profitti unitari dovrebbero evidenziare un lieve recupero a partire dal 2025 grazie alla ripresa economica e all’accelerazione della produttività. Nel confronto con l’esercizio previsivo di marzo, la crescita del deflatore del PIL è stata rivista al rialzo per il 2024 a causa di dati recenti superiori al previsto per il primo trimestre dell’anno che sono verosimilmente da ricondurre alla considerevole accelerazione dei profitti per unità di prodotto. È stata altresì oggetto di una lieve correzione verso l’alto per il 2025 e il 2026 per motivi ascrivibili all’incremento della crescita del costo del lavoro per unità di prodotto, che nel 2026 è in parte compensata da revisioni al rialzo riguardanti i profitti unitari.

Il tasso di variazione sui dodici mesi dei prezzi all’importazione sarebbe negativo nel 2024, per poi attestarsi attorno al 2% negli anni successivi del periodo in esame. La crescita del deflatore delle importazioni è attesa in aumento, dal -2,9% nel 2023 al -0,2% nel 2024, al 2,0% nel 2025 e all’1,9% nel 2026, sostanzialmente in linea con il profilo previsto per i prezzi all’esportazione dei paesi concorrenti e per le quotazioni dell’energia (cfr. la sezione 1 e il riquadro 2).

Grafico10

Pressioni interne sui prezzi

a) Deflatore del PIL e sue componenti

b) Deflatore del PIL e sue componenti – revisioni rispetto alle proiezioni di marzo 2024

(variazioni percentuali sui dodici mesi, contributi in punti percentuali)

(contributi in punti percentuali)

Nota: le linee verticali indicano l’inizio dell’attuale orizzonte temporale di proiezione.

5 Analisi di sensibilità e di scenario

Profili alternativi dei prezzi dell’energia

Gli andamenti futuri dei prezzi delle materie prime energetiche sono molto incerti e profili alternativi per i prezzi del petrolio e del gas avrebbero un impatto considerevole sulle prospettive economiche, specialmente per l’inflazione. Mentre le proiezioni degli esperti si basano sulle ipotesi tecniche illustrate nel riquadro 1, questa analisi di sensibilità è utilizzata per calcolare un profilo alternativo al ribasso e uno al rialzo con il 25° e il 75° percentile delle densità delle probabilità neutrali al rischio implicite nelle opzioni per il prezzo sia del petrolio sia del gas[8]. La distribuzione dei prezzi sia del petrolio sia del gas indica rischi al rialzo per le ipotesi tecniche incorporate nelle proiezioni di giugno 2024 (grafico 11). Inoltre, si considera un’ipotesi di prezzi costanti sia per il petrolio sia per il gas. In ciascun caso si calcola un indice sintetico dei prezzi dei prodotti energetici (una media ponderata dei profili per le quotazioni del petrolio e del gas) e si valutano gli effetti dei profili alternativi con una serie di modelli macroeconomici della BCE e dell’Eurosistema utilizzati per le proiezioni. Gli effetti medi sulla crescita del PIL in termini reali e sull’inflazione misurata sullo IAPC risultanti da tali modelli sono riportati nella tavola 6.

Grafico 11

Profili alternativi delle ipotesi relative ai prezzi dell’energia

a) Ipotesi per il prezzo del petrolio

(USD al barile)

b) Ipotesi per il prezzo del gas

(EUR per MWh)

Fonti: Morningstar ed elaborazioni della BCE.
Nota: le densità delle probabilità implicite nelle opzioni per il prezzo del petrolio e del gas sono ricavate dalle quotazioni di mercato alla data del 15 maggio 2024 per le opzioni sui contratti future dell’ICE sul greggio di qualità Brent e sui contratti future sul gas TTF olandese con scadenze trimestrali fisse.

Tavola 6

Impatto di profili alternativi dei prezzi dell’energia

Profilo 1: 25° percentile

Profilo 2: 75° percentile

Profilo 3: prezzi costanti

2024

2025

2026

2024

2025

2026

2024

2025

2026

(deviazione dai livelli dello scenario di base, percentuali)

Prezzi del petrolio

-2,9

-10,9

-15,8

10,3

19,5

23,9

1,3

7,7

12,8

Prezzi del gas

-12,7

-20,6

-19,1

16,3

27,8

33,4

-4,9

-15,1

0,4

Indice sintetico dei prezzi dell’energia

-10,6

-16,0

-16,0

13,9

22,9

24,3

-0,6

-0,4

8,7

(deviazioni dai tassi di crescita dello scenario di base, in punti percentuali)

Crescita del PIL in termini reali

-0,1

0,1

0,0

0,0

-0,2

-0,1

0,0

0,0

0,0

IAPC

-0,2

-0,4

-0,2

0,4

0,7

0,4

0,0

0,0

0,2

Nota: in questa analisi di sensibilità viene usato un indice sintetico dei prezzi dei prodotti energetici che combina i prezzi dei contratti future sul petrolio e sul gas. Il 25° e il 75° percentile si riferiscono alle densità delle probabilità neutrali al rischio implicite nelle opzioni per il prezzo del petrolio e del gas alla data del 15 maggio 2024. I prezzi costanti del petrolio e del gas assumono il valore rispettivo osservato alla stessa data. Gli effetti macroeconomici sono indicati come medie di una serie di modelli macroeconomici costruiti dagli esperti della BCE e dell’Eurosistema.

Riquadro 2
È possibile che la Cina esporti disinflazione?

Il presente riquadro prende in considerazione scenari alternativi riguardo alle politiche economiche adottate dalla Cina per sostenere la crescita interna e alla possibilità che tali politiche finiscano per esportare disinflazione nell’area dell’euro e negli Stati Uniti. Le proiezioni degli esperti dell’Eurosistema di giugno 2024 prospettano per la Cina una diminuzione graduale della crescita nell’orizzonte temporale di riferimento per l’azione di freno esercitata dalle difficoltà nel settore immobiliare. Tuttavia, il settore manifatturiero ha fatto registrare un’espansione grazie a misure di sostegno sul piano delle politiche in un contesto in cui il credito affluisce all’economia nonostante i livelli elevati delle scorte e il calo del tasso di utilizzo della capacità produttiva. Inoltre, la quota di mercato delle esportazioni (in termini di volume) della Cina è rimasta superiore ai livelli pre-pandemici (grafico A). Inizialmente ciò era stato sostenuto dallo spostamento dei consumi mondiali dai servizi ai beni a seguito della pandemia, dato il ruolo di primo piano svolto dalla Cina nel commercio internazionale di beni in generale e di prodotti richiesti durante la pandemia in particolare. Tuttavia, nonostante il venir meno di tali effetti connessi alla pandemia su scala globale, la quota di mercato della Cina è aumentata di circa il 18% dagli inizi del 2023, mentre i prezzi delle sue esportazioni sono diminuiti ulteriormente. Questo distingue la Cina sia dagli Stati Uniti, la cui quota è tornata sui livelli pre-pandemici, sia dall’area dell’euro, che non ha ancora recuperato interamente la perdita di quote di mercato dal 2020.

Grafico A

Quote di mercato delle esportazioni

(indici di volume: gennaio 2010 = 100)

Fonti: CPB World Trade Monitor, Eurostat (tramite Haver Analytics) ed elaborazioni degli esperti della BCE.
Nota: gli indicatori si riferiscono alle quote di mercato delle esportazioni in termini di volume di beni mondiali. Tutte le serie sono destagionalizzate da Haver Analytics. Le ultime osservazioni si riferiscono a febbraio 2024.

L’area dell’euro ha legami commerciali con la Cina più stretti degli Stati Uniti. Dal lato delle importazioni, gli Stati Uniti – la cui dipendenza dalla Cina era in passato maggiore di quella dell’area dell’euro – hanno ridotto le importazioni di beni cinesi dal 2,8% del PIL all’inizio del decennio 2010 al 2,3% nel periodo 2019-2020. Le importazioni di beni cinesi nell’area dell’euro hanno invece mostrato un andamento opposto e più di recente si sono collocate al 3,5% del PIL. Dal lato delle esportazioni, l’area dell’euro continua a evidenziare una dipendenza dalla Cina superiore a quella degli Stati Uniti: l’incidenza delle esportazioni verso la Cina sul PIL è pari al 2,5% nell’area e all’1,1% negli Stati Uniti.

Il presente riquadro esamina tre scenari alternativi rispetto allo scenario di base delle proiezioni di giugno 2024: (a) uno scenario più favorevole, in cui la Cina incrementa la crescita fornendo sostegno al credito al settore manifatturiero e stimolando di conseguenza la domanda interna ed esterna in un contesto in cui le esportazioni diventano meno costose; (b) uno scenario meno favorevole, in cui un calo della domanda interna in Cina dovuto a un rallentamento più marcato del settore dell’edilizia residenziale è parzialmente compensato da un aumento delle esportazioni sostenuto dalle sovvenzioni; (c) uno scenario avverso, il quale è simile a quello meno favorevole ma ipotizza che tutte le economie tranne l’area dell’euro introducano barriere commerciali nei confronti della Cina in risposta alle esportazioni sovvenzionate provenienti da tale paese. In questo scenario, l’area dell’euro rimarrebbe l’unico grande mercato aperto alle esportazioni cinesi. Questi scenari sono simulati utilizzando il modello ECB-Global.

Gli scenari comportano effetti di propagazione dalla Cina all’inflazione nell’area dell’euro e negli Stati Uniti attraverso diversi canali. In tutti gli scenari considerati, il calo dei prezzi all’esportazione della Cina esercita un impatto al ribasso diretto sui prezzi all’importazione nell’area dell’euro e negli Stati Uniti attraverso le importazioni finali e intermedie. Agisce altresì da freno sulla domanda esterna dell’area dell’euro e degli Stati Uniti per il tramite del canale della competitività, in quanto i partner commerciali delle due economie dirottano la domanda di importazioni verso la Cina. Vi è inoltre un canale di ricomposizione della spesa interna, in un contesto in cui i consumatori nei mercati nazionali effettuano sostituzioni con i beni più economici importati dalla Cina. Ciò riduce ulteriormente la domanda di beni delle imprese nazionali, esercitando pressioni al ribasso sui prezzi alla produzione e quindi sull’inflazione a causa del calo della domanda di lavoro e dei salari. In ultima istanza, questo incide anche sui prezzi dei servizi. Le variazioni della domanda di beni provenienti dalla Cina influirebbero altresì sulla domanda e sui prezzi delle materie prime a livello mondiale, trasmettendosi pertanto anche all’inflazione dell’area dell’euro.

Nello scenario più favorevole, l’impatto sul PIL e sull’inflazione è positivo ma relativamente contenuto sia per l’area dell’euro sia per gli Stati Uniti (grafico B). In termini di impatto sul PIL, gli effetti di competitività negativi derivanti dal calo dei prezzi delle esportazioni in Cina – che determinano una riduzione sia della produzione interna sia della domanda esterna nell’area dell’euro e negli Stati Uniti – sono compensati dall’aumento della domanda cinese. Analogamente, l’impatto della diminuzione dei prezzi all’importazione dei beni non energetici è compensato dal rincaro del petrolio e dalla crescita della domanda (entrambi da ricondurre all’aumento della domanda cinese) e gli effetti di propagazione si rivelano lievemente positivi per l’inflazione negli Stati Uniti e nell’area dell’euro.

Grafico B

Effetti sul PIL e sull’inflazione nell’area dell’euro e negli Stati Uniti

a) PIL in termini reali

b) Prezzi al consumo

(deviazioni dai tassi di crescita dello scenario di base, in punti percentuali)

(deviazioni dai tassi di crescita dello scenario di base, in punti percentuali)

Fonte: elaborazioni effettuate dagli esperti della BCE utilizzando il modello ECB-Global.
Nota: scenari simulati nel modello ECB-Global assumendo che la politica monetaria dell’area dell’euro/degli Stati Uniti sia esogena.

Nello scenario meno favorevole, la Cina potrebbe di fatto esportare disinflazione (grafico C). In questo scenario, l’effetto di contenimento dell’inflazione esercitato dalle sovvenzioni all’esportazione è aggravato dal calo dell’attività mondiale e della domanda esterna negli Stati Uniti e nell’area dell’euro in presenza di un rallentamento dell’economia cinese. La domanda esterna si riduce più marcatamente negli Stati Uniti, poiché in questo scenario il dollaro si apprezza per effetto della ricerca di investimenti ritenuti più sicuri alla luce del rallentamento mondiale. L’inflazione dei prezzi all’importazione dei prodotti non petroliferi registra un calo che arriva fino a 70 punti base negli Stati Uniti e risulta lievemente inferiore nell’area dell’euro (in quanto i prezzi all’importazione denominati in dollari diminuiscono meno in termini di euro). Gli effetti combinati della diminuzione della domanda e della riduzione dei prezzi all’esportazione in Cina esercitano pressioni al ribasso sul PIL in termini reali e sull’inflazione sia nell’area dell’euro sia negli Stati Uniti. Si stima pertanto che l’impatto sulla crescita nel 2025 sia pari a 0,17 punti percentuali nell’area dell’euro, solo lievemente superiore rispetto agli 0,13 punti percentuali stimati per gli Stati Uniti. L’incidenza delle esportazioni verso la Cina sul PIL è considerevolmente maggiore nell’area dell’euro, a indicare che l’azione di freno sul prodotto sarebbe superiore nell’area rispetto agli Stati Uniti. Tuttavia, l’apprezzamento del dollaro in questo scenario implica un effetto frenante aggiuntivo sul PIL statunitense. L’inflazione al consumo sarebbe inferiore di circa 20 punti base per entrambe le economie nel 2025 nell’ipotesi che la politica monetaria sia esogena. Gli effetti sull’area dell’euro sarebbero lievemente maggiori se l’euro non dovesse deprezzarsi.

Lo scenario avverso comporta i maggiori effetti negativi per l’area dell’euro, con un calo dell’inflazione che arriva fino a 40 punti base. In questo scenario gli effetti sono particolarmente gravi, poiché il minor costo delle esportazioni cinesi incide solo sull’area dell’euro e determina di conseguenza lo spiazzamento della sua produzione interna. Vi è altresì un impatto negativo sugli Stati Uniti dovuto al riorientamento degli scambi verso l’area dell’euro, in quanto quest’ultima beneficia di input meno costosi importati dalla Cina. Il medesimo effetto contribuisce ad attenuare l’impatto negativo sul PIL dell’area dell’euro esercitato dalle esportazioni cinesi a basso costo. In questo scenario, l’inflazione al consumo nell’area diminuisce di quasi 40 punti base.

Gli effetti di propagazione sull’inflazione si trasmettono principalmente attraverso il canale del commercio, ma anche i prezzi del petrolio svolgono un ruolo significativo. Una scomposizione dell’impatto sull’inflazione dell’area dell’euro per canale di trasmissione mostra che i legami commerciali svolgono un ruolo di primo piano nello scenario meno favorevole e in quello avverso, mentre i legami finanziari sono meno importanti. Nello scenario più favorevole, il prezzo del petrolio aumenta del 2,5% rispetto allo scenario di base, mentre negli altri due registra un calo di entità analoga. Nel complesso, le variazioni dei corsi petroliferi forniscono un contributo significativo di 10 punti base all’impatto sull’inflazione dell’area dell’euro.

Grafico C

Scomposizione dell’impatto sull’inflazione al consumo complessiva nell’area dell’euro

(deviazioni dai tassi di crescita dello scenario di base, in punti percentuali)

Fonte: elaborazioni effettuate dagli esperti della BCE utilizzando il modello ECB-Global.
Nota: la scomposizione è ottenuta utilizzando il modello ECB-Global con il corrispondente canale di propagazione disattivato. Il residuo coglie le complementarità tra i canali.

Riquadro 3
Profili alternativi per gli andamenti della produttività nell’area dell’euro e relativo impatto sull’economia

Nel 2023 l’occupazione ha evidenziato una dinamica vigorosa rispetto al prodotto, sorretta da diversi fattori ciclici. Le imprese hanno creato o almeno mantenuto posti di lavoro in un contesto di margini di profitto più elevati, di crescita contenuta dei salari reali, di andamenti dinamici delle forze di lavoro (grazie anche all’immigrazione) e di un calo delle ore medie lavorate. Tali fattori sono stati alla base della crescita relativamente sostenuta dell’occupazione totale tra il quarto trimestre del 2022 e lo stesso periodo del 2023. L’occupazione si è rivelata superiore al livello implicito nella crescita del PIL in termini reali secondo un modello basato sulla legge di Okun. A sua volta, la produttività del lavoro è diminuita nel 2023. Nelle proiezioni di giugno 2024 la crescita dell’occupazione a partire dal primo trimestre del 2024 è inferiore al livello desunto applicando la legge di Okun[9]. Le proiezioni indicano un graduale ritorno alla relazione di lungo periodo, a implicare che la produttività migliorerebbe con la ripresa della crescita del PIL. Nonostante il miglioramento, lo scenario di base continua a prospettare una crescita della produttività inferiore a quanto ci si attenderebbe sulla base del tasso di incremento medio del PIL negli ultimi due decenni. In questo senso lo scenario ipotizza una ripresa ciclica della crescita della produttività, che tuttavia potrebbe essere altresì frenata da fattori che pesano in modo più permanente, come gli effetti di isteresi o i ritardi nelle transizioni digitale ed ecologica. Non va comunque esclusa anche la possibilità che tale ripresa sia più rapida rispetto alle previsioni attuali, per esempio grazie allo stimolo fornito dall’intelligenza artificiale (IA).

In quest’ottica, sono stati considerati due scenari al fine di valutare profili alternativi per la produttività del lavoro rispetto allo scenario di base.

  • Lo scenario 1 prospetta una dinamica della produttività più ottimistica di quella incorporata nello scenario di base. Viene ipotizzato un più rapido venir meno di determinanti cicliche che hanno sostenuto l’occupazione in passato, come l’esaurirsi delle strategie di accantonamento del fattore lavoro e una riduzione degli incentivi alle assunzioni per le imprese. Ciò implica una crescita dell’occupazione più debole nell’orizzonte temporale di proiezione, con la conseguenza che la produttività del lavoro risulta superiore a quanto prospettato nello scenario di base di questo esercizio previsivo. Lo scenario 1 assume che l’occupazione cresca in misura contenuta rispetto all’evoluzione del PIL in termini reali per compensare il dinamismo osservato a partire dalla ripresa che ha fatto seguito alla pandemia. Rispetto allo scenario di base, l’occupazione è inferiore di 0,5 punti percentuali in termini cumulati nell’orizzonte temporale della proiezione, mentre l’andamento tendenziale della produttività è invariato.
  • Lo scenario 2 adotta una prospettiva più pessimistica, ipotizzando l’esistenza di fattori strutturali che incidono negativamente sul capitale e sulla produttività totale dei fattori (PTF). Questo scenario più pessimistico rispecchia la possibilità che gli effetti di isteresi derivanti dal basso livello della domanda registrato in passato riducano la necessità di incrementare la capacità produttiva, implicando una minore crescita dello stock di capitale, un andamento che potrebbe essere connesso agli elevati prezzi dell’energia o alle tensioni geopolitiche e alle conseguenti criticità legate alle catene di approvvigionamento. Nello scenario 2, l’adeguamento della capacità e l’aumento dello stock di capitale da parte delle imprese potrebbero procedere a un ritmo più lento. Altri fattori strutturali potrebbero altresì influenzare l’andamento tendenziale della PTF. Tra questi figurano possibili ritardi nei benefici in termini di produttività derivanti dalle tecnologie digitali o, nel medio periodo, un impatto delle politiche ambientali più negativo di quello incorporato nello scenario di base delle proiezioni degli esperti. Lo scenario 2 ipotizza che la crescita tendenziale del prodotto sia inferiore di 0,4 punti percentuali a quella prospettata nello scenario di base per ogni anno dal 2024 al 2026. Ciò implica che il livello del prodotto tendenziale nel 2026 è inferiore dell’1,2% rispetto allo scenario di base, a indicare un minore stock di capitale e una minore PTF tendenziale, mentre il trend delle forze di lavoro è invariato. Pertanto, il livello della produttività tendenziale è altresì inferiore dell’1,2 % nel 2026.

Tavola A

Caratteristiche principali degli scenari

(deviazioni dai tassi di crescita dello scenario di base, in punti percentuali)

2024

2025

2026

cumulato

Scenario 1: Minore occupazione

0,0

-0,2

-0,3

-0,5

Scenario 2: Minore crescita tendenziale del prodotto

-0,4

-0,4

-0,4

-1,2

Gli scenari sono valutati con il modello ECB-BASE e il New Area-Wide Model (NAWM) II per analizzare una serie di possibili implicazioni macroeconomiche (tavola B). Lo scenario 1 è interpretato utilizzando il modello ECB-BASE. Il profilo alternativo dell’occupazione è implementato nel modello come uno shock negativo della domanda di lavoro, che può essere altresì interpretato come l’esaurirsi delle strategie di mantenimento della manodopera. Le prospettive più pessimistiche per l’occupazione nello scenario 1 comporterebbero per il PIL in termini reali una perdita cumulata dello 0,2% entro la fine dell’orizzonte temporale di riferimento rispetto allo scenario di base, riconducibile al livello più basso del reddito e della produzione, con effetti solo modesti sull’inflazione misurata sullo IAPC. Lo scenario 2 è implementato inizialmente attraverso un ulteriore shock negativo della produttività del lavoro nella funzione di produzione del modello ECB-BASE, che riduce il prodotto tendenziale originato dal fattore lavoro. In questo scenario l’output gap nel periodo 2024-2025 è meno negativo che nello scenario di base e risulta persino positivo nel 2026, determinando pressioni al rialzo sui prezzi in un contesto in cui la produzione si adegua alla ridotta capacità. Secondo questo modello (scenario 2a), l’inflazione misurata sullo IAPC è superiore di 0,1 (0,2) punti percentuali rispetto allo scenario di base nel 2025 (nel 2026) e la crescita del PIL in termini reali è inferiore di 0,2 (0,3) punti percentuali nel 2025 (nel 2026). Come controllo di robustezza, lo scenario 2 è altresì implementato con il NAWM II attraverso uno shock (PTF) tecnologico transitorio (scenario 2b). In questo scenario gli operatori internalizzano la minore PTF nelle loro decisioni e questo produce un impatto sul PIL maggiore rispetto allo scenario 2a, che utilizza il modello ECB-BASE. I risultati relativi all’inflazione sono simili a quelli dello scenario 2a, date le rigidità di prezzo nel NAWM II e la lenta reazione all’inflazione (tavola B). Sia nello scenario 2a sia nello scenario 2b, l’occupazione è simile a quanto prospettato nello scenario di base[10].

Nel complesso, i due scenari delineano potenziali rischi per lo scenario di base delle proiezioni. La probabilità di realizzazione dei singoli scenari non viene quantificata, ma la configurazione di questi due risultati potenzialmente diversi contribuisce a evidenziare le conseguenze macroeconomiche di andamenti differenti della produttività del lavoro[11].

Tavola B

Effetti sulle variabili macroeconomiche

(deviazioni dai tassi di crescita dello scenario di base, in punti percentuali)

PIL in termini reali

IAPC

Produttività del lavoro implicita ex post

2024

2025

2026

cumul.

2024

2025

2026

cumul.

2024

2025

2026

cumul.

Scenario 1: Shock di domanda di lavoro nel modello ECB-BASE

0,0

-0,1

-0,1

-0,2

0,00

0,00

-0,01

-0,02

0,0

0,2

0,1

0,3

Scenario 2a: Shock di produttività nel modello ECB-BASE

0,0

-0,2

-0,3

-0,5

0,01

0,08

0,17

0,25

-0,1

-0,2

-0,3

-0,6

Scenario 2b: Shock tecnologico transitorio nel modello NAWM II

-0,1

-0,3

-0,4

-0,9

0,03

0,11

0,16

0,30

-0,2

-0,4

-0,5

-1,1

Nota: il modello ECB-BASE è stato simulato mantenendo i valori relativi alle politiche monetaria e di bilancio, e ai differenziali di cambio e finanziari, fissati a quelli incorporati nello scenario di base. Per lo scenario 1, la simulazione basata sul modello è condizionata al profilo dell’occupazione; per lo scenario 2a, è condizionata al profilo del prodotto tendenziale consentendo l’aggiustamento della produttività (del lavoro) della funzione di produzione. Rispetto allo scenario di base, la variazione del prodotto tendenziale accresce la misura della capacità inutilizzata e innalza i prezzi attraverso la relazione della curva di Phillips. Un prodotto tendenziale più basso implica altresì un aggiustamento avverso dell’obiettivo per i salari reali e determina pertanto una riduzione dei salari reali (e nominali). Gli adeguamenti salariali, a loro volta, comportano un aumento dell’occupazione in modo endogeno ex post. Con un certo ritardo, un prodotto tendenziale più basso si traduce in ultima istanza in un calo della produzione e della spesa. Nello scenario 2b la simulazione NAWM II è stata condotta tramite shock inattesi sullo shock tecnologico transitorio, il che implica un aumento dei tassi a breve termine. Uno shock tecnologico transitorio più contenuto determina una crescita dei costi marginali, con un conseguente incremento dei prezzi interni. In un contesto in cui la domanda interna si adegua solo lentamente al calo dell’offerta, sia l’occupazione sia i salari nominali aumentano. Allo stesso tempo, l’apprezzamento causato dai tassi di interesse più elevati determina prezzi all’importazione inferiori e, di conseguenza, i prezzi al consumo aumentano meno dei prezzi interni. Per produttività del lavoro implicita ex post si intende il rapporto tra il PIL in termini reali nello scenario e l’occupazione nello scenario, ossia dopo gli aggiustamenti endogeni attraverso i modelli.

Riquadro 4
Confronto con le previsioni formulate da altre organizzazioni e dal settore privato

Le proiezioni di giugno degli esperti dell’Eurosistema si collocano generalmente all’estremità superiore o leggermente al di sopra dell’intervallo di valori delle altre previsioni, fatta eccezione per l’inflazione complessiva nel 2026. Le proiezioni per la crescita formulate dagli esperti dell’Eurosistema sono lievemente più alte delle previsioni delle altre organizzazioni e di quelle risultanti dalle indagini degli analisti del settore privato per il 2024 e il 2026, mentre si collocano in prossimità della media delle altre previsioni disponibili per il 2025. Con riferimento all’inflazione misurata sullo IAPC, la proiezione degli esperti dell’Eurosistema per il 2024 è lievemente al di sopra di gran parte delle altre previsioni, in alcuni casi probabilmente a causa di informazioni più aggiornate sui prezzi dell’energia. Per il 2025 si colloca, insieme alla recente previsione dell’OCSE, in corrispondenza del limite superiore di un intervallo di valori piuttosto ristretto e per il 2026 è l’unica a discostarsi dal 2,0%, situandosi all’1,9%. Per quanto riguarda l’inflazione misurata sullo IAPC al netto dei beni energetici e alimentari, la proiezione degli esperti dell’Eurosistema si trova lievemente al di sopra dell’intervallo ristretto di valori degli altri previsori per il 2024 e il 2025.

Tavola

Confronto tra alcune previsioni recenti sulla crescita del PIL in termini reali, sull’inflazione misurata sullo IAPC e sull’inflazione calcolata sullo IAPC al netto della componente energetica e alimentare nell’area dell’euro

(variazioni percentuali annue)

Data di pubblicazione

PIL in termini reali

IAPC

IAPC al netto di energia e alimentari

2024

2025

2026

2024

2025

2026

2024

2025

2026

Proiezioni degli esperti dell’Eurosistema

giugno 2024

0,9

1,4

1,6

2,5

2,2

1,9

2,8

2,2

2,0

Consensus Economics

maggio 2024

0,6

1,4

1,5

2,3

1,9

2,0

2,6

2,1

-

Commissione europea

maggio 2024

0,8

1,4

-

2,5

2,1

-

2,7

2,1

-

OCSE

maggio 2024

0,7

1,5

-

2,3

2,2

-

2,6

2,1

-

FMI

aprile 2024

0,8

1,5

1,4

2,4

2,1

2,0

-

-

-

Indagine presso i previsori professionali

aprile 2024

0,5

1,4

1,4

2,4

2,0

2,0

2,6

2,1

2,0

Fonti: Consensus Economics Forecasts, 16 maggio 2024 (i dati per il 2026 sono tratti dall’indagine di aprile 2024); European Economic Forecast della Commissione europea, primavera 2024, 15 maggio 2024; Economic Outlook dell’OCSE, 2 maggio 2024; World Economic Outlook dell’FMI, 16 aprile 2024; Indagine presso i previsori professionali della BCE, 12 aprile 2024.
Nota: queste previsioni non sono direttamente confrontabili tra loro, né con le proiezioni macroeconomiche degli esperti dell’Eurosistema, poiché sono state ultimate in momenti differenti. Inoltre si basano su metodi diversi per definire le ipotesi sulle variabili di bilancio, finanziarie ed esterne, inclusi i corsi del petrolio, del gas e di altre materie prime, I tassi di crescita del PIL in termini reali delle proiezioni macroeconomiche formulate dagli esperti dell’Eurosistema sono corretti per il numero di giornate lavorative, diversamente da quelli riportati dalla Commissione europea e dall’FMI. Per quanto riguarda le altre previsioni non viene fornita alcuna precisazione in merito.

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Per la terminologia tecnica, è disponibile sul sito della BCE un glossario.

HTML ISBN 978-92-899-6573-6, ISSN 2529-4725, doi:10.2866/373485, QB-CF-24-001-IT-Q


  1. Le ipotesi tecniche sono aggiornate al 15 maggio 2024. Le proiezioni per l’economia mondiale e le proiezioni macroeconomiche per l’area dell’euro sono state ultimate rispettivamente il 16 e il 22 maggio. L’Eurostat ha pubblicato la stima rapida dell’inflazione nell’area dell’euro misurata sullo IAPC relativa a maggio il 31 del mese. Tale stima è risultata pienamente in linea con le proiezioni per l’inflazione complessiva formulate dagli esperti dell’Eurosistema a giugno 2024. Le proiezioni di questo mese si riferiscono al periodo 2024-2026. Nella loro interpretazione va ricordato che esercizi previsivi condotti per un orizzonte temporale così esteso presentano un grado di incertezza molto elevato. Per ulteriori informazioni, cfr. l’articolo “La capacità predittiva delle proiezioni macroeconomiche elaborate dall’Eurosistema e dalla BCE dalla crisi finanziaria in poi”, Bollettino economico, numero 8, BCE, 2019. La banca dati delle proiezioni macroeconomiche nel sito Internet della BCE offre un database completo delle proiezioni macroeconomiche passate degli esperti della BCE e dell’Eurosistema e include molte variabili con frequenza trimestrale.

  2. I riferimenti agli indicatori economici mondiali e/o aggregati a livello internazionale in questa sezione non includono l’area dell’euro.

  3. La prima scomposizione della crescita del PIL in termini reali nel trimestre iniziale del 2024 sarà diffusa dall’Eurostat solo dopo l’ultimazione delle proiezioni di giugno 2024. La scomposizione menzionata in questa sede si basa su informazioni preliminari provenienti da alcuni paesi dell’area dell’euro e su stime degli esperti dell’Eurosistema.

  4. Le stime di questo impatto sono caratterizzate da notevole incertezza; cfr. il riquadro “L’impatto macroeconomico dell’inasprimento della politica monetaria avviato a dicembre 2021: una valutazione basata su modelli”, Bollettino economico, numero 3, BCE, 2023.

  5. Cfr. Arce, O. e Sondermann, D., “Low for long? Reasons for the recent decline in productivity”, Il Blog della BCE, 6 maggio 2024.

  6. L’orientamento delle politiche di bilancio nell’area dell’euro è definito come variazione del saldo primario di bilancio corretto per il ciclo, con i dati dal lato delle entrate corretti per i sussidi a titolo del programma Next Generation EU (NGEU) (cfr. la nota nella tavola 4).

  7. Cfr. anche “Valutazione degli effetti macroeconomici delle politiche di transizione connesse ai cambiamenti climatici”, Bollettino economico, numero 1, BCE, 2024.

  8. I prezzi di mercato utilizzati sono quelli osservati il 15 maggio 2024 (la data di ultimazione delle ipotesi tecniche).

  9. La relazione basata sulla legge di Okun è stimata utilizzando un modello autoregressivo a ritardo distribuito, ARDL (1,1), con una variabile dummy imposta nel secondo e nel terzo trimestre del 2020 per escludere le ampie oscillazioni nei due trimestri più colpiti dalla pandemia.

  10. Data la debole reazione della domanda interna al calo dell’offerta, vi è un aumento sia dell’occupazione sia dei salari nominali.

  11. Si noti che i modelli sono simmetrici nella loro reazione agli shock positivi e negativi, per cui una reazione a uno scenario opposto rispetto a quanto incluso nel riquadro determinerebbe risultati simmetrici a quelli discussi in questa sede.